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Romania: a rischio la crescita

22.10.2008    scrive Mihaela Iordache

In Romania la crisi rischia di rallentare pesantemente la crescita economica, oggi una delle più sostenute di tutto lo spazio Ue. Viste le esperienze degli anni passati, uno dei rischi più temuti è un crollo del sistema bancario: politici e Banca Nazionale rassicurano però i risparmiatori
La Romania, nuovo membro dell'Ue oggi a forte crescita economica (intorno all’8% annuo) non può rimanere immune alla grande crisi finanziaria globale che sta colpendo a livello mondiale, senza fermarsi davanti ai confini nazionali. Per l’anno prossimo la crescita si annuncia dimezzata rispetto ai ritmi attuali.

Da Bruxelles, il premier liberale Calin Popescu Tariceanu, ha spiegato le ragioni per cui anche il suo paese risulta esposto ai venti della crisi, affermando che la “Romania non può essere un’isola di benessere in un oceano di disastro”, e che perciò, nonostante “il nostro sistema bancario sia sano rispetto a quello di altri paesi”, gli effetti della crisi finanziaria si sentiranno anche in Romania.

Il presidente romeno, Traian Basescu, sempre da Bruxelles, in conferenza stampa congiunta col premier, non ha potuto far altro che rassicurare i propri concittadini sulla solidità del sistema bancario romeno. Basescu ha ricordato che anni fa, quando era ministro dei trasporti ha già dovuto assistere al “film dei fallimenti bancari”, in cui le banche in Romania crollavano una dopo l'altra.

Allora, però, ha affermato Basescu, si decise di creare l’AVAB (Autorità per il Recupero degli Attivi Bancari), un’istituzione che si è occupata della liquidazione degli attivi non performanti dalle banche. Iniziativa che oggi non è stata intrapresa in Europa. Secondo Basescu non è sufficiente pompare liquidità in una banca per salvarla dal fallimento, ma occorre anche liquidare gli attivi non performanti.

Mentre la crisi finanziaria internazionale si allarga, ogni paese fa i conti con i suoi effetti, che incidono sulla propria economia. Molti politici, in Romania, si sentono in dovere di rilasciare dichiarazioni rassicuranti. Oltre alle dichiarazioni televisive alla nazione del presidente Basescu, sono le parole del governatore della banca nazionale romena, Mugur Isarescu, a risultare particolarmente interessanti.

Nei giorni scorsi, Isarescu ha tenuto a precisare che le banche straniere che operano in Romania (tra le quali UniCredit Tiriac Bank, ING Bank, Raiffeisen Bank, Groupe Société Générale, Banca Italo-Romena SpA Italia Treviso, Banca di Roma, Banca Commerciale San Paolo- Imi Romania) non possono ritirare il denaro dalle loro filiali romene, e che la Banca Nazionale Romena (BNR) non permetterà movimenti ingiustificati del cambio valutario.

Mugur Isarescu
Il governatore, inoltre, si è detto sicuro che la BNR non toccherà le proprie riserve valutarie. “Non voglio più vedere la Romania 'bastonata a suon di parole'”, ha dichiarato Isarescu, riferendosi alla "valanga di esperti” che commentano gli effetti della crisi internazionale sulla Romania. Nonostante riconosca che il paese verrà colpito dalla crisi, il governatore ama parlare di effetti indiretti più che diretti perché, dice, “il capitale di una banca non può essere ritirato”. Tutto questo per smentire le speculazioni secondo cui le banche madri dall’estero potrebbero tentare di risolvere i loro problemi di liquidità ritirando i soldi depositati in Romania.

Intanto il Governo romeno ha deciso di aumentare da 20mila a 50mila euro il limite massimo dei depositi bancari garantiti. Per il governatore Isarescu, in Romania non è necessario imitare le misure dell’Ue, e la Banca Nazionale potrà prestare soldi alle banche solo in casi estremi.

