Chişinău, parlamento
Vladimir Voronin non può candidarsi per il terzo mandato alla presidenza della Moldavia. E allora spunta il nome dell'attuale premier Zinaida Greceanîi, per molti commentatori candidato debole. Intanto Voronin è stato eletto Presidente del Parlamento, è da lì che si ritiene tirerà i fili del potere
Mercoledì 20 maggio nel parlamento moldavo si sono svolte, dieci giorni dopo il suo insediamento, le votazioni per eleggere il presidente della Repubblica. Il candidato del Partito dei comunisti, l'attuale primo ministro Zinaida Greceanîi, ha ottenuto 60 voti, mancando per un solo voto il quorum necessario per essere eletta, a causa della linea dura dell’opposizione, che ha boicottato la votazione. Il candidato uscente, Vladimir Voronin, non poteva ricandidarsi per un terzo mandato.
In gioco non c'è soltanto l’elezione del nuovo presidente, ma anche l’ipotesi di rinnovate elezioni parlamentari, che si renderebbero necessarie in caso non si riesca ad eleggere il nuovo capo dello Stato con la prossima votazione, già messa in calendario per il 28 maggio.
Intanto, il 12 maggio, si è chiarito il futuro politico dell'ex Presidente, leader del Partito dei comunisti. Voronin è stato infatti eletto presidente del parlamento di Chişinău. Il questo modo sono state messe a tacere le voci che parlavano di un suo impegno come semplice deputato, posizione che avrebbe conseguentemente portato a profonde trasformazioni nel sistema di potere del partito comunista.
Stessa faccia, diversa poltrona
Negli ultimi otto anni in qualità di presidente della Moldavia, Vladimir Voronin ha trasformato di fatto questa istituzione nell’unico centro decisionale del paese. Sebbene la costituzione chiarisca i meccanismi elettorali del presidente da parte del Parlamento e attribuisca ampie competenze al corpo legislativo ed al governo, Voronin, avvantaggiandosi della sua posizione di leader del partito comunista, ha governato la repubblica secondo la sua volontà, con il consenso assoluto del parlamento.
Dopo le elezioni parlamentari del 5 aprile erano state fatte varie ipotesi sul suo futuro politico, e qualcuno si è spinto anche ad ipotizzare un suo pensionamento. Il partito comunista ha invece scelto di mettere in atto la stessa procedura praticata da Vladimir Putin per rimanere saldamente nella stanza dei bottoni. L’elezione di Voronin a presidente del parlamento indica chiaramente che il leader comunista non intende cedere il suo potere, sottolineando, in questo modo, che il vero centro decisionale passerà nei prossimi quattro anni dal palazzo presidenziale al parlamento.
Il boicottaggio dell'opposizione
L’opposizione ha deciso di boicottare tutte le votazioni tenutesi sino ad ora in Parlamento, ma i comunisti hanno i voti sufficienti per eleggere gli organi decisionali del parlamento appena entrato in carica. L’opposizione si è poi rifiutata di nominare un suo candidato come vicepresidente del parlamento, così come i presidenti delle commissioni loro assegnate dai comunisti.
I partiti di opposizione rifiutano di riconoscere i risultati delle elezioni parlamentari, e sostengono che sono necessarie nuove elezioni, che diventano automatiche nel caso in cui non venga raggiunto il consenso necessario ad eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Nel frattempo, però, i deputati dell'opposizione hanno accettato il loro mandato e facendo ciò, secondo molti osservatori, si sono assicurati il loro seggio nel caso in cui non dovessero esserci elezioni anticipate.
Le elezioni del presidente e il “golden vote”
Con l’elezione della leadership parlamentare, molti osservatori politici indipendenti hanno dichiarato che, date le circostanze, il prossimo presidente della Repubblica sarà una figura di secondo piano e senza un'agenda politica personale. La Greceanîi sembra corrispondere a queste caratteristiche. E' considerata un candidato debole, a causa della sua forte dipendenza politica da Voronin, emersa durante il suo mandato come primo ministro.
Per eleggere il presidente c'è bisogno di 61 preferenze (su 101 deputati), e quindi uno in più di quelli a disposizione dei comunisti. Il voto “mancante” è già stato definito dai mass-media il “voto d’oro”. Allo stato attuale è evidente che i comunisti non sono ancora riusciti a portare dalla propria parte alcun deputato dell'opposizione. Gli stessi leader dei partiti di opposizione hanno ribadito che non intendono partecipare alle elezioni per il presidente.
Alla fine, la crisi
Mentre l’economia mondiale già era in sofferenza a causa della crisi globale, prima delle elezioni di aprile il governo di Chişinău ha sistematicamente rifiutato di riconoscere che l'economia moldava ne fosse coinvolta. