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Silenzio, si parla in croato

22.08.2008    Da Mostar, scrive Dario Terzić

A Mostar tre media pubblici in lingua croata rischiano la chiusura. L'ultimo statuto della città, infatti, impedisce che vengano finanziati con fondi pubblici dei media che hanno una dichiarata inclinazione nazionale
Che fine faranno, a Mostar, i tre media in lingua croata: Radio Postaja, Radio Herceg Bosna e HTV (televisione croata)? Corrono infatti il rischio di chiudere per sempre. Problema principale: i soldi. Fino ad oggi i tre media sono riusciti sopravvivere grazia ai fondi pubblici.

A dire il vero a Mostar ci sono anche altri media croati: Radio Oscar, Radio Dobre Vibracije e TV Oscar, ma sono tutti privati e cercano di sopravvivere con la pubblicità. La questione quindi riguarda solo i primi tre, che sono considerati pubblici.

Certo è molto difficile capire cosa sia pubblico a Mostar. Siamo pur sempre in una città divisa, anche se sulla carta doveva essere unita. E così, secondo l’ultimo statuto di Mostar, la città non può finanziare i media nazionali (quelli esclusivamente croati o esclusivamente bosniaci). Pertanto, Radio Postaja e HTV, che fino a qualche anno fa erano aiutati dalle casse del comune, sono rimasti privi di un'importante fonte di finanziamento.

I politici croati di Mostar e del cantone Erzegovina-Neretva hanno cercato di trovare una soluzione inserendo i “media croati” nel budget del cantone. Quindi, anche per quest’anno, il cantone di Erzegovina-Neretva , come dicono i croati, ha deciso di stanziare 360mila euro per i media che a Mostar “parlano” in croato.

Va detto però che il potere, sia a Mostar sia nel cantone, è diviso tra i partiti croati e quelli bosniaci (nessuno ha la maggioranza), e che la decisione di stanziare questi fondi non è stata approvata dai partiti bosniaci (musulmani). Tanto che il ministro cantonale della Cultura e dell’Educazione, che è un musulmano, si è rifiutato di versare quel denaro sul conto dei media croati, giustificando la presa di posizione col fatto che questi media potrebbero essere usati per la campagna elettorale (che infatti inizia fra pochi giorni).

Per spiegare la confusione sul campo, dovremmo fare un passo indietro e tornare a Mostar prima della guerra. A quell’epoca c’era solo una radio pubblica, Radio Mostar, che già nei primi giorni del conflitto veniva "conquistata" dal HVO (esercito croato) e ribattezzata "Hrvatska Radio Postaja". Il solo sostantivo “postaja” era di per sé provocatorio: significa “stazione”, ma è detto in un croato, per così dire "un po’ esagerato".

Radio Postaja, sia per via del nome che per la politica redazionale, faceva tornare in mente il periodo degli ustascia. La programmazione era composta esclusivamente dai comunicati del HVO e dalla musica di Thompson e simili (quindi da tutto quel che ricordava l’epoca di Ante Pavelić). In redazione, poi, si parlava appunto "un croato esagerato", gonfiato, secondo alcuni “molto più croato” di quello parlato nello stesso periodo a Zagabria.

All’inizio del 1993, a Mostar fu creata un’altra radio croata: Radio Herceg Bosna. A differenza di Radio Postaja, che copriva solo la città di Mostar, Radio Herceg Bosna doveva coprire tutta la regione. E difatti veniva ascoltata fino Zagabria. Era quello il periodo dei fortissimi legami con Zagabria, il periodo di Tuđman, Šušak e compagnia, quando la Croazia investiva molto sul territorio dell’Erzegovina occidentale, territorio che Zagabria avrebbe voluto annettersi.

Ad ogni modo, Radio Herceg Bosna era una struttura tutta nuova, mentre Radio Postaja era la vecchia radio pubblica ora “occupata” dai croati.

Arriva la pace e le cose cambiano. A Mostar est (parte musulmana) con l’aiuto di varie Ong sono nate nuove stazioni radio, che però alla fine quasi tutte sono diventate private. Così Radio Postaja e HTV, la televisione nata da questa stessa radio, per anni sono state considerate dei media pubblici anche se rappresentavano sempre solo una politica e una nazionalità: il partito HDZ e i croati.

Dopo la guerra in Bosnia Erzegovina è stata introdotta la CRA (Commissione regolatrice per i media), e grazie a questa molte cose sono cambiate. Soprattutto il linguaggio provocatorio e nazionalista.

Radio Postaja era famosa soprattutto per la sua linea redazionale: offendere gli altri (musulmani e serbi) e diffondere una forte propaganda nazionalista.

Ma la situazione è iniziata a cambiare proprio quando la CRA ha cominciato a sanzionare tutti quelli che in un modo o nell’altro offendevano altre nazionalità oppure facevano propaganda per un partito politico. Le regole della CRA erano rigide, ma grazie ad esse le radio croate di Mostar (ed anche quelle della parte bosniaca) si sono calmate e hanno cominciato a mettere in pratica un giornalismo molto più serio.

Però, con i cambiamenti avvenuti dopo la fine della guerra e soprattutto col tramonto della politica di Tuđman, i croati in Erzegovina si sono trovati senza molti fondi e privi di quei budget che prima gli erano garantiti.

Sono finiti i soldi per la Croazia-Mostar e anche le radio e le tv croate hanno cominciato e sentirne le conseguenze. In redazione si vive sempre peggio, stipendi bassi e sempre in ritardo. La pubblicità non garantiva molti soldi nemmeno in precedenza e con il nuovo statuto di Mostar la situazione è divenuta critica.

Proprio in questi giorni, i giornalisti croati stanno scrivendo lettere di protesta dirette ai politici croati, con cui chiedono gli stipendi degli ultimi sei mesi e i contributi degli ultimi quattro anni. Come è possibile, si chiede qualcuno in Italia, che si arrivi a protestare solo dopo quattro anni di contributi non versati? Ma questa situazione in Bosnia Erzegovina ormai è ampiamente diffusa. Ci sono aziende dove la gente non riceve lo stipendio da anni.

Si lamentano, vero, ma senza farsi troppe illusioni. Un altro lavoro e quasi impossibile da trovare e la gente non lascia il proprio posto (anche se non pagato), augurandosi che prima o poi la situazione possa cambiare. Simile è il caso dei dipendenti delle radio e tv croate di Mostar. Aspettano una soluzione, cercando di spiegare che senza di loro il popolo croato in Bosnia resterà senza radio e tv in lingua croata.

“Un popolo senza la sua lingua non è più un popolo”, ci ricordano le associazioni croate dell’Erzegovina, e non rinunciano alla loro lotta per “la lingua e l’informazione”. A Sarajevo c’è la Televisione federale, FTV, che trasmette programmi in croato e bosniaco ma sembra che per i croati dell’Erzegovina i croati di Sarajevo non siano quelli giusti e non parlino bene il croato.

Chi conosce la situazione della Bosnia Erzegovina, sa bene che negli ultimi decenni i croati dell’Erzegovina si sono creati un mondo tutto loro. Fin dall’inizio hanno cercato stretti contatti non con Sarajevo, ma solo con Zagabria. Poi, pian piano Zagabria li ha dimenticati e abbandonati. L’HDZ di Sanader non aiuta più gli erzegovesi come faceva nel periodo di Tuđman. E poi lo stesso HDZ in Bosnia Erzegovina sì e diviso in due formazioni politiche distinte, tanto che il popolo croato in BiH vede diminuire il potere di cui godeva prima. E si sa che assieme al potere arrivano i soldi. Che ora mancano.

In questo momento, Radio Postaja, Radio Herceg Bosna e HTV Mostar hanno pochissima pubblicità per poter sopravvivere autonomamente. Nel frattempo i giornalisti delle tre emittenti croate fanno di tutto per attirare l’attenzione. A breve ci saranno le elezioni. Poi si vedrà.

Forse poi, finalmente, qualcuno parlando di giornalismo comincerà a fare riferimento anche alla qualità dell’informazione, alla verità, alla professionalità e non a lingua e nazione.
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