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Processo Dink, esame per la giustizia turca

09.07.2007    Da Istanbul, scrive Fabio Salomoni

In esclusiva per Osservatorio l’intervista con uno degli avvocati della famiglia del giornalista armeno assassinato lo scorso gennaio. Chi sono i veri mandanti? C’è un filo rosso che collega gli episodi di violenza in Turchia? Ne parla l’avvocatessa Fethiye Cetin
Lunedì 2 luglio si è aperto presso il tribunale di Besiktaş ad Istanbul il processo per l’omicidio del giornalista di origini armene Hrant Dink. Centinaia di persone hanno sostato all’esterno del tribunale dietro lo striscione “Siamo tutti armeni!” per testimoniare la loro solidarietà con la famiglia Dink.

Tre gli imputati principali: Oğun S., minorenne accusato di essere l’autore materiale dell’omicidio, Yasin Hayal e Erhan Tuncel, i presunti mandanti.

Dopo un inizio burrascoso durante il quale uno degli avvocati degli imputati ha pesantemente insultato la folla che stazionava davanti al tribunale, il giudice ha deciso di accogliere le richieste degli avvocati di Dink che chiedevano un supplemento di indagini ed ha aggiornato l’udienza al primo ottobre prossimo.

Abbiamo parlato del processo con uno degli avvocati della famiglia Dink, la signora Fethiye Cetin, che ha tra l’altro un storia personale molto interessante.


Fethiye Cetin
“Alcuni anni fa ho cominciato a chiedere a mia nonna particolari sulla sua vita, ho impiegato molto tempo per convincerla ma alla fine mi ha raccontato. Nacque in un villaggio armeno a Elaziğ. Nel 1915, si tratta dei famosi avvenimenti, i gendarmi presero gli uomini del paese, poi costrinsero la popolazione ad una marcia di trasferimento durante la quale molti persero la vita. Nei dintorni di Diyarbakir la popolazione locale aveva chiesto di prendersi i bambini del gruppo. Sua madre resistette ma il resto della famiglia la convinse e quindi mia nonna crebbe in una famiglia musulmana.
Questa è la storia, ho pensato che fosse una storia da scrivere, ci ho provato ed è uscito il libro “Mia nonna” – Anneannem – che presto sarà tradotto anche in italiano. La scoperta di avere radici armene mi ha spinto ad interessarmi della comunità armena in Turchia e mi ha avvicinato alla famiglia Dink”.

Veniamo all’udienza di lunedì...

La sala era molto piccola, la presenza di un minorenne poi ha imposto un’udienza a porte chiuse alla quale erano ammesse sono le parti in causa ed i loro rappresentanti. Moltissimi avvocati, circa 600, da tutto il paese avevano chiesto di poter partecipare all’udienza, ma ovviamente non è stato possibile trovare posto per tutti. Rimane però il fatto che la Turchia democratica si è assunta le sue responsabilità ed ha seguito con molta attenzione il processo.

Possiamo tracciare un profilo dei tre principali imputati ?

Posso dire che sono giovani in difficoltà economiche, disoccupati e cresciuti in un ambiente carico di pregiudizi, di razzismo e nazionalismo. Tutti hanno dei precedenti per rissa, lesioni, furto. La nostra posizione è che senza ombra di dubbio l’omicidio di Hrant Dink non è stato organizzato da questo gruppo di persone ma crediamo si tratti di un delitto pianificato da molto tempo e non da questi tre.

Non si tratta cioè semplicemente dell’opera di un gruppo di amici, così come invece sostiene la questura, ma del lavoro di un gruppo ben organizzato con l’obbiettivo di sovvertire l’ordine costituzionale in favore di un regime fascista che sopprima le libertà fondamentali. Io sono convinta che i veri mandanti non erano in aula lunedì.

Si parla in modo ricorrente di legami tra i due mandanti ed ambienti delle forze dell’ordine...

Noi avvocati siamo stati a Pelitli, il paese nella provincia di Trabzon dove abitavano i tre. Nella strada principale abbiamo visitato i posti frequentati dai tre, bar, internet caffè, campi di calcio e lì c’è anche la caserma della gendarmeria. E nel corso delle indagini abbiamo constatato che tra loro ed i gendarmi c’era una grande confidenza.

Il cognato di Hayal ha dichiarato che, sei mesi prima dell’omicidio, aveva avvertito i gendarmi che qualcosa si stava preparando. Tuncel poi era un informatore della polizia, era stato reclutato dopo aver commesso un crimine, dopo aver preparato la bomba che Hayal nel 2004 aveva lanciato contro un Mc Donalds a Trabzon.

Per quanto riguarda le relazioni tra i tre imputati ed alcuni ambienti politici...

Certo abbiamo parlato dei legami con le forze dell’ordine ma anche della dimensione politica, delle presunte relazioni con ambienti del partito BBP [Partito della Grande Unità, un partito di estrema destra, nda.] e con le sue organizzazioni giovanili con le quali tutti gli imputati hanno avuto contatti più o meno prolungati. Ambienti che rappresentano un’importante riserva per reclutare personaggi per iniziative del genere. Il nome del BBP e delle sue organizzazioni giovanili era comparso anche nel corso dell’inchiesta sull’omicidio del giudice della Corte di Cassazione ad Ankara ed in altre situazioni critiche.

Quali sono state le vostre richieste al processo?

Ci sono falle nell’indagine, noi abbiamo chiesto che si facessero indagini più approfondite, che si raccogliesse nuovo materiale, ad esempio le registrazioni delle telecamere della strada in cui è avvenuto l’omicidio, alcune di esse infatti mancano. Il giudice ha accettato tutte le nostre richieste e si farà delle indagini supplementari. Questa è una cosa positiva. Noi vogliamo che si vada a fondo per quanto possibile, per trovare i veri mandanti dell’omicidio.

