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Quando i monsignori diventano lobbisti

25.05.2006    scrive Franco Juri

Il neocardinale sloveno Franc Rode intercede su richiesta di un collega per un'impresa di costruzione italiana. Ma non è abbastanza discreto, e la notizia trapela suscitando interrogativi imbarazzanti. Quali sono i legami tra governo, chiesa e imprese in Slovenia?
Foto: Dare Čekeliš per 24ur.com
Erano passati solo cinque giorni dalla nomina cardinalizia di Franc Rode, il primo prelato sloveno a guadagnarsi la berretta scarlatta e a poter finalmente partecipare a pieno titolo ai concistori. Per la Slovenia, secondo la sua chiesa ed il governo, si trattava di un evento storico: Franc Rode avrebbe finalmente affermato, dal prestigioso pulpito cardinalizio in Vaticano, “gli interessi sloveni” anche lì, a Roma, aveva sottolineato nell'occasione con particolare enfasi il premier Janez Janša.

La Chiesa slovena sta diventando, giorno dopo giorno, un protagonista particolarmente attivo e presente nelle diverse sfere sociali del paese. Il suo pieno appoggio alle riforme neoliberali del governo Janša ne fa uno degli alleati strategici più importanti della coalizione attualmente alla guida del paese. Scuole private, denazionalizzazione, banche e istituzioni finanziarie, organizzazioni umanitarie, una forte presenza nei media, sempre più controllati dal governo, e due forti “reti” paraecclesiastiche presenti sul territorio: l'Ordine dei Cavalieri di Malta, con influenti adepti tra i ministri e nella diplomazia, e l'Opus Dei, coadiuvato dal nunzio apostolico a Lubiana, lo spagnolo Santos Abril y Castillo, in cerca anch'essa di un suo ruolo attivo nell'opera di sistematica desecolarizzazione in corso nella Slovenia membro dell' Unione Europea.

Ma cinque giorni dopo la sua “storica” promozione Rode viene abbordato dal ben navigato cardinale genovese Tarcisio Bertone che di punto in bianco gli chiede un favore né sacro, né liturgico, bensì molto profano e legato agli appalti italiani in Slovenia. E così lo convince ad intervenire presso il governo di Lubiana per sbloccare l'impasse venutasi a creare nel contenzioso tra l'impresa di costruzione italiana Grassetto e la DARS, l'agenzia statale slovena per le autostrade.

Una vecchia storia di soldi che si trascina dal 1999, da quando cioè la Grassetto ottenne l'appalto per il traforo della galleria di Trojane, tra Lubiana e Celje, esibendo al bando di concorso un preventivo estremamente competitivo, un “prezzo stracciato” pari a 14 miliardi di talleri sloveni (circa 60 milioni di euro) che gli altri concorrenti giudicarono, a ragione, irreale, in quanto non considerava la difficile struttura geomorfologica del monte da perforare.

La Grassetto ottenne l'appalto, ma poi, nel corso dei lavori che procedettero tra mille intoppi, aumentò i costi fino a raggiungere e a ottenere un prezzo molto più elevato di quello preventivato. Ma le spese per l'impresa italiana continuarono ulteriormente a lievitare, e - saldato il conto pattuito - la Grassetto richiese altri 54 milioni di euro “per danni”, il che avrebbe praticamente raddoppiato la spesa iniziale. Visto il categorico rifiuto della DARS, l'impresa Grassetto si rivolse al tribunale dove la causa si è impantanata, non essendoci gli estremi per un'interpretazione plausibile delle clausule del contratto.

Ma ecco che l'occasione di smuovere il tutto si presenta con l'apparizione di un cardinale sloveno a Roma. Che i cardinali fossero importanti mediatori e lobbisti di grossi interessi economici e finanziari in Italia e altrove, è cosa più che risaputa. Il dettaglio trascurato da Rode è stato però che il lobbing cardinalizio si fa seguendo regole precise; prima di tutto quella di non lasciare tracce dei propri “favori”. Franc Rode invece, seguendo un'etica un tantino teutonica, le cose le fa in regola, rispettoso dell' ufficialità e nella piena fiducia nel destinatario del suo intervento. E il 3 aprile scrive a Janez Janša su lettera intestata, con tanto di firma orgogliosamente completa: Franc Kard. Rode, C.M. prefekt.

Nella missiva si richiama alla richiesta del cardinale Bertone che propone, in nome della Grassetto, un patteggiamento che eviti ulteriori lungaggini giudiziarie. Rode sposa la causa di Bertone e della Grassetto e consiglia al premier di far accettare alla DARS il pagamento di un risarcimento pari alla metà della somma richiesta.

Passa un mese e la lettera viene integralmente pubblicata sulle pagine di Mladina. Chi l'ha spedita alla redazione del settimanale sloveno più “disobbediente”? Una talpa? Qualche imbronciato funzionario della DARS? C' è chi sostiene che una lettera di questo calibro possa uscire dall' ufficio di Janša solo con il consenso dello stesso. Che l'astuto Janša sia interessato a ridimensionare nella coalizione il peso ingombrante dei clericali? Troppo complicato. E così il mistero s'infittisce e l'imbarazzo monta. Un cardinale che porta la zucchetta color porpora da soli cinque giorni fa già il lobbista? E per giunta senza rispettare le sacre regole della discrezione?

La TV di stato e il quotidiano Delo, controllati ormai dal governo e dalla chiesa, censurano o “ignorano” la notizia. A scriverne sono solo le due testate slovene ancora indipendenti: Mladina e Dnevnik. L'inviato a Roma di quest'ultimo cerca inutilmente di strappare a monsignor Tarcisio Bertone una risposta, un commento. È stato veramente lui a chiedere a Rode il favore per la Grassetto? Bertone non si espone e il suo ufficio risponde laconico; il cardinale non ha scritto o firmato alcun documento. L'ingenuo novizio sloveno si arrangi. Nel frattempo però le cose si sono mosse e dal gabinetto di Janša è già partita una lettera che induce gli organi competenti a risolvere il caso, informando in merito sia il premier che il cardinal Rode.
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