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Diritti umani e violazioni in Bosnia Erzegovina

17.05.2002   

Una breve panoramica sulla tipologia dei diritti umani più a rischio in Bosnia Erzegovina.
Introduzione

A distanza di 53 anni dalla Dichiarazione Universale (UDHR) lo stato giuridico dei diritti umani resta in discussione: i diritti umani sono positivi, normativi, legali, naturali, morali? I più scettici considerano il riconoscimento e l’implementazione dei diritti umani in funzione delle restrizioni che i governi membri ONU accettano nell’agire unilateralmente. In un sistema internazionale basato sulla cooperazione volontaria dei singoli stati membri, i diritti umani possono assumere un ruolo secondario rispetto ad un interesse politico, economico, alla gestione di una situazione “interna” giustificata in termini di sicurezza nazionale, ordine pubblico e “giuste esigenze della morale”. Gli stati, dunque, occupano una posizione privilegiata nelle strutture create per difendere e promuovere i diritti umani, ma negli anni è cresciuto anche il networking delle istituzioni non governative internazionali, nazionali e locali e il ruolo di una società civile vigile ed impegnata nella promozione dei valori democratici.

I fondamenti giuridici e morali

La violazione di un diritto umano è un grave affronto ad un comune senso di giustizia che oltrepassa differenze culturali, ideologiche, geografiche, politiche: alcune azioni non dovrebbero mai essere commesse ed alcune libertà sono cosi fondamentali che non dovrebbero mai essere calpestate. I diritti umani abbracciano aree diverse ma correlate di giustizia, dignità, uguaglianza, universalità cementate da un senso del dovere ed un’etica di solidarietà. Le fondamenta storiche e giuridiche dei diritti umani vanno ricercate nei trattati internazionali che li contengono, nei principi generali della legge, nella pratica internazionale e nelle interpretazioni emesse dai tribunali internazionali. Non tutti i trattati sono legalmente impegnativi, alcuni esprimono un’aspirazione, o una dichiarazione d’intento come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che è stata completata solo nel 1966 con l’inclusione della Convenzione Internazionale dei Diritti Civili e Politici (ICCPR) e la Convenzione Internazionale dei Diritti Economici, Sociali e Culturali (ICESCR). La stessa divisione tra diritti politici ed economici è un retaggio della guerra fredda secondo cui gli stati dovrebbero rispettare i diritti “negativi” civili e politici astenendosi dal torturare o imprigionare i propri cittadini - all’interno di un certo margine di discrezione- mentre a loro volta i diritti “positivi” implicano un ruolo attivo e progressivo degli stati nell’adempimento degli obblighi contratti al fine di migliorare le condizioni di vita dei cittadini.

L’evoluzione dei diritti umani e gli organismo internazionali preposti alla loro tutela

Un breve accenno alla struttura delle Nazioni Unite (ONU), illustra l’evoluzione e l’espansione dei diritti umani. Il sistema ONU si divide in meccanismi politici ed istituzioni “indipendenti”, ad esempio comitati d’esperti che operano nella loro capacità individuale e non come rappresentanti di governi. Gli organi politici includono inter alias la Commissione per i Diritti Umani (CHR), l’Assemblea Generale (GA), il Consiglio di Sicurezza (SC), ECOSOC Council, e il Segretariato Generale. Questi organismi operano tramite un dialogo diretto e spesso confidenziale con i governi, possono formare comitati ad-hoc, condurre investigazioni previo consenso, richiedere informazioni tramite la procedura 1503, e passare risoluzioni -il mezzo politico più efficace per etichettare pubblicamente uno stato come “paria” del sistema internazionale. Appartengono invece al secondo gruppo i Treaty Body Mechanisms, i Gruppi di lavoro e i mandati tematici che si dividono per aree geografiche e per il tipo di violazioni tra cui il più recente è lo Special Rapporteur on Human Rights Defenders. I mandati tematici, rinnovati ogni tre anni, operano in “simbiotica” cooperazione con ONGs locali ed internazionali nel raccogliere e verificare informazioni, al fine di mettere in contatto velocemente i governi tramite appelli urgenti e “allegation letters” in caso di presunte violazioni. Inoltre gli Special Rapporteurs, su invito del governo, possono organizzare una missione in loco incontrando rappresentanti del governo e della società civile per mettere in evidenza particolari abusi documentati e resi pubblici in un rapporto annuale presso la CHR. Il Treaty Body Mechanism è responsabile per l’implementazione e il monitoraggio delle più importanti convenzioni internazionali (1) ed utilizza tre sistemi di controllo: un comitato indipendente che per ogni convenzione esamina criticamente i rapporti presentati dagli stati, raccomandazioni generali ed un sistema di petizioni individuali. Nella promozione dei diritti umani è poi importante sottolineare il ruolo del “field presence” e dei meccanismi regionali e locali.

Bosnia Herzegovina: stato de iure e stato de facto dei diritti

La Bosnia Herzegovina ha ratificato tutte le convenzioni, fatta eccezione per il Second Optional Protocol dell’ICCPR relativo all’abolizione della sentenza capitale.
In Bosnia sono rappresentati l’Office of the High Representative (OHR), UNHCR, Organization of Security and Cooperation in Europe (OSCE), UNMIBH, SFOR Stability Force, International police Task Force (IPFT), e la Croce Rossa Internazionale (ICRC). Inoltre il Consiglio d’Europa supporta
istituzioni come gli Ombudsmen e Human Rights Chambers mantenendo un dialogo “costruttivo” con le autorità locali per l’implementazione del Dayton Peace Agreement.
Tre sviluppi recenti in campo di diritto internazionale sono inoltre legati al conflitto nei Balcani: la Declaration on Human Rights Defenders (1998), l’Optional Protocol (1999) della Convenzione contro la Discriminazione nei confronti delle Donne (CEDAW) e la creazione di un Tribunale Internazionale (ICTY), anche se l’arresto e l’estradizione di criminali di guerra restano problematici.

