L’Albania come superpotenza energetica dei Balcani? È l’idea del premier albanese Sali Berisha, che cerca di realizzare progetti energetici con l’aiuto della Croazia e dell’Italia: dal nucleare al carbone
“La mia idea è quella di far diventare l’Albania una superpotenza energetica nei Balcani”. Era il 4 dicembre 2008 quando il premier Sali Berisha pronunciava queste parole davanti ai giornalisti in conferenza stampa. Accanto a lui si trovava il collega italiano Silvio Berlusconi, in visita quel giorno a Tirana. “Siamo decisi di seguire la strada del nucleare - proseguiva Berisha - e vedo nell’Italia il primo partner con il quale operare in questo settore”. Da allora la politica energetica albanese ha subito delle variazioni: non sarà più l’Italia a costruire una centrale nucleare ma la Croazia. Le autorità di Roma per ora hanno puntato su una centrale termica a carbone, nei pressi di Durazzo.
Il nucleare
La notizia di un accordo raggiunto tra Tirana e Zagabria sulla costruzione di una centrale nucleare vicino a Scutari - pubblicata prima dai media croati e ripresa poi da quelli albanesi - ha spiazzato l’opinione pubblica locale. Si tratterebbe di un impianto da 1500 megawatt che costerà circa 4 miliardi di euro e che verrà costruita dalla compagnia statale croata Hep.
Spaventati da un futuro scenario catastrofico e dai possibili danni all’ambiente, i cittadini di Scutari (roccaforte elettorale del Partito democratico del premier) sono scesi in piazza a protestare. “Non capiamo - dicono - come un primo ministro possa fare questo al suo Paese. Speriamo che non sia vero, altrimenti nessuno odierà Sali Berisha più di Scutari e dei suoi cittadini”.
Proteste a Scutari contro la centrale
Il messaggio è stato colto al volo. Appena atterrato a Tirana, dopo un viaggio in Cina, Berisha ha negato l’esistenza di un tale piano e ha accusato il suo rivale socialista Edi Rama di aver montato il tutto pagando e corrompendo la stampa croata. “Mi hanno informato che l’articolo era arrivato in Croazia su ordine da Tirana. E poi va a Scutari a parlare di qualcosa che lui stesso ha inventato”, ha detto riferendosi a Rama che, durante una visita nella città settentrionale, ha criticato la costruzione della centrale nucleare.
La stampa di Tirana ha ripreso il premier, ricordandogli le parole da lui espresse durante la sua visita dello scorso 10 febbraio a Zagabria, dopo l’incontro col collega Ivo Sanader: “Abbiamo deciso con il primo ministro di lavorare insieme; parleremo anche con il nostro amico Silvio Berlusconi. Una comune centrale nucleare sarebbe un vantaggio enorme”.
A smentire Berisha c’è anche la dichiarazione di un portavoce del ministro per l’Economia croato, il quale, intervistato dalla
stampa montenegrina, ha affermato che il governo albanese e quello croato hanno già formato un gruppo di lavoro composto da 5 esperti per paese, con il compito di lavorare sulla prima fase del progetto.
Gli analisti a Tirana motivano la retromarcia di Berisha con la paura di perdere la fiducia della città simbolo per i democratici, a pochissime settimane dalle elezioni politiche di fine giugno. Secondo gli stessi, l’interesse della Croazia di costruire una centrale atomica in Albania sarebbe collegato al suo prossimo ingresso nell’Unione Europea che in materia di nucleare ha regole molto rigide. Inoltre, la Croazia possiede già una parte della piccola centrale di Krško, al confine con la Slovenia, che garantisce il 20% del suo fabbisogno energetico. Ma questa centrale dovrà chiudere nel 2023 e le autorità croate starebbero già pensando ad una soluzione.
Il carbone
Scendendo più in giù, nell’Albania centrale, un altro materiale incandescente infiamma la polemica: il carbone. Dall’autunno dello scorso anno i collegamenti tra Roma e Tirana sono segnalati da bollino rosso. I piani energetici sono stati i veri protagonisti delle recenti visite nella capitale albanese del ministro degli Esteri Frattini, dello stesso premier Berlusconi e del ministro per lo Sviluppo economico Scajola. Inizialmente Roma pensava di costruire una centrale nucleare in territorio albanese. Ma forse la lunga attuazione di questo progetto ha portato ad accantonare per ora l’idea. Perché l’Italia “ha troppo bisogno di energia”, come disse Frattini a Tirana, ed una centrale termica a carbone si può realizzare in tempi più brevi.
L’accordo tra i due paesi è stato già raggiunto: l’Enel realizzerà un parco energetico a Porto Romano, vicino a Durazzo, che comprenderà due centrali a carbone con una capacità di 800 megawatt ciascuna. Il progetto - che prevede anche la costruzione di una linea di interconnessione sottomarina che porterà l’energia in Italia - sarà operativo nel 2014.
Contrari al progetto si sono dichiarati le associazioni ambientaliste locali secondo le quali la centrale porterà un notevole aumento dell’inquinamento, in una zona strettamente collegata al turismo. Gli esperti dell’Enel hanno promesso che l’energia prodotta sarà pulita al 98% e per questo hanno presentato alle autorità albanesi i risultati di uno studio fatto da loro sull’impatto limitato che la centrale avrà sull’ambiente.
Anche la stampa di Tirana, che ha seguito con interesse la vicenda, non ha nascosto i propri dubbi sul progetto. Il quotidiano “Shqip”, uno dei più attivi in questa direzione, sottolinea come ad una domanda dei giornalisti sull’ammontare delle emissioni di CO2 che la centrale a carbone rilascerà nell’aria, i tecnici dell’Enel abbiano risposto con un “è molto difficile quantificare queste emissioni”.
Gli ambientalisti di Durazzo hanno chiesto ad esperti europei indipendenti di verificare i dati riportati dallo studio presentato dall’Enel: ne sono emersi 25 punti tra errori di calcolo, dati mancanti e modificati. Ma al progetto ormai manca soltanto la firma del ministero per l’Ambiente che temporeggia nell’attesa di vederci chiaro.
Il greggio
Nel sud, invece, la situazione è più tranquilla e le
proteste che hanno mobilitato un anno fa i cittadini di Valona contro l’italiana “Petrolifera” sembrano un lontano ricordo. La costruzione della termocentrale e del terminal per prodotti petroliferi nella baia della città è ormai quasi completata: la Petrolifera sarà operativa verso la fine di maggio mentre la termocentrale a fine giugno, in concomitanza con i primi flussi turistici.
Valona si è ormai arresa al suo destino. “Succederà quello che vuole Berisha, noi non lo vogliamo ma è quello che accadrà”, dice al quotidiano “Korrieri” un fotografo mentre aspetta i clienti vicino al monumento dedicato alla dichiarazione d’indipendenza dell’Albania, avvenuta nel lontano 1912 proprio in questa città.
“Non si tratta di arrendersi ma di ritirarsi temporaneamente - spiega in gergo militare allo stesso giornale Ardian Klosi, intellettuale e attivista che si è opposto con forza ai due progetti - Era uno scontro totalmente ad armi impari: da un lato una compagnia multimilionaria, la Banca mondiale, funzionari governativi e comunali corrotti e un sistema poliziesco violento; dall’altro lato una coscienza civica ai suoi inizi, con organizzazione e contributi spontanei, basata sul volontariato, senza nessun finanziamento da fuori e spesso divisa al suo interno”.
Quattro anni fa, prima delle elezioni politiche del 2005, quando era ancora all’opposizione, Berisha prometteva ai cittadini di Valona che non avrebbe permesso l’inquinamento della zona. Nella sua visione il territorio oggi occupato dalla Petrolifera “non poteva essere altro che un parco per i bambini”. Quattro anni dopo, ai circa 200 mila abitanti di Valona non resta altro che sperare nella sua seconda promessa: l’inquinamento sarà piccolo, quanto quello prodotto “da 500 macchine nuove che girano per la città”.