La costituzione del Kosovo è entrata in vigore domenica scorsa, 15 giugno, a quattro mesi dalla dichiarazione unilaterale d’indipendenza dalla Serbia. Questo documento cede al governo di Pristina i poteri esecutivi tenuti finora dall'Unmik, anche se la missione delle Nazione Unite non ha ancora abdicato ufficialmente alla propria autorità.
Ciò nonostante, la giornata è stata segnata dalla firma apposta dal presidente kosovaro Fatmir Sejdiu a 41 atti legislativi, precedentemente approvate dal parlamento, una competenza riservata all’Unmik negli ultimi otto anni. “Oggi, l'entrata in vigore della costituzione segna il compimento del processo di costruzione dello stato”, ha dichiarato domenica lo stesso Sejdiu.
In precedenza, le istituzioni di Pristina avevano adottato gli altri elementi distintivi dell'identità statuale, scegliendo la bandiera, lo stemma e l’inno del Kosovo.
Il 15 giugno è stato segnato da una cerimonia discreta a Pristina, nel corso della quale i leader politici hanno sottolineato l’importanza storica del momento di fronte ai rappresentati della missione civile internazionale e agli attachés diplomatici a Pristina.
Il presidente Fatmir Sejdiu e il primo ministro Hashim Thaci hanno espresso la loro convinzione che le disposizioni della nuova costituzione verranno applicate in tutto il Kosovo, anche nella sua parte settentrionale, oggi caotica dal punto di vista istituzionale. Tuttavia, il presidente del parlamento, Jakup Krasniqi ha fatto un appello chiamando la comunità internazionale ad impegnarsi per creare le condizioni favorevoli all’applicazione della costituzione sull’intero territorio kosovaro.
In risposta, Belgrado ha giudicato la costituzione kosovara illegale e pericolosa. “La Serbia considera la proclamazione della costituzione kosovara come un atto illegale”, ha dichiarato il Presidente serbo Boris Tadic, aggiungendo che questo atto è “un evento politico...che porterà a conseguenze dannose.”
A sua volta Slobodan Samardzic, ministro serbo per il Kosovo, ha annunciato che un'assemblea dei serbi del Kosovo (l'Assemblea del popolo serbo del Kosovo e Metohija) dovrebbe vedere la luce alla fine di giugno. L’assemblea sarà costituita di delegati eletti durante le ultime elezioni parlamentari ed amministrative serbe, tenute anche nelle enclaves e nel Kosovo settentrionale.
La lotta per il potere
Approvando la Costituzione, le istituzioni locali hanno cercato di chiarire le loro competenze nei confronti della missione civile internazionale. D’altra parte, però, la proposta di riorganizzazione dell'Unmik, presentata la settimana scorsa dal Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, ha fatto sì che la questione risulti ancora più ingarbugliata.
Il Segretario Generale dell’Onu propone tagli del personale Unmik, e il contemporaneo aumento delle responsabilità di Eulex, la missione dell’UE in Kosovo impegnata nei campi di polizia e giustizia. Non è ancora chiaro, però, se questo piano contenga una data precisa per la futura partenza dell'Unmik.
Secondo il piano dell’ex inviato delle Nazioni Unite per il Kosovo, Martti Ahtisaari, l’Unmik dovrebbe terminare cedendo le competenze chiave al governo di Pristina, mentre l’indipendenza kosovara dovrebbe essere sorvegliata dall’Ufficio Civile Internazionale (Ico – International Civilian Office), mentre l'implementazione dello stato di diritto sarebbe di competenza dell’UE, attraverso la missione Eulex.
Il piano di Ban Ki-Moon, inviato sia al presidente kosovaro che a quello serbo, sembra aver però contribuito ad aumentare la confusione sulle competenze delle varie istituzioni in Kosovo.
Ban Ki-Moon ha annunciato a Sejdiu l'intenzione di “modificare la configurazione della presenza internazionale civile nel Kosovo”, e di dispiegare l’Eulex sotto l’ombrello dell’Onu. Nonostante il ritardo nello spiegamento della missione europea, che era previsto per il mese di giugno, si spera che questo possa avvenire nel mese di ottobre. I dettagli sulle competenze e sui doveri saranno resi noti dopo l’incontro del Segretario Generale dell'Onu con il capo della diplomazia dell’Ue, Javier Solana. L’Unmik continuerà comunque a sorvegliare i confini.
Scrivendo al presidente serbo Boris Tadic, Ban Ki-Moon ha suggerito che la ristrutturazione dell'Unmik garantirebbe poteri di autogoverno più ampi nelle aree di maggioranza serba; nonché il diritto di istituire proprie corti di giustizia, pensate come parte integrante del sistema giudiziario del Kosovo. Ufficiali di polizia e della dogana di etnia serba in Kosovo risponderebbero anche alla polizia internazionale dell’Unmik (oppure dell’Eulex), mentre la questione più sensibile, che riguarda il patrimonio storico e culturale serbo in Kosovo, sarebbe risolta dando a Belgrado il pieno controllo su questo capitolo.
In questo modo il Segretario Generale dell'Onu continua a ribadire la posizione “neutrale” delle Nazioni Unite sulla questione del Kosovo, nonostante il fatto che lo stesso Ban Ki-Moon evidenzi che la ristrutturazione prevista sia una conseguenza della nuova realtà venutasi a determinare in Kosovo dopo la dichiarazione dell’indipendenza e l’adozione della costituzione il 15 giungo.
Una situazione che però sembra prospettare la nascita di una nuova realtà che sembra avere tutte le carte in regola per essere sancita anche legalmente nel futuro: la separazione su linee etniche delle comunità albanese e serba in Kosovo.
Alla ricerca di un futuro europeo
Il 15 giugno, appena prima dell’entrata in vigore della costituzione, l’Assemblea parlamentare di Pristina ha approvato la legge sull'inno nazionale del Kosovo, completando così il ciclo essenziale di definizione dei propri simboli statuali, dopo la scelta della bandiera e dello stemma. Durante la seduta straordinaria del parlamento del 12 giugno, i deputati hanno scelto, tra tre proposte pre-selezionate, “Europa”, un inno senza testo composto dal musicista kosovaro Mehdi Mendici .
L’adozione dell’inno conclude uno dei confusi capitoli del post-conflitto in Kosovo. La maggior parte degli albanesi del Kosovo, infatti fino ad oggi, durante le manifestazioni pubbliche cantava l’inno nazionale albanese, ma, a volte, anche un inno proposto dall’ex presidente Ibrahim Rugova. I nuovi simboli dello stato kosovaro sono stati scelti in modo tale da rispettare la sua composizione multietnica.
Tuttavia, l'adozione del nuovo inno rappresenta una componente di un processo largamente controverso e portato alla luce più volte dall’opposizione parlamentare: il fatto, cioè, che le decisioni più importanti rispetto al futuro assetto del più giovane stato europeo sono state prese senza un vero dibattito.
Anche se la costituzione è stata approvata, durante la seduta dello scorso 9 aprile, con una procedura “semplificata” — i deputati hanno dovuto cioè semplicemente alzarsi in piedi - un'“invenzione” del presidente dell’Assemblea ugualmente criticata dall’opposizione. Simili i casi della scelta della bandiera e dello stemma, quando versioni già selezionate erano soltanto presentate ai membri del parlamento alla vigilia della dichiarazione dell’indipendenza, il 17 febbraio scorso. Le stelle gialle e la mappa del Kosovo sullo sfondo blu, ricordano fortemente le stelle e la bandiera dell’Unione Europea, indicando così chiaramente un altro “compromesso europeo” accettato dalla maggioranza albanese.
Pristina ha mandato chiari segnali al fine di mostrare a Bruxelles la propria forte volontà di far parte della famiglia europea. Recentemente, l’Assemblea parlamentare kosovara ha fissato i giorni di festa nazionale. Tra le date scelte vi è anche il giorno dell'Europa (9 maggio), insieme al giorno dell’Indipendenza, a quello della Bandiera, e ad altre feste religiose.
Per quanto riguarda Pristina, le sue istituzioni stanno implementando le raccomandazioni di Ahtisaari, derivanti dal piano presentato nel febbraio del 2007 e approvato da parte della comunità internazionale. Ahtissari aveva raccomandato anche la creazione di un ente per supervisionare l’indipendenza del Kosovo, tuttavia le Nazioni Unite, al momento la vera autorità di governo in Kosovo, non possono assumere questo ruolo, visto che la Risoluzione 1244, tuttora in vigore, non lo permette.
Anche se Bruxelles vuole supervisionare l’indipendenza del Kosovo attraverso l'Ico per poi dispiegare la missione Eulex, il territorio rimane sempre amministrato dalla cornice legale fornita dalla Risoluzione 1244 delle Nazioni Unite. La Serbia e la Russia, membro del Consiglio di Sicurezza, sono contrari allo spiegamento di Eulex, e chiedono la continuazione del mandato dell’Unmik, sostenendo che Eulex stia cercando di formalizzare l’indipendenza del Kosovo. Anche la maggior parte dei serbi del Kosovo si oppone alla missione.
Il dispiegamento di Eulex gode di un sopporto notevole da parte di Pristina, poiché è considerato un passo in avanti e un elemento di rafforzamento delle relazioni con Bruxelles.
I futuri funzionari della missione Eulex, fortemente benvenuti dalle autorità locali, sono destinati ad assistere il sistema giuridico locale, ancora debole e fragile. Il presidente Sejdiu ha chiesto ad entrambe le missioni internazionali, l'Unmik e l'Eulex, di avere lo stesso approccio nell'aiutare le istituzioni di Pristina a tutelare l’integrità territoriale del Kosovo nonché lo stato di diritto e l'ordine all'interno dei suoi confini.