Effetto domino
10.10.2008
Da Skopje,
scrive Risto Karajkov
La crisi finanziaria globale è arrivata anche in Macedonia. Dopo il crollo della borsa locale, gli operatori invitano alla calma, sottolineando l'aspetto psicologico della crisi. Per adesso niente panico, ma tutto potrebbe cambiare se venissero messi a rischio i depositi dei risparmiatori
I mercati finanziari nei Balcani stanno scricchiolando, sotto la pressione della crisi finanziaria globale. Martedì 7 ottobre a crollare è stata la borsa valori macedone: il suo indice, lo MBI 10 ha perso in un colpo solo quasi l'8%. Anche le altre borse della regione hanno subito pesanti tracolli. Il risultato peggiore è stato quello della piazza di Belgrado, le cui perdite si sono avvicinate al 10%.
Gli esperti concordano nell'affermare che il problema sia di tipo psicologico, dovuto cioè in un'ondata di insicurezza, ma questo non sembra riuscire a rassicurare gli animi. Tutte le principali aziende macedoni assistono al deprezzamento delle proprie azioni, anche se, come sottolineato dalla loro direzione, operano con profitto sul mercato.
Dopo aver raggiunto il valore massimo intorno alla metà del 2008, la Borsa valori macedone (MSE) ha attraversato una fase di calo costante, culminata nel tracollo di martedì scorso. Sembra evidente che buona parte delle perdite sia dovuta a fattori politici, più che economici. L'indice della borsa di Skopje è crollato nello scorso aprile, a causa dello shock subito dal paese dopo la bocciatura all'ingresso della Macedonia nella Nato, dovuta al veto imposto dalla Grecia. In quella circostanza il MBI 10 arretrò di circa l'8%, una perdita comparabile a quella del 7 ottobre. Anche altre due sedute particolarmente negative degli ultimi mesi sono state provocate da scossoni politici.
Fino alla settimana scorsa gli esperti speravano che la Macedonia sarebbe rimasta fuori dal terremoto finanziario che sta scuotendo l'economia globale. Mentre la crisi si allargava a vista d'occhio negli Stati Uniti, il ministro delle Finanze Trajko Slavevski dichiarava che la Macedonia non ne sarebbe stata colpita, visto il livello di integrazione piuttosto basso del paese nei circuiti finanziari internazionali. Slavevski ha addirittura espresso la speranza che l'economia macedone avrebbe potuto beneficiare dell'attuale congiuntura.
Il possibile effetto domino, però, non può essere escluso. “La situazione attuale è soprattutto il risultato di fattori psicologici, più che puramente economici. Il nostro mercato finanziario, però, non è del tutto isolato dai trend globali. Non possiamo permetterci di ignorare quanto sta accadendo”, ha dichiarato Marina Nakeva Kavrakova, presidente della Commissione sui Mercati Mobiliari.
Molti dirigenti affermano che le proprie aziende hanno buoni profitti. “I nostri risultati nei primi nove mesi dell'anno sono eccellenti, e sono migliori di quelli fatti registrare l'anno scorso. Nonostante questo, a causa delle conseguenze indirette della crisi finanziaria globale le nostre azioni stanno scendendo continuamente”, ha dichiarato Zivko Mukaetov, general manager della “Alkaloid”, gigante farmaceutico e una delle aziende più prospere della Macedonia.
“Quanto succede è frutto di paure irrazionali”, sostiene Dimce Lazarevski, portfolio-manager dell' “Ilirika Fund Management”, uno dei fondi di investimento quotati nella borsa di Skopje. “C'è la convinzione che il piano d'emergenza di 700 miliardi di dollari lanciato dagli Usa non sia sufficiente a curare i mali dell'economia. La crisi si è già spostata in Europa, e si sta allargando anche ai Balcani”.
Secondo gli agenti di borsa, le perdite sono dovute anche alla diminuzione degli investimenti dall'estero. Anche qui si è messo in moto un effetto domino: gli investitori statunitensi si sono ritirati dal mercato europeo, e a loro volta gli investitori dell'Ue, per mantenere il livello di fiducia dei propri clienti ed assicurarsi un livello sufficiente di liquidità, hanno deciso di cedere gli investimenti effettuati nell'Europa sud-orientale.