Secondo la trasmissione “Reporter Special” del canale “Antena 3”, cinque milioni di cittadini romeni hanno crediti in una o più banche. Il 90% delle banche in Romania sono filiali di banche estere. E, sempre in Romania, il 70% del profitto delle banche proviene da tasse e commissioni. In seguito ai movimenti finanziari registrati sul piano internazionale, nelle settimane scorse la Borsa valori di Bucarest e quella delle merci di Sibiu hanno più volte sospeso le transazioni in via precauzionale dopo aver perso oltre il 10% in una singola seduta. Alcune banche possiedono azioni in borsa, ma a quanto pare non in quantità tali da esserne dipendenti.

Secondo la stampa di Bucarest, l’unico problema serio potrebbe essere il panico, ed i prelievi massicci di denaro da parte della popolazione. Un recente studio compiuto per la tv “Money Channel” indica la maggior parte dei cittadini romeni pensano di poter difendere con successo i propri depositi e risparmi. Il 30% degli intervistati crede che sia opportuno non ritirare i propri soldi dalle banche. Un ulteriore 25% specifica che questa strategia è ragionevole solo fino alla somma massima di 50mila euro, che viene garantita dallo stato.

Il premier Tariceanu sembra però vedere le cose in modo diverso. Ha confessato infatti di aver investito il proprio denaro in titoli di stato, perché li considera più sicuri. Da qui sono partite speculazioni ed accuse all’indirizzo del capo di governo, che con un comunicato ha dovuto poi chiarire di non aver ritirato i propri risparmi dalle banche. Resta allora aperta la possibilità che Tariceanu abbia comperato i titoli con denaro tenuto sotto il materasso, possibilità che ha intrigato anche parecchi quotidiani di Bucarest.

Nel frattempo la moneta nazionale romena, il “leu”, ha perso terreno di fronte all’euro. Ciò nonostante, gli esperti consigliano la popolazione di mantenere i propri risparmi valuta nazionale, mentre la banca centrale è intervenuta per mantenere un cambio valutario non troppo squilibrato.

Ma se da una parte gli economisti fanno previsioni, dall'altra i politici preferiscono fare promesse elettorali, soprattutto in vista delle elezioni politiche del prossimo 31 novembre. Il parlamento ha recentemente approvato aumenti del 50% per gli stipendi degli insegnanti nonostante il parere contrario del governo, che ha impugnato inutilmente la decisione davanti alla Corte costituzionale. Ora richieste di aumenti arrivano a ondate da tutte le categorie di lavoratori. Persino dai preti. Perché anche loro contano, quando si tratta di voti. L’unico problema è che l’economia romena difficilmente reggerebbe a tali aumenti, soprattutto in un momento in cui la crisi dilaga.

“Socialismo, la soluzione per salvare il sistema capitalista”, ha commentato con un pizzico di ironia qualche giornale di Bucarest, commentando le decisioni prese in alcuni paesi occidentali di nazionalizzazione delle banche in difficoltà.

Intanto i prezzi dei prodotti alimentari continuano a salire, gli stipendi (tranne quelli degli insegnanti) no. In questa situazione, il tenore di vita della maggior parte della popolazione non può che subire colpi al ribasso. Anche le classi più abbienti registrano delle difficoltà. La vendita dei prodotti e servizi di lusso in Romania, nel periodo luglio – settembre 2008, ha registrato un calo del 5-8% rispetto all’anno scorso a causa di crisi finanziaria, fluttuazioni valutarie e blocco del mercato immobiliare.

Sotto la pressione della stampa, anche il governo ha deciso di fare un atto di buona volontà, e di limitare in qualche modo “il lusso salariale” di cui godevano molti presidenti di istituzioni pubbliche rispetto alla stragrande maggioranza della popolazione. Da ora in poi verranno tutti remunerati come un segretario di stato, cioè con 6000 lei al mese (circa 1600 euro), il che rappresenta metà di quello che incassavano finora.

Nel frattempo, si cercano anche strategie diversificate e investimenti più sicuri. Secondo uno studio di settore, in questo momento di crisi un settore estremamente attraente per possibili investimenti in Romania è quello dei prodotti organici (bio). Molte compagnie straniere si stanno rivelando molto interessate al mercato romeno. Si tratta di supermarket, ristoranti e caffetterie che usano esclusivamente prodotti biologici.
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