10.000 italiani risiedono a Timisoara, ovest della Romania. Una città che oramai fa parte della rete produttiva del Nordest. Ma se l’Italia dal 1997 è la principale partner commerciale è solo al sesto posto in termini di investimenti.
Timisoara
Con più di 13.000 aziende nel Paese la presenza italiana in Romania e’ la più significativa comparandola a quella in altri Paesi dell’Est. La parola chiave in tutto questo fenomeno e’ ‘delocalizzazione’.
Una tendenza generalizzata a ricercare un prezzo della manodopera conveniente in modo da rimanere competitivi sul mercato internazionale.
La città simbolo della Rivoluzione romena, Timisoara, che nell‘89 ha alzato per prima la voce contro Ceausescu e il regime comunista, ora e’ diventata il simbolo della presenza italiana in Romania. Sia in Romania che in Italia, in materia di delocalizzazione, si parla oramai del ”fenomeno Timisoara” e di “Timisoara provincia veneta”.
Timisoara, città nell’ovest del Paese, ha avuto da sempre una mentalità più occidentale, grazie alla posizione geografica e anche alla sua particolare composizione etnica. Ora, Timsoara, con una ricca realtà multietnica (qui vivono insieme romeni, ungheresi, tedeschi) ha accolto un'altra “minoranza”: quella degli imprenditori italiani.
Ai 750.000 abitanti di Timisoara si aggiungono quasi 10.000 italiani, un terzo dei quali proviene dal Veneto. Sono circa 1.200 le aziende a capitale italiano che operano nella zona su un totale di circa 13.000 registrate nel Paese.
La presenza italiana a Timisoara come in Romania in genere, è caratterizzata da contratti di lavoro tipici del settore tessile, calzature, abbigliamento. La materia prima viene di solito importata dall’Italia e lavorata in Romania. Poi, i prodotti vengono esportati.
Per mantenere il marchio ”Made in Italy” spesso molti imprenditori fanno eseguire la maggior parte della produzione in Romania per poi completarla in Italia. Per esempio, nel caso di una camicia, questa viene prodotta in Romania ma i bottoni si mettono in Italia.
La manodopera a basso costo è senza dubbio il motivo principale che spinge gli imprenditori a delocalizzare. E’ molto più conveniente per un imprenditore italiano pagare un operaio con circa 100 euro al mese in Romania invece di spendere dieci volte di più per uno stipendio in Italia.
Una sorta di concorrenza si è sviluppata però nel mercato del lavoro. Quando un nuovo imprenditore sbarca in Romania, per attirare mano d’opera qualificata propone salari più alti. Cosa che non viene vista di buon occhio dagli altri imprenditori ma che va naturalmente bene agli operai dato che di solito, ed è riconosciuto da molti, i padroni italiani limitano il più possibile le spese per il personale.
L’imprenditore italiano sceglie la Romania anche per la sua relativa vicinanza (in circa due ore di aereo si è in Italia) e per il carattere latino del popolo e della lingua romena. Timisoara, come altre città (Bucarest, Iasi, Bacau, Sibiu, Brasov, Craiova, ecc..) dispongono di aeroporti internazionali da dove partono e arrivano più volte alla settimana aerei per Italia.
Per questo pendolarismo del tutto particolare sono stati creati voli appositi che collegano Timisoara o altre località della Romania a diverse città italiane, in particolare nel Nordest.
C’è chi prende questi voli una volta alla settimana, due volte o una volta al mese. C’è chi ha deciso di vivere in Romania e sono molti gli italiani che hanno già ottenuto la cittadinanza romena.
Per la maggior parte si tratta di piccole imprese per la produzione di tessile, abbigliamento o calzature.
A Timisoara l’Italia e’ visibile ovunque. In città e’ impossibile fare un passo senza sentir parlare in italiano. Con 10.000 italiani che vi vivono, Timisoara è in parte “italianizzata”. Ristoranti, negozi, parruccheri – molti italiani. La presenza italiana e’ costituita per la maggior parte da imprenditori che gestiscono piccole e medie imprese.
Se intervistati molti tengono a precisare che sono venuti per lavoro, e che hanno lasciato in Italia una moglie e dei figli. Spesso infatti non vogliono essere identificati con coloro i quali vengono a fare turismo sessuale. Secondo i giornali romeni, ed anche quelli italiani, questi ultimi sono in molti.
Delle 13.000 aziende italiane registrate in Romania solo 2500 sono effettivamente operative. Ciononostante l’Italia rimane il principale partner commerciale della Romania.
A Timisoara basta inoltrarsi di due o tre chilometri in periferia ed iniziano a spuntare a decine le aziende italiane. In Romania è stato esportato il cosiddetto “modello dei distretti”.
Un caso tipico è quello della Geox. A Timisoara é partita con 50 dipendenti. Ora ne conta circa 1.560, distribuiti su tre turni di otto ore. In sostanza qui, come in altri casi, si lavora 24 ore su 24. E si produce. Ogni giorno, 7.000 paia di scarpe Geox partono da Timisoara verso l’Italia; ogni settimana, 20 camion. Quasi il 20% produzione globale della Geox e’ realizzata a Timisoara.
Tra le aziende italiane che hanno aperto stabilimenti in Romania ci sono anche Benetton, Max Mara, Iveco, Agip, Ansaldo, Zoppas Industries.
In questo contesto anche le forti agevolazioni fiscali contano. Spesso però sono gli stessi italiani che iniziano a lamentarsi sul grande livello di corruzione. “E mare coruptie”, c’è molta corruzione, è una frase che hanno imparato in fretta.
Sono in molti quelli che affermano che questa corruzione soffocante sarebbe presente dal più alto al più basso livello. Molti fanno l’esempio della dogana, dove un camion merci per passare deve pagare qualche centinaia di euro. Ma gli uomini d’affari italiani si lamentano anche per le leggi che cambiano spesso creando molta confusione.
Altra allergia che dimostrano gli imprenditori italiani è quella nei confronti del nuovo Codice del lavoro romeno che con un articolo simile all’articolo 18 italiano, tutela di più i lavoratori e aumenta i vincoli contro i licenziamenti.
Agli imprenditori italiani le autorità romene chiedono di investire e di assumersi le proprie responsabilità. Se dal 1997 l’Italia e’ il principale partner commerciale della Romania con uno scambio che supera ogni anno i 7 miliardi di euro, al capitolo investimenti le cose non stanno così bene.
In Romania infatti l’Italia occupa il sesto posto nella classifica degli investimenti dopo Olanda, Germania, Svezia, Francia e Austria. Ad una prima analisi si capisce che sono pochi gli imprenditori italiani che investono nel Paese. Non sono infatti molti che ad esempio decidono di costruire o riparare una strada - magari quella che porta ai loro stabilimenti, o una scuola per i figli dei propri dipendenti.
Certo è che l’imprenditore italiano in Romania sino ad ora sembra aver vinto la scommessa dell’Est. Con i rapidi cambiamenti che stanno avvenendo in questi Paesi e con la loro oramai prossima adesione all’UE non sarà facile continuare a produrre a costi stracciati. Ma saranno Paesi sempre più importanti dal punto di vista del consumo.