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Una crisi 'testarossa'

17.11.2008    scrive Mihaela Iordache

I venti di crisi non risparmiano la Romania, oggi una delle economie europee in più rapida espansione. Ma se le aziende chiudono e rallentano la produzione, e molti lavoratori fronteggiano l'incubo della disoccupazione, la nuova classe agiata non rinuncia agli acquisti di lusso
Nuvole nere sull’economia romena. A farne i conti per primi sono migliaia di lavoratori che si sono ritrovati all’improvviso senza posto di lavoro. Sono sempre di più le società costrette a diminuire il volume della produzione o che chiudono nell’impossibilità di stipulare nuovi contratti e vendere i loro prodotti. E sono cifre da record quelle che mandano in frantumi ogni speranza per chi si trova da un giorno all’altro senza lavoro.

Da oggi fino alla fine dell’anno, si stima che 29mila persone rimarranno senza lavoro. Secondo gli esperti, questo è solo l’inizio di una grave crisi che non risparmierà neanche la Romania, nonostante il paese abbia registrato finora una crescita economica da record in Europa (intorno all’8% annuo), ma che presto dovrà rivedere le stime con una crescita che sicuramente verrà dimezzata.

I leader sindacali anticipano che nel 2009 ci sarà un raddoppio del numero dei disoccupati, che nel paese arriveranno a contare 1,2 milioni, e sostengono che circa 500mila romeni sono pronti a rientrare in patria dall’Italia e dalla Spagna a causa del peggioramento della situazione occupazionale. Secondo gli studi dei sindacalisti, i settori maggiormente investiti dalla crisi finanziaria internazionale saranno l’industria tessile, l’edilizia, l’agricoltura, l’industria automobilistica e il settore finanziario.

Cresce il senso di incertezza tra i cittadini, mentre il tasso di fiducia crolla perché sono sempre di meno le persone che si fidano degli inviti alla calma resi dai vari esponenti politici. Manca liquidità sia per i singoli cittadini che per le grandi imprese. Le banche sono più riluttanti a concedere credito e lo fanno con difficoltà.

Maria Grapini, presidente del Patronato dell’industria tessile e principale azionista del “Gruppo Pasmatex Timisoara” non usa mezzi termini quando confida che l’attività nel settore “è a terra”. Almeno per quanto riguarda le sue società, la produzione è scesa negli ultimi due mesi del 25% e non hanno più firmato contratti con l’estero.

Una dopo l’altra le aziende cadono vittima della crisi globale. La “Oltchim Rimnicu Vallea”, ad esempio, è da decenni un punto di riferimento nel settore chimico del paese e dà lavoro alla maggior parte degli abitanti della contea di Valcea. Già a metà novembre, però, la ditta ha dovuto mandare in cassa integrazione 550 persone, vista l’impossibilità di pagare la materia prima, mentre al tempo stesso i prezzi dei prodotti che vende all’estero si sono dimezzati nel giro di un mese appena. Perciò ora la produzione scenderà del 40%. La cassa integrazione potrebbe proseguire anche nel prossimo anno, e sono quasi mille le persone che figurano sulla “lista nera”. La situazione della “Oltchim Rimnicu Vallea” viene letta come una conseguenza della crisi globale e in particolare dall’interruzione dei rapporti con una società turca che acquistava il 25% dei prodotti.

Gli esperti della Commissione europea prevedono che l’anno prossimo la Romania registrerà una crescita economica del 4,7%, contro l’8% ottenuto nell’anno in corso, un incremento del tasso di disoccupazione dal 6,1% al 6,4% ma anche un aumento degli stipendi del 15,1%.

Per quanto riguarda il mercato immobiliare, secondo le stime di esperti del settore, che prevedono un congelamento del 90% dei progetti immobiliari per carenza di finanziamenti, la crisi potrebbe proseguire fino al 2011.

Ma se le autorità di Bucarest fanno i conti con le pessimistiche proiezioni sulla futura crescita economica, la stessa cosa non avviene tra gli imprenditori italiani presenti in Romania. Secondo il manager italiano di una società di consulenza di Timisoara, citato dal quotidiano “Evenimentul zilei”, l’attuale crisi trasforma la Romania in un vero “Eldorado” visto che una crescita del 4,5% è pur sempre una cifra ragguardevole se paragonata all’Italia che si dibatte tra i venti della recessione. Per cui – secondo il manager - molti italiani verranno ad investire in Romania (che già conta 20mila società italiane registrate), soprattutto nei settori della produzione, dei trasporti e dell'edilizia. Alessio Menegazzo, segretario generale della Camera di commercio italiana in Romania, è convinto che riusciranno a sopravvivere solo le imprese che producono per il mercato interno, come quelle dell’abbigliamento e calzature. Quindi solo il 60% delle società italiane in Romania potrebbe resistere agli urti della crisi, mentre il resto potrebbe essere costretto a delocalizzare nuovamente in altri paesi.

La Romania, comunque, continua a sorprendere. “Siamo poveri ma compriamo Ferrari”, ha titolato recentemente la stampa di Bucarest, annunciando che “Forza Rossa”, la società di rappresentanza della casa di Maranello in Romania, entrata qualche mese fa sul mercato locale, ha già esaurito le auto destinate alla vendita sia per 2008 che per il 2009. Quindici macchine per quest’anno sono state vendute in un batter d'occhio, insieme ad altre quarantacinque richieste per 2009, mentre si prevedeva di piazzarne solo venti. La Ferrari ha venduto macchine di lusso in Romania per un valore di sei milioni di euro, il doppio rispetto alle aspettative, a prezzi, che partono dai 144.500 per arrivare ai 227.000 euro.

Ma se la Ferrari va a gonfie vele in Romania, la stessa cosa non si può dire per l'industria automobilistica locale. La storica azienda Dacia (ora marchio del gruppo Renault, che sta chiudendo molte fabbriche in Francia) si sta confrontando con una grave crisi ed è stata costretta a chiudere le porte per intere settimane. Anche qui, come nel caso di Oltchim, l’azienda offre lavoro a molti lavoratori della città di Pitesti e dintorni. Una crisi alla Dacia, quindi, fa sentire i suoi effetti sull’intera contea.

Non stanno meglio nemmeno i grandi colossi come la Coca-Cola o la Pepsi, che a breve dovranno diminuire la loro produzione per il mercato romeno e in seguito anche il personale. Si rimandano gli investimenti e si punta su beni di assoluta necessità come l’acqua, al posto di sofisticate bevande analcoliche.

Più disoccupazione, aumento dei prezzi, soprattutto di quelli dei prodotti importati, e svalutazione del “leu”. Non è però necessariamente un quadro apocalittico quello che si profila per la Romania, dal momento che è pur sempre prevista una crescita economica del 4% . Ma di sicuro c’è molta preoccupazione, che per molti si è già trasformata in disperazione. E voci allarmate continuano ad arrivare da ogni lato.

L’agenzia “Standard & Poor's” ha abbassato il rating della Romania per i prestiti in valuta estera a lungo termine. Il presidente romeno Traian Basescu ha subito accusato l’agenzia di scarsa credibilità, per aver preso in considerazione solo il debito privato e non quello pubblico. Secondo il presidente il debito della Romania ammonta a 11 miliardi di euro e la differenza, fino ai 60 miliardi stimati dalla Standard & Poor's, è rappresentata dai debiti di singole aziende che hanno contrattato crediti senza le garanzie dello stato, quindi senza nessun obbligo di pagamento da parte delle casse pubbliche.
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