Mentre lei tracciava il profilo degli imputati stavo pensando che le stesse cose si potrebbero dire anche per le persone coinvolte nell’omicidio di padre Santoro a Trabzon o dei tre cristiani a Malatya...

Certamente si assomigliano molto. Noi abbiamo chiesto di avere anche il fascicolo dell’omicidio Santoro perché crediamo possa essere utile per capire l’omicidio Dink. Nel caso Santoro in modo incredibile tutto è stato rapidamente coperto e dimenticato, ad esempio le informazioni rispetto all’arma utilizzata, un modello di pistola molto costosa, nessuna ricerca seria è stata fatta e tutto è stato coperto. Noi abbiamo l’impressione che nella vicenda Dink ci siano degli indizi che ci portano direttamente verso il caso Santoro, e per questa ragione abbiamo voluto vedere quel fascicolo. Per il momento, visto che le indagini sono ancora in corso, posso solo dire che indizi che collegano i due episodi ci sono. Crediamo che Hayal possa essere stato anche il mandante dell’omicidio Santoro. Del resto nel 2002 Hayal aveva aggredito il predecessore di padre Santoro e lo aveva ferito gravemente. All’epoca non si era aperta nessun inchiesta e si era detto che il sacerdote era caduto dalle scale.

Lei nelle dichiarazioni dei giorni scorsi ha spesso sostenuto che l’omicidio Dink avrebbe dei legami anche con quello del giudice della corte di cassazione, lo scorso anno ad Ankara...

In realtà tutti questi episodi sono stati organizzati da ambienti ben precisi, sono cose ben note in Turchia. I veri mandanti non si scoprono mai, rimangono delitti impuniti o al massimo si trovano gli esecutori materiali. Noi crediamo di vedere indizi che legano tra loro gli ultimi episodi di sangue, non so fino a dove ci permetteranno di andare ma noi seguiremo questi indizi fin dove possibile.

Riferendosi a questi ambienti si parla spesso di stato profondo, è un’espressione veramente in grado di dirci qualcosa?

Non so, certo si tratta di ambienti in cui ritroviamo esponenti dello stato, militari in pensione ma anche molte persone comuni. Ambienti molto ben organizzati ed in possesso di un vero e proprio arsenale, come sta emergendo dalle inchieste delle ultime settimane: il ritrovamento di bombe a mano nel quartiere di Umranye o l’arresto degli esponenti dell’Unione delle Forze Patriottiche. Vengono a galla nomi che nel passato sono stati spesso associati ad episodi di sangue ma che non sono mai stati sfiorati dalle inchieste, sono rimasti impuniti. Quando la Turchia si libererà di queste realtà, allora si sarà democratizzata.

Quali sono gli obbiettivi di questi ambienti?

Hanno molta paura delle cose che stanno cambiando in Turchia in coincidenza del processo di adesione europeo, hanno paura del cambiamento che gli farà perdere il potere di cui hanno goduto finora, per molti anni queste persone hanno veramente potuto fare quello che volevano. E per reazioni organizzano complotti, provocazioni. Nella cassa di bombe a mano ritrovate ad Umraniye ne mancano tre, e tre bombe della stessa marca sono state lanciate nei mesi scorsi contro il giornale Cumhuriyet. Un episodio che era stato attribuito al fondamentalismo islamico e che aveva contribuito a scatenare la campagna in difesa della laicità.

Il giudice che accetta le vostre richieste, la raffica di arresti e sequestri di armi, qualcosa sta cambiando negli equilibri di potere tradizionali?

E’ ancora prematuro dirlo ma vogliamo sperare, vedremo quale sarà la conclusione ma vogliamo veramente avere la speranza, non l’abbiamo ancora persa.

Come vive la comunità armena questa fase?

La comunità si trova veramente in una situazione difficile, ricevono minacce. Del resto già la morte di Dink li aveva molto provati.

Il commento più diffuso è che il processo Dink rappresenta un esame per la giustizia turca...

E’ assolutamente vero, allo stesso tempo si tratta anche di un esame per stabilire verso quale direzione si muoverà la Turchia. Ci troviamo ad un punto di svolta nel quale le alternative sono chiare o rinunciamo a tutti i diritti democratici ed il paese sprofonderà nelle tenebre oppure la Turchia diventerà veramente uno stato di diritto. L’esito del processo Dink sarà molto significativo in questo senso.

In questa fase molti sono i punti di svolta, ad esempio le elezioni, quali sono le sue aspettative?

Certo, quali possono essere le mie aspettative è chiaro, se guardiamo ai partiti in lizza vediamo il nazionalismo offerto a dosaggi diversi, è molto interessante che il partito che viene considerato più reazionario, l’AKP, in realtà si mostra come il più progressista, un paradosso turco. Personalmente credo sia veramente così ma non darò a loro il mio voto, anche se vorrei un AKP più forte, io voterò per il candidato indipendente di sinistra.

Vogliamo ricordare il ruolo che ha avuto Hrant Dink nella società turca?

Hrant ha permesso che si spezzassero i tabù, non solo dalla parte turca, ma anche dalla parte armena, è stato un uomo in grado di far incontrare i due fronti, che ha lottato per il dialogo e ha favorito la trasformazione dell’intera società turca. In Turchia molte persone hanno cominciato ad accorgersi dei problemi degli armeni grazie a Hrant, lui gli ha aperto gli occhi. In questo senso quei tre hanno scelto un ottimo bersaglio, Hrant è stato per tutti noi un uomo molto importante.