I diritti umani in Bosnia, come nel resto dell’Europa, vanno tuttavia implementati con azioni concrete, al fine di sancire il diritto universale alla pace come premessa per evitare futuri massacri e fosse comuni.
L’emergenza umanitaria del dopo guerra e’ stata affiancata da esperienze positive di solidarietà e di partnership nel lungo termine con gruppi, città e regioni europee. Queste iniziative cercano di ricostruire il tessuto della società civile con azioni collettive d’incontro, partecipazione, volontariato, e co-responsabilità con le autorità e la popolazione locale per lo sviluppo e la crescita di tutti gli attori coinvolti. Tuttavia, nel campo dei diritti umani alcune zone restano critiche.

Aree critiche

i) I diritti dei rifugiati

Il ritorno dei rifugiati e degli sfollati (IDPS) in Bosnia-Herzegovina è legato al processo di ricostruzione, ma anche ad una situazione di sicurezza e di difesa dei diritti umani, in particolare delle minoranze. L’effetto della guerra è stato quello di alterare le composizioni nazionali a favore delle maggioranze etniche. Tuttavia, la Bosnia non è un “laboratorio” isolato, quando la stessa Europa democratica e pluralista è divisa da politiche e correnti intolleranti, razziste, xenofobe e islamofobe. In Bosnia la mancanza di procedure chiare ed imparziali e i vuoti di una legislazione armonica in materia di diritti di proprietà ha rallentato il ritorno, mentre la discriminazione ha accentuato le difficoltà. Non-discriminare significa riconoscere i diritti di cittadinanza, un’eguale tutela da parte della legge, il diritto alla libertà di movimento e di residenza e i diritti di proprietà senza distinzione alcuna. Il Consiglio d’Europa è particolarmente attivo nella legislazione dei diritti delle minoranze come dimostra la Framework Convention for the protection of national minorities, the European Convention on nationality, the European Charter for Regional and Minority Languages, the European Charter of local self-government. Tuttavia, un’uguaglianza de iure non implica necessariamente un’uguaglianza de facto: e’ fondamentale ricostruire una società civile capace di riconoscere e rispettare l’ identità di una minoranza, le sue tradizioni e le sue caratteristiche senza sentirsi minacciata (2). Le ONGs e le associazioni locali svolgono un ruolo decisivo organizzando campagne per promuovere i diritti umani, per introdurre nuova legislatura, e creare un ambiente in cui le minoranze, i gruppi vulnerabili e la società civile vigilano sugli obblighi internazionali del governo.

ii) Il diritto alla libertà d’espressione

Il diritto alla libertà d’opinione ed espressione(3) resta una priorità, poiché i media sono un campanello d’allarme nella difesa dei diritti umani. Inoltre, il diritto a ricevere ed impartire informazioni è un prerequisito per la partecipazione attiva della cittadinanza. La censura illegale spesso è più pericolosa di pratiche sancite dalla legge. In Bosnia giornalisti, scrittori, attivisti, politici, ONGs sono stati oggetto di violenza, intimidazione, minacce di morte, arresti arbitrari e spesso citati per diffamazione. Nel post-conflitto la violenza politica, domestica, e relativa ai ritorni resta un’area di abusi e di serie violazioni. E’ importante creare un sistema giudiziario ed amministrativo imparziale ed indipendente, formare le autorità e della polizia nel rispetto dei diritti umani, facilitare la rappresentanza delle minoranze negli incarichi ed uffici pubblichi e promuovere un’educazione multietnica (4).

iii) I diritti economici e sociali

Le priorità in campo di diritti economici e sociali sono legate al collasso economico e alla ricostruzione della comunità e delle sue infrastrutture. A rischio sono le persone che necessitano di assistenza sanitaria (5) in quanto pensioni, contributi e benefici sono stati sospesi per mancanza di fondi. L’alto tasso di disoccupazione, l’assenza di una rete sociale e il vuoto dei lutti famigliari, la povertà, il ritorno ad un’agricoltura di sussistenza, i danni subiti dal sistema sanitario hanno contribuito ad aumentare il disagio giovanile, la depressione e i casi di violenza. Le condizioni di vita sono state anche impoverite da un ambiente insalubre e reso pericoloso dalle mine, e dall’inquinamento bellico dovuto anche all’uso di uranio impoverito. Gli effetti sulla popolazione civile non sono stati ancora documentati, ma l’incidenza di tumori e di malattie legate all’inquinamento sono in aumento, una triste eredità per le generazioni future. Le questioni che per ora restano sospese sono il risarcimento per le violazioni al diritto della salute, diritto all’informazione ma anche la responsabilità per gli effetti a lungo termini della guerra.

Note:

(1) ICCPR, ICESCR, CAT, CERD, CAT, CEDAW e CRC.

(2) Art. 26 UDHR.

(3) Art. 19 UDHR.

(4) Art. 26(2) UDHR.

(5) Art. 25(1) UDHR.
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