Crollo delle esportazioni e aumento della disoccupazione: la crisi economica globale colpisce la Turchia, ma il premier Erdoğan ostenta sicurezza in vista delle elezioni del 29 marzo. Tiene il settore bancario nonostante la perdita di valore della Lira
La crisi economica globale ha iniziato a manifestarsi in maniera consistente in Turchia nell'ultimo trimestre del 2008, e i suoi effetti negativi sono sempre più sentiti. I dati più allarmanti riguardano il calo della produzione e l’aumento della disoccupazione, mentre sul piano finanziario le banche turche, grazie ad una stretta disciplina imposta dopo il dissesto finanziario del 2001, dimostrano ancora di resistere ai colpi della crisi.
Gli analisti ricordano che la crisi del 2001 si era potuta superare grazie alle esportazioni, che avevano permesso di risollevare la produzione, mentre adesso il calo della domanda dall’estero va a sommarsi a quello interno. Secondo i dati forniti dal Consiglio degli esportatori della Turchia (Türkiye İhracatçılar Birliği), nel mese di febbraio le esportazioni hanno subito una diminuzione del 35% rispetto allo stesso mese del 2007, corrispondente ad un valore di circa 6,8 miliardi di dollari. Il settore più colpito dalla crisi, quello automobilistico, è anche il settore leader nelle esportazioni, seguito dal comparto metallurgico, tessile, e da quello alimentare.
L’Istituto turco di statistiche (Türkiye İstatistik Kurumu - TÜİK) ha reso noto che, nell’ultimo quadrimestre del 2008, la produzione industriale complessiva ha subito un calo del 12,5%, mentre quella della manifattura è calata del 14,2%. La crescita della produzione su base annua, invece, dopo l’iniziale 7% circa registrato nel primo quadrimestre, ha subito un primo calo al 4% nel quadrimestre successivo, per assumere il valore del -2% nell’ultimo trimestre dell’anno. Si tratta del dato peggiore registrato dal 2002 a questa parte, che pure non ha mancato di ripercuotersi sulla situazione occupazionale del paese.
“Nel primo quadrimestre dell’anno in corso è atteso un aumento record della disoccupazione nei settori secondario e terziario”, afferma il Consiglio di politica monetaria della Banca Centrale (Merkez Bankası) nel resoconto della riunione tenutasi all’inizio di questo mese. Il numero di persone rimaste senza lavoro fino ad oggi, tuttavia, è già preoccupante .
Gli ultimi rilevamenti del TÜİK, riferiti al novembre 2008, indicano un tasso di disoccupazione del 12,3%, con 665 mila nuovi disoccupati rispetto al 2007. Sarebbero solamente 165 mila invece i nuovi posti di lavoro creati al di fuori del settore primario. A gennaio, intanto, l’Ente nazionale di impiego İŞ-KUR ha ricevuto 151.530 nuove domande, il 95% in più rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Sono sempre più frequenti anche i casi in cui i lavoratori, pur disponendo ancora di un lavoro, si trovano a fronteggiare pagamenti ritardati o parziali dei propri stipendi.
Mentre il premier Erdoğan sostiene la sua linea anti-allarmista e afferma che, con l’arrivo della stagione estiva, i dati occupazionali subiranno una svolta grazie al settore turistico e a quello dei servizi, il ministro senza portafoglio e vicepremier Nazım Ekren ha annunciato l’entrata in vigore di un pacchetto di 5,5 miliardi di lire turche (circa 2,75 miliardi di Euro) per contrastare l’effetto della crisi. Il governo ha anche comunicato la decisione di assumere 95 mila dipendenti statali, senza tuttavia stabilire i tempi di attuazione del progetto. È previsto anche un primo sostegno creditizio di 1 miliardo di dollari destinato alle piccole e medie imprese esportatrici, che vedrà coinvolte dieci banche.
