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Campagne romene: dalla transizione all’UE

16.05.2005   

Un mondo che "boicotta" la storia. Sono le zone rurali romene da decenni impermeabili alla modernizzazione e caratterizzate da una ancor viva cultura tradizionale contadina. Un'interessante tesi di laurea
Villaggio romeno
di Gloria Zagaglioni

Le campagne romene hanno, sempre, reagito agli "shock" sistemici chiudendosi in se stesse, nei loro "rifugi" isolati sui Carpazi: la transizione postcomunista non sfugge a questa logica e la ricostituzione, in molte aree rurali, di un'economia di sopravvivenza estranea ai "meccanismi di mercato" dimostra questa tendenza.

Lo spazio rurale romeno rappresenta, infatti, un territorio ancora lontano dai parametri dello "sviluppo di tipo occidentale": la "modernità" (costituita, anzitutto, da un sistema produttivo competitivo e da un'efficiente dotazione infrastrutturale) ha attraversato (soprattutto nel periodo comunista) queste terre senza lasciare se non effimere tracce di una "modernizzazione mancata". I sistemi politico-economici si sono succeduti senza scalfire "l'anima" dei luoghi, che continuano a riprodurre se stessi, "boicottando la storia", come da sempre.

Il mondo rurale romeno è caratterizzato da una ancor viva cultura tradizionale contadina, che si manifesta nella persistenza di metodi tradizionali di gestione dello spazio interno ed esterno all'abitazione, mantenendo l'immemore distinzione tra il "mondo sacro" all'interno della fattoria (gospodarie) e il "mondo profano", ad essa esterno.

La "questione contadina" romena affonda, d'altra parte, le sue radici nella storia più remota. Essa è costituita da un lento e continuo processo di peggioramento delle condizioni di vita dei contadini, a monte della progressiva disgregazione, nel corso della storia, delle strutture socio-economiche tradizionali del villaggio romeno (le comunità di villaggio), ad opera di "conquistatori" di diversa matrice (le popolazioni nomadi, i boiardi, i latifondisti, il partito unico comunista).

Nonostante gli "urti" della storia, alcune comunità di villaggio di tipo arcaico hanno, tuttavia, resistito tenacemente, lottando contro la "modernizzazione". Il "bastione della loro resistenza" è stato costituito dalle aree montane e submontane, dove la "penetrazione capitalista" e, più tardi, la "rivoluzione comunista", non riuscirono mai ad arrivare: da queste "zone rifugio", i contadini romeni hanno sostenuto l'economia nazionale, tramite la pratica dell'agricoltura di sussistenza e della pastorizia "libera".

Nel periodo di transizione, le campagne romene si trovano di fronte ad un nuovo tentativo di "modernizzazione". Tale processo è, tuttavia, ostacolato dai seguenti problemi strutturali del settore agroalimentare: l'eccessiva frammentazione delle proprietà (provocata dai termini delle leggi di ri/costituzione del diritto alla terra e dal tardivo sviluppo del mercato della terra); la mancanza di crediti agricoli a basso, o nullo, tasso di interesse (la politica di credito agricolo seguita dal 1990 al 2003 è stata, infatti, principalmente diretta verso altre strutture produttive); la mancanza di connessione dell'agricoltura contadina con il resto della catena agroalimentare (perpetuando, in tal modo, "il circolo vizioso" del mercato nero dei prodotti agricoli).

Al di là dei problemi strutturali strettamente legati al settore agroalimentare, il mondo rurale romeno si confronta, d'altra parte, con gravi deficienze infrastrutturali, del sistema dei trasporti, del sistema sanitario e scolastico e delle infrastrutture abitative (rete di acqua potabile, gas, elettricità, canalizzazione fognaria). Per rimediare a questo stato di arretratezza infrastrutturale sarebbe necessario l'avvio di grandi opere pubbliche, mentre l'adozione di misure atte a promuovere la diversificaizone delle attività economiche ridurrebbe l'incidenza dell'esodo rurale.

I fondi di pre-adesione e l'applicazione dei principi comunitari sullo sviluppo sostenibile, la coesione economica e sociale e la protezione dell'ambiente, costituiscono un'opportunità che la Romania non può permettersi di dissipare, soprattutto al fine di promuovere lo sviluppo dello spazio rurale. I casi dell'Ecoregione Carpatica e del Parco Naturale dei Monti Apuseni, che abbiamo segnalato nell'ultimo capitolo della tesi, evidenziano le potenzialità di cui è dotato, grazie alle sue risorse naturali e culturali, lo spazio rurale romeno, nella prospettiva di un tipo di "sviluppo rurale sostenibile". Il caso del Progetto Rosia Montana, d'altra parte, ci ricorda quanto, spesso, le migliori leggi ed i migliori principi vengano ignorati nell'azione pratica.

Le inefficienze dell'apparato istituzionale ed amministrativo romeno sollevano, tuttavia, forti perplessità relativamente alla effettiva capacità, da parte della Romania, di gestire i fondi strutturali ed il fondo di coesione, entro il 2007, e di adempiere agli obblighi di cui si è fatta carico, in sede di negoziazione dell'acquis comunitario, recentemente chiusa. Resta, pertanto, aperto l'interrogativo sulla possibilità di successo, o meno, dell'integrazione della Romania, e, soprattutto, del suo spazio rurale, nelle strutture dell'UE, soprattutto a causa degli enormi sforzi necessari per modernizzare le infrastrutture del paese, in particolare, nelle aree rurali e nelle zone svantaggiate, al fine di promuovere uno sviluppo equilibrato del territorio nazionale.


Vai al testo integrale della tesi "Le peculiarità del mondo rurale romeno e le sfide dello sviluppo: tra transizione postcomunista e allargamento dell 'Unione Europea":

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