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Romania: il difficile mestiere del giornalista

03.09.2004    scrive Daniela Mezzena

Tra pressioni politiche e ritorsioni economiche l’indipendenza dei media rumeni viene continuamente calpestata. Quello della libertà di stampa è uno dei nodi che il paese deve risolvere per poter entrare in Europa
Quotidiani
“É necessario che la Romania metta immediatamente fine al controllo economico sui media che ha portato all’auto-censura, identifichi i responsabili degli assalti ai giornalisti e prenda delle misure concrete contro i soprusi e le intimidazioni nei loro confronti”. Sono queste le parole con cui la baronessa Emma Nicholson, delegata per la Romania del Parlamento Europeo, ha condannato lo stato dell’informazione in Romania ed ha chiesto la sospensione delle negoziazioni per l’entrata del paese nell’UE. Effettivamente, leggendo i rapporti sulla libertà di stampa che l’organizzazione francese Reporters Sans Frontières (RSF) pubblica annualmente, emerge un quadro decisamente critico della situazione dei media rumeni. Da un confronto tra i rapporti annuali di RSF del 2002, 2003 e 2004 sembra che nel corso degli anni la situazione non sia migliorata e infatti l’organizzazione continua a sottolineare le forti restrizioni alla libertà d’espressione di cui soffre il giornalismo rumeno.

I problemi che i media devono affrontare possono in gran parte essere ricondotti allo stretto legame che unisce informazione e politica ed al forte controllo che il partito di governo esercita sulla circolazione delle notizie. I due leader del PSD, il presidente Ion Iliescu e il primo ministro Adrian Nastase, sono “ospiti fissi” della televisione pubblica e da parte delle emittenti private sono rari i tentativi di riequilibrare la situazione. Da una parte questo è dovuto al fatto che anche nei consigli d’amministrazione dei media privati siedono spesso esponenti politici che fanno pesare la propria appartenenza partitica, d’altra parte anche i mezzi d’informazione che si dichiarano indipendenti non hanno sufficienti risorse economiche per esserlo veramente. Quello della pubblicità è un caso evidente. La vendita di spazi pubblicitari è il più importante canale attraverso il quale i media ricevono un finanziamento, ma è subordinata al rispetto di certe condizioni da parte delle emittenti. Condizioni che possono essere riassunte come “atteggiamento di completa neutralità”, pena il ritiro degli annunci pubblicitari.

Episodi di pressione sui media si sono verificati ripetutamente in maniera più o meno palese e, in certi casi, le minacce si sono concretizzate in veri e propri attentati nei confronti dei giornalisti che non condividono le posizioni del governo e che non accettano di tacere le proprie opinioni a riguardo. In quattro anni, dal 2000 al 2004, sono stati 44 gli assalti ai giornalisti. Circa la metà di questi casi si è risolta con l’identificazione dei responsabili ed un processo nei loro confronti. Il Ministro degli interni e della pubblica amministrazione, nega però che vi possa essere una relazione tra gli attacchi e la professione di giornalista delle vittime.

In ogni caso, anche quando le intimidazioni nei confronti di chi si occupa di informazione non raggiungono tali livelli di violenza, rimangono comunque delle misure molto efficienti per ridurre al minimo l’espressione del dissenso. E il fattore economico torna pesantemente sulla scena. L’accusa di calunnie ed insulti può far scattare una sanzione fino a 18 mila Euro: una somma consistente soprattutto se si considera che lo stipendio di un giornalista si aggira sui 120 Euro al mese. A questo punto, si capisce come alla censura imposta dall’alto si affianchi anche l’auto-censura che i giornalisti stessi si impongono per poter continuare a fare il loro mestiere. La prima regola per poter scrivere in pace è quella di evitare temi politici, se non si è disposti ad accompagnarli a commenti positivi sull’operato della maggioranza. Dovendo rinunciare a trattare alcuni tra i temi più scottanti e di maggiore interesse pubblico, il lavoro del giornalista si riduce ad affrontare argomenti di minore rilevanza oppure a dover riprendere, in maniera monotona e ripetitiva, le notizie che il governo ha già filtrato.

I tentativi di sottrarsi a questa situazione non hanno finora avuto vita facile. È significativo a questo proposito il caso di “Ziarul de Vrancea”, giornale fondato da alcuni giornalisti di “Monitorul de Vrancea” che, non condividendo il taglio filo-governativo imposto dal direttore, hanno deciso di lasciare la redazione. Dopo un breve periodo di attività, però, è stata revocata al nuovo giornale la licenza di vendere le proprie copie presso le edicole, motivando questa decisione con il fatto che la vendita di “Ziarul” non portava profitti alla municipalità. In realtà, i modi esasperati con cui è stata condotta l’azione (arrivando a distruggere le edicole alle quali si erano incatenati i giornalisti di “Ziarul”) hanno finito per trasformare il boicottaggio in una specie di propaganda pubblicitaria per il giornale, che è diventato il simbolo della repressione contro la stampa locale.

La tutela della libertà di stampa rimane una questione aperta e scottante per la Romania, dal momento che gli scarsi passi in avanti fatti finora in questo campo sono uno degli elementi che rischiano di mettere in discussione l’entrata del paese nell’Unione Europea prevista per il 2007.


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Tema: media