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Agende piene

20.05.2009    Da Capodistria, scrive Stefano Lusa

Sembrava sarebbero iniziati incontri tra Slovenia, Croazia e Ue che avrebbero portato a passi avanti sull'annosa diatriba di confine tra i due Paesi ex jugoslavi. Ma ancora una volta tutto è saltato, le agende dei protagonisti sarebbero troppo piene di impegni
Sono oramai passati 5 mesi dal blocco imposto dalla Slovenia alla trattativa di adesione della Croazia all’Unione europea e la soluzione sembra tutt’altro che vicina. Lubiana aveva imposto lo stop perché Zagabria avrebbe presentato a Bruxelles dei documenti che rischierebbero di pregiudicare l’andamento del confine. La Slovenia, così, ha chiesto o il ritiro dei materiali in questione o la soluzione del contenzioso confinario.

Quella del confine è una vicenda vecchia. Della cosa si sta oramai discutendo sin dalla proclamazione dell’indipendenza dei due paesi. Lubiana e Zagabria, infatti, non ci hanno messo molto per iniziare a litigare su dove dovesse esattamente passare la frontiera marittima e quella terrestre.

Al momento i due paesi, con la mediazione dell’Unione europea, non stanno parlando del problema, ma stanno cercando di definire gli strumenti tecnici che potrebbero portare ad una soluzione. Si tratta di capire chi e in che modo sarà chiamato a sciogliere l’intricata matassa. Il dialogo così sembra essere quello tra due studi legali.. La Croazia vorrebbe che il tutto fosse portato di fronte ad un tribunale internazionale, la Slovenia invece insiste su una soluzione più politica che potrebbe risultare “più creativa”.

Il commissario all’allargamento, Olli Rehn, ha cercato di trovare una sintesi tra le richieste dei due paesi. Prima aveva proposto un accordo di mediazione. La Slovenia l’aveva accettato subito, ma la Croazia, pur avendo detto formalmente sì, l’aveva di fatto respinto. Ora lo scenario si è ripetuto a parti invertite. Rehn ha presentato una nuova proposta, questa volta d’arbitrato. La Croazia l’ha immediatamente accettata, la Slovenia ha preso tempo per riflettere e poi ha detto sì, ma in pratica ha detto no, chiedendo una serie di integrazioni considerate di “interesse vitale”.

Zagabria ha subito precisato che la proposta non è negoziabile e che poteva solo essere accettata o respinta, ma per Lubiana non è così. Rehn per ora non si è sbottonato più di tanto trincerandosi dietro una serie di affermazioni di prammatica e precisando che adesso deve prendere in esame le richieste slovene.

Venerdì scorso era sembrato che sin da questo lunedì ci sarebbero stati in programma una serie di incontri tra gli esponenti sloveni, croati ed europei, ma alla fine tutto è saltato. Ufficialmente le agende dei protagonisti sarebbero troppo piene di impegni. Da Bruxelles precisano laconicamente che se ne riparlerà nelle “prossime settimane”. Oramai anche in sede comunitaria sembra proprio che non ci sia fretta.

Del resto nelle ultime settimane i politici dei due paesi non hanno mancato di gettare benzina sul fuoco. Ora uscire dal pantano non sarà semplice. Rehn, dal canto suo, ha rimarcato che “è fondamentale tenere presente che è necessario che i due paesi trovino un accordo e che la Commissione europea in questo processo può soltanto aiutarli”.

In questi mesi a cercare di mediare è stata soprattutto la Francia. La scorsa settimana ha persino fatto tappa in Slovenia il premier francese François Fillon, che ha precisato che Parigi non sta dalla parte di nessuno dei due e che vuole una soluzione di compromesso, che consenta lo sblocco della trattativa di adesione della Croazia all’Unione europea.

Adesso c’è chi ipotizza che potrebbe presto scendere in campo anche la Germania, che per ora non s’è praticamente occupata della questione. I tedeschi - che di Balcani se ne intendono - sanno, però, che trovare un accordo tra i due riottosi contendenti non sarà facile e che non basterà una telefonata di Berlino per chiudere la vertenza.

Uno dei problemi che rende l’accordo più difficile è la continua pressione dei giornali e dell’opinione pubblica, nonché l’uso della vicenda a fini di politica interna. I protagonisti ad un certo punto avevano promesso che avrebbero fatto lavorare le loro diplomazie in silenzio. Sull’ultima proposta di Rehn, però, prima sono cominciate a piovere indiscrezioni e poi è addirittura finita nelle mani dei giornalisti del Delo, il maggiore quotidiano sloveno.

Intanto gli sloveni cominciano in silenzio a covare qualche dubbio sull’Unione europea. E’ difficilmente comprensibile, infatti, che Bruxelles abbia una posizione equidistante se non persino favorevole – dal punto di vista sloveno- alla Croazia. In Slovenia, pertanto, non ha mancato di emergere un certo senso di frustrazione ed anche di euroscetticismo.

Quella che si è sgretolata, così, è la favola a cui molti volevano credere all’inizio del caso. I politici avevano dato ad intendere che Bruxelles sarebbe stata dalla parte di Lubiana e che avrebbe spiegato ai croati che per entrare nell’Unione bisognava pure fare qualche sacrificio. Insomma si pensava di tenere il coltello dalla parte del manico. Non è stato così e la Slovenia non può certo dire di avere incassato molti attestati di solidarietà in sede comunitaria. Quello che si è registrato, piuttosto, è stato un diffuso senso di fastidio per il blocco.

Appare evidente oggi che Lubiana abbia fatto almeno un errore strategico. Prima di imporre il blocco, non si è premurata di capire quale sarebbe stata la reazione in sede comunitaria. Probabilmente sarebbe stato saggio saperlo. In questi mesi, così, è stata costretta a giocare quasi sempre di rimessa, senza dimostrare di avere un chiaro piano d’uscita dalla crisi.

L’unica strategia esistente è stata quella di presentare, alla propria opinione pubblica, il nuovo governo di centrosinistra come “strenuo difensore degli interessi nazionali”. Ovviamente l’operazione non è destinata ad andare a buon fine. Parte dell’opposizione, infatti, non ha mancato di lanciare strali contro l’accettazione condizionata della proposta di arbitrato di Rehn; così adesso c’è già chi sta tirando nuovamente in ballo l’ipotesi di un referendum sull’adesione della Croazia all’Unione europea. Probabilmente alla fine sarà difficile evitarlo.

Per il governo sarà complicato trovare una soluzione ed evitare nel contempo di tirarsi dietro l’accusa di aver ceduto di fronte alle pressioni di Bruxelles. Per l’opposizione sarà così facilissimo tirare paralleli con la storia recente slovena e dire: “Prima i comunisti sloveni si inchinavano di fronte a Belgrado adesso l’ex comunista Pahor si piega al volere di Bruxelles ».
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