Un altro grosso problema da affrontare è quello dei debiti accumulati attraverso l’uso delle carte di credito, particolarmente diffuse in Turchia negli ultimi anni anche grazie alla relativa facilità con cui venivano concesse dalle banche. Ora, con l’avvento della crisi, rimanere costanti nel pagamento delle rate - già onerose in tempi normali - è iniziato a diventare impossibile. Il direttore generale dell’Unione dei consumatori, Nazım Kaya, ha riferito che attualmente ammontano a 37 miliardi di lire turche (circa 18,5 miliardi di Euro) i debiti contratti dai consumatori attraverso le carte di credito, mentre è salito a 2 milioni e 300 mila il numero degli inadempienti iscritti alla “lista nera”, di coloro cioè che non riescono a pagare nemmeno le rate di base.
Le banche – spiega Kaya – per non enfatizzare un’atmosfera di crisi starebbero rimandando da quattro, cinque mesi le azioni legali nei confronti dei debitori. L’Associazione dei consumatori, dal canto suo, avrebbe presentato alla presidenza del parlamento turco una proposta di legge per una nuova regolamentazione del pagamento dei debiti sulle carte di credito accumulatisi dal novembre 2008, che stabilisca un tasso d’interesse annuo del 18% con rate da 24 mensilità. Kaya ha aggiunto di attendersi un'approvazione della legge prima delle elezioni amministrative del 29 marzo.
Il 29 marzo è anche la data alla quale il governo ha procrastinato un’eventuale decisione di accordo con l’FMI (Fondo monetario internazionale), ritenuta di primaria importanza dagli imprenditori per accrescere la circolazione della liquidità. Il premier Erdoğan non avrebbe accettato due condizioni imposte dall’FMI (dare autonomia al sistema di controllo fiscale e richiedere la corrispondenza incrociata delle tasse con i guadagni) “perché contrarie agli interessi del paese”. La presidentessa della Confindustria turca (TÜSİAD), Arzuhan Yalçındağ, ha criticato il rifiuto del premier affermando che “le condizioni richieste sono delle riforme strutturali di cui si era già parlato, che non danneggiano il nostro assetto lavorativo. Non capisco perché proprio quando ve ne è maggiormente bisogno, e il nostro debito pubblico risulta così alto, non si arrivi ad un accordo”.
Il settore bancario turco è quello che al momento resiste meglio agli scossoni della crisi. La JRC-Eurasia Rating ha assegnato un AA (Trk) nella valutazione a lungo termine del settore a livello nazionale, definendolo “stabile”. Secondo la notizia riportata il 3 marzo scorso dal quotidiano
Referans, la JRC avrebbe affermato che le banche turche restano immuni alla crisi grazie alla disponibilità di liquidi, alla possibilità di liquidità potenziale fornita dalla Banca Centrale e alla fiducia reciproca delle banche. Sarebbero inoltre fondamentali i processi di regolamentazione, controllo e supervisione condotti con alti criteri di livello internazionale, lo sviluppo di sistemi creditizi oggettivi e l’esclusione di prodotti sintetici dai bilanci.
Un caso esemplare di questa analisi lo fornisce la banca Yapı Kredi, 50% della quale appartiene all'italiana Unicredit, che ha registrato per il 2008 un aumento di profitto del 45% rispetto all’anno precedente e si prepara ad entrare nella prossima fase della crisi con un capitale e una composizione di liquidità altrettanto forti. Tuttavia, osserva il JRC, nonostante il basso rischio finanziario risultante dai dati del sistema bancario turco, i rischi di mercato non risultanti dai bilanci delle banche rischierebbero di mettere in pericolo anche la loro stabilità. Tra questi vi sono la difficoltà e il costo elevato per ottenere fondi internazionali, il breve periodo di giacenza previsto per i conti di deposito e la costante perdita di valore della Lira turca, che lunedì ha raggiunto il cambio record di 1,83 dollari, provocando l’intervento della Banca Centrale che martedì ha dato il via ad un’asta di vendite di parte delle proprie riserve in valuta estera.