I fondi sloveni sono i principali investitori nelle borse valori dei Balcani. In questo momento stanno vendendo le azioni sulle piazze della regione per ottenere il denaro necessario a coprire falle apertesi altrove, e questo trascina verso il basso le borse dei paesi balcanici. Ma, come fanno notare professionisti del settore, queste vendite portano comunque profitto, visto che al tempo dell'acquisto le azioni oggi vendute avevano un valore nettamente più basso di quello attuale.
Gli operatori di borsa consigliano chi possiede azioni di non farsi guidare dalle emozioni, di non precipitarsi a vendere e di tenersi informati sui movimenti del mercato. Sono in molti a sostenere che al momento le azioni sono largamente sottostimate. “I prezzi attuali sono semplicemente ridicoli”, è l'opinione di un broker attivo sulla piazza di Skopje.
Psicologica o meno, la crisi diventa ogni giorno più reale. La “ritirata strategica” degli investitori stranieri contribuisce a erodere il livello di fiducia. L'effetto non si farà sentire solo sui mercati azionari, sostengono gli esperti, ma sarà l'intero settore finanziario ad entrare in sofferenza.
“L'accesso al capitale diverrà più difficile”, sostiene Gjorgi Jancevski, general manager della “Tutunska Banka”, una delle principali in Macedonia. “A causa della crisi, le banche diverranno molto più prudenti, e il denaro potrebbe divenire più costoso. Il tempo dei prestiti facili è finito”. Secondo Jancevski le banche macedoni alzeranno i propri tassi d'interesse entro la fine dell'anno.
La Banca Nazionale macedone ha tenuto sotto osservazione il prestito bancario negli ultimi mesi. L'impressione è che, in cerca di profitti più alti, le banche macedoni abbiano portato avanti politiche di prestito negligenti, che potrebbero portare ad un aumento dei “ bad loans", prestiti che rischiano di non essere mai restituiti. La situazione risulta ora pesantemente aggravata da quanto sta succedendo sul mercato globale.
“Se una banca macedone utilizza prestiti dall'estero, dovrà prendere misure per mettersi in una posizione di sicurezza”, ha dichiarato Petar Gosev, governatore della Banca Nazionale. Martedì 7 ottobre lo stesso Gosev ha chiamato a raccolta i manager delle principali banche che operano in Macedonia, per sincerarsi della sicurezza dei depositi dei risparmiatori. Le banche sostengono che tutto è sotto controllo. C'è da dire che, in generale, i risparmi dei cittadini comuni sono custoditi da banche commerciali straniere, che sono meno segnate dalla crisi rispetto alle banche di investimento.
Per il prossimo futuro, escludendo la borsa valori, non sembra esserci panico in Macedonia. Ma se dovesse essere messa in dubbio la sicurezza dei risparmi, le cose potrebbero cambiare drasticamente. L'esperienza dell'ex Jugoslavia suggerisce che la fiducia nel sistema finanziario può essere ricreata solo con grande difficoltà. Dopo l'inflazione astronomica che ha segnato gli ultimi anni della Jugoslavia, i cittadini macedoni preferiscono ancora calcolare tutto in euro (fino al 2002 in marchi tedeschi), nonostante la moneta locale, il "denaro macedone", sia rimasta stabile fin dai tempi dell'indipendenza. La fiducia nelle banche è tornata solo negli ultimi anni, visto che il ricordo dei risparmi persi nelle banche della vecchia Jugoslavia è ancora vivo per migliaia di persone. L'erosione della fiducia potrebbe spingere i macedoni a ritornare a vecchi metodi informali di risparmio e business, fatto che avrebbe effetti negativi sia sulla gente che sull'economia.
C'è generale accordo sul fatto che la crisi globale stia danneggiando il flusso di capitali esteri nella regione balcanica. “A causa della mancanza di investimenti potrebbero sorgere difficoltà finanziarie, simili a quelle riscontrate in Jugoslavia all'inizio degli anni '80”, sostiene il professor Vladimir Gligorov del Vienna Institute of International Economic. “In quel caso sarebbe difficile mantenere la stabilità sociale e politica nella regione”.
L'impressione è che la crisi stia ancora muovendo i primi passi nell'Europa sud-orientale. Per il tempo a venire non bisogna farsi prendere dal panico. Anche se è ancora presto per dire fino a dove potrebbe arrivare.