E’ da diverse settimane che i cittadini di Valona protestano contro il piano energetico del governo che stravolgerebbe gli equilibri climatici, e non solo, della baia della città. Le loro richieste di tenere un referendum su una questione che tocca da vicino le vite di circa 200 mila abitanti, non sono state prese in considerazione dalle autorità.
Il progetto che tuttora è in atto prevede infatti la costruzione di una termocentrale (TEC) e di un terminal per prodotti petroliferi, per opera della compagnia italiana “
La Petrolifera Italo-Rumena”. Inizialmente esso era parte del cosiddetto “parco energetico”, un piano che riguardava l’oleodotto americano “Ambo” destinato a collegare Burgas a Valona, tanto voluto dal precedente governo socialista.
L’attuale premier albanese, Sali Berisha, che ai tempi era all’opposizione, si era detto contrario a questi progetti che avrebbero “distrutto il turismo della zona”. Dopo il suo ritorno al governo nel 2005 molti di questi piani cambiarono semplicemente località, spostandosi da Valona alla città confinante di Fier. Tutti, tranne il
TEC e i depositi di petrolio della compagnia italiana “La Petrolifera”.
Il referendum
Semplici cittadini, intellettuali e alcune delle maggiori Ong locali si sono così uniti dando vita all’Alleanza cittadina per la difesa della baia di Valona. Con l’unico scopo di tenere un referendum per poter dare la possibilità ai cittadini di dire la loro. Ma la Commissione elettorale centrale ha rifiutato la richiesta e i loro incontri con ambasciatori e alte cariche dello Stato - tra cui il Presidente della Repubblica, Bamir Topi - non hanno portato a nessun risultato.
Oltre a puntare il dito verso la politica albanese, in un comunicato stampa, l’Alleanza ha denunciato pubblicamente come “in questa campagna immorale - sia dal punto di vista politico che quello dei principi democratici - siano coinvolti anche rappresentanti stranieri come l’ambasciatore italiano D’Elia e la rappresentante della Banca mondiale in Albania, la signora Margaret”.
Proteste e arresti
Di fronte a questa indifferenza generale delle autorità locali e centrali sul loro destino, i cittadini di Valona hanno appoggiato le proteste pacifiche in piazza guidate dall’Alleanza di fine marzo-inizio aprile. Vista l’attenzione crescente dei media, la polizia di Valona ha deciso di intervenire la sera del 31 marzo scorso arrestando 6 persone, tra studenti e dirigenti dell’Alleanza, accusandoli di aver “bloccato la circolazione dei veicoli in strada e organizzato manifestazioni illegali”.
La notizia fa il giro dei media e il 2 aprile parte da Tirana una delegazione di giornalisti, attivisti dei diritti umani, intellettuali e avvocati per parlare con i dirigenti locali di procura e polizia. Tra loro, solo uno aveva il permesso speciale del ministero degli Interni di parlare con i detenuti. Questi sono i suoi appunti citati dalla stampa albanese: “Uno dei detenuti, Vasil Sholla, aveva un segno molto visibile sull’occhio sinistro. Ha detto che era stato colpito dai poliziotti e per questo era svenuto. I detenuti mi hanno raccontato che dopo essere stati fermati dalla polizia sono stati messi in una stanza dove il pavimento era completamente coperto di urina. Dopo, sono stati trasferiti in un altro locale fatto da un bagno, una stanza dove dormivano tutti insieme e altre due stanze vuote completamente buie. I detenuti dormivano per terra, su alcune coperte molto sottili. Erano traumatizzati e avevano molto freddo. Mancavano i requisiti minimi di igiene: non c’era acqua calda per fare la doccia, nel bagno, dal quale proveniva un forte fetore, si trovava un solo WC, un lavandino e un contenitore d’acqua".
La polizia ha accompagnato i sei detenuti davanti al giudice dopo 85 ore dal loro fermo, violando così la legge albanese. Due di loro sono stati ritenuti “pericolosi” dalla Corte di Valona che ha optato per la custodia cautelare. Viste anche le proteste delle firme più prestigiose del giornalismo albanese, i due sono stati rilasciati in un secondo momento.
La testimonianza
Uno di questi detenuti, Eneid Hamzaj, uno dei leader dell'Alleanza, ha raccontato ad Osservatorio sui Balcani (OB) la sua esperienza in cella: “c’erano in tutto tre stanze, un bagno e un corridoio in mezzo. Spesso i poliziotti si vantavano di aver rinchiuso anche 23 persone in una stanza. Eravamo costretti a dormire a turno, vista la mancanza di spazio. Di condizioni igieniche, poi, non si può nemmeno parlare”.
“Personalmente non sono stato maltrattato fisicamente - dice Hamzaj all’OB - Ma sono stato sottoposto ad una forte pressione psicologica, da parte del capo della polizia e da altri poliziotti in borghese, al momento del fermo”.
Hamzaj elenca anche una serie di diritti che gli sono stati negati durante il fermo: “Non mi è stata data la possibilità di avvisare la famiglia o l’avvocato. Vengo accusato di essere stato colto in flagrante ma in realtà sono stato arrestato 3-4 ore dopo i fatti. Siamo stati portati davanti alla corte 85 ore dopo l’arresto, quando la Costituzione (Articolo 28) dice chiaramente che questo doveva avvenire entro 48 ore, altrimenti dovevamo essere rilasciati.”
Andrea Stefani, noto analista della stampa di Tirana, ha accusato direttamente le sfere politiche dell'arresto dei sei attivisti: “Ho dei dubbi - ha detto Stefani - che penso di condividere anche con altri: in modo indiretto e nascosto, tramite la procura e gli organi di giustizia, è la politica a muovere i fili della vicenda, e la sua mano invisibile è ingiusta”.
La Petrolifera padrona della città
“Gli automezzi pesanti di questa compagnia circolano al di fuori di ogni condizione tecnica, carichi di sassi massicci e senza protezione laterale. Per di più, circolano al di fuori di ogni orario stabilito dal Comune di Valona e in una delle strade principali della città. Tutto questo avviene davanti agli occhi della Polizia di Stato”, dice Hamzaj.
A confermare questa situazione è anche un’altra cittadina di Valona: “Ogni tre minuti passa un camion a grande velocità proprio davanti a casa mia, che si trova su una strada principale che collega la zona di costruzione con quella di ‘Kanina’, dove questi camion vengono caricati. Per di più, circa 15 giorni fa il sindaco ha deciso di vietare il passaggio di questi camion su questa strada, ma questa ordinanza non viene rispettata”, ha detto Erviola Selenica all’Osservatorio sui Balcani. Alla nostra domanda se “La Petrolifera” abbia mai interpellato gli abitanti della zona vicino al sito di costruzione, risponde: “Non credo che si preoccupino tanto della gente che ci vive intorno”.
Alcuni tentativi da parte de “La Petrolifera” di dialogare con i cittadini di Valona, in realtà ci sono stati. Ma come spiega Eneid Hamzaj, “ogni incontro pubblico con 'La Petrolifera', nelle condizioni in cui essa ha occupato una parte del territorio cittadino mettendo in pericolo la vita della gente, è stato rifiutato e boicottato dall’opinione pubblica”.
TEC Scriptum
Mentre questo articolo era in cantiere, la stampa albanese ha dato notizia di un accordo tra la compagnia pubblica greca PPC e il gigante energetico tedesco RWE, che prevede la costruzione in territorio albanese di un una termocentrale molto potente, da 500 a 800 MW. Ossia 5-8 volte più potente di quella che si sta costruendo a Valona.
Secondo sia la stampa albanese che quella greca, le due compagnie hanno scelto il territorio albanese in seguito alle forti proteste dei cittadini greci della città dove inizialmente era stata prevista la costruzione. In un primo momento le autorità albanesi hanno detto di non sapere niente riguardo all'accordo, per confermare solo in seguito.
Il ministro di Tirana per l’Economia e l’Energia, Genc Ruli, ha dichiarato che fino ad ora “le autorità albanesi sono venute a sapere solo di una proposta sulla costruzione di una TEC in Albania. Ma solo questo”. Secondo Ruli, il governo albanese deciderà soltanto dopo aver ricevuto una proposta dettagliata.
Nel frattempo, i media di Atene hanno specificato che l’energia prodotta da questa TEC andrà quasi interamente a soddisfare i bisogni dello Stato ellenico e soltanto una piccola parte rifornirà il mercato albanese.