Enes Cansevər, opinionista del quotidiano azero, Zaman, con la metafora degli scacchi rilancia la preoccupazione del suo paese per la questione energetica dei tre paesi chiave: Azerbaijan, Georgia e Turchia
Di Enes Cansevər, Zaman, 23 agosto 2008 (titolo orig. “Qafqazda şahmat ssenarisi - I”)
Traduzione per Osservatorio Caucaso: Ermanno Visintainer
Prima l’aggressione della Georgia all’Ossezia e poi quella della Russia alla Georgia hanno infiammato, in brevissimo tempo, la regione caucasica.
Le missioni diplomatiche conseguenti alla guerra e i vicendevoli ultimatum, colmi di accuse e minacce, hanno iniziato, un po’ alla volta, ad essere interpretati come un’escalation della tensione e il Mar Nero è visto come un mare in ebollizione.
Sebbene la Russia abbia proclamato un armistizio, almeno la metà dei territori della Georgia si trova sotto la sua occupazione e questa tregua si è rapidamente deteriorata. Mosca ha formalmente dichiarato il suo ritiro dalla città di Gori, ma il controllo della città è, di fatto, ancora nelle sue mani.
Gli Stati Uniti che, negli ultimi anni, erano stati i custodi più affiatati dell’autorevolezza di Saakashvili, sembrano essere venuti meno alla loro parola. Stati Uniti che sostengono di apportare aiuti umanitari alla Georgia, facendo passare navi da guerra dal Bosforo, offrono una ragione per accedere al Mar Nero e per un allargamento della Nato nella regione.
In verità, tali imponenti movimenti da parte di questi colossi mondiali aggravano le relazioni nella regione. Questa situazione angoscia chiunque nella zona, nella fattispecie la Turchia, l’Azerbaijan e la Georgia. Ricordiamoci che la Turchia, per mitigare questo conflitto, ha intrapreso una missione di pace con visite in Russia, in Georgia e, alcuni giorni fa, in Azerbaijan ottenendo riscontri positivi indirizzati a fondare una piattaforma caucasica.
D’altra parte in un momento così complesso per la situazione, una domanda che tutti [in Azerbaijan] si pongono con curiosità è quella inerente alla risposta che il presidente della Turchia darà all’
invito a Yerevan, da parte del presidente dell’Armenia, per assistere a una partita di calcio. Abdullah Gül si recherà in Armenia oppure no? – Oggi questa faccenda sembra assumere un’importanza quantomeno pari a quella del conflitto russo-georgiano.
L’Azerbaijan, sia come paese caucasico, ma soprattutto come paese esportatore di energia verso l’Europa, attraverso Georgia e Turchia, riscontra gravi danni da questa tensione. Senza alcun dubbio, anche la Turchia auspica una risoluzione quanto più possibilmente rapida del conflitto in corso. I due paesi auspicano infatti che gli ambiziosi progetti intrapresi su scala mondiale, grazie alla speciale cooperazione tra Turchia, Azerbaijan e Georgia, divengano operativi e possano proseguire.
I progetti Baku-Tbilisi-Ceyhan, Baku-Tbilisi-Erzurum e Baku-Tbilisi-Kars, oltre a giocare un ruolo importantissimo nella vita economica della regione, possiedono anche una notevole importanza politica. Conseguentemente, a mio avviso, se le nazioni straniere non fossero così ingerenti, questi tre paesi distoglierebbero il prima possibile l’Armenia dall’agenda delle proprie questioni e sistemerebbero autonomamente i problemi regionali. Riformulando la questione dell’accettazione, da parte del presidente turco, dell’invito a Yerevan. Voglio condividere la mia opinione con i lettori: secondo me, Abdullah Gül non verrà in Armenia per le seguenti ragioni:
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La Turchia sa molto bene che l’Armenia è divenuta una pedina nelle mani delle lobby armene nel mondo. Se ricorderete, la mano di distensione che, qualche tempo fa le aveva teso il premier turco Erdoğan, è rimasta penzolante a mezz’aria. L’Armenia fino ad ora non ha mosso alcun passo nella direzione della pace o della distensione. E penso che non ritenga che Gül farà questo passo. La politica di riappacificazione della Turchia non è stata compresa da Kocharyan, e al momento non credo che sarà accettata nemmeno da Sargsyan.
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Se Abdullah Gül accetterà questo invito, ciò significherà, malgrado tutto, un qualche segno di rinunzia, da parte dell’Armenia, alle rivendicazioni nei confronti della Turchia e dell’Azerbaijan.
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Gli armeni sanno molto bene che fino a quando non avranno rinunciato alla politica di inimicizia che hanno sempre mantenuto verso la Turchia e l’Azerbaijan non potranno mai accedere né all’Alleanza Caucasica, né ad altri tipi di cooperazione con questi due paesi.
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La popolazione turca e azera, da parte sua, nel corso della storia ha avuto modo di conoscere bene gli armeni e sa quanto essi siano perfidi e astiosi. Sa bene che questo invito del presidente armeno non è un gesto indirizzato verso la distensione. Sa bene che qualsiasi sorta di invito possa essere, altro non è che una manifestazione d’insidia.
Venendo alla questione armena, differiamola a quella dell’Alleanza Caucasica. Questa prospettiva del problema è stata inclusa su sollecitazione turca, in uno dei punti del dibattito internazionale.
Intanto agli inizi di settembre il ministro degli Esteri turco Babacan incontrerà il suo omologo russo Lavrovla. Durante l'incontro si discuterà della struttura dell’Alleanza Caucasica, nonché di prospettive future e altro ancora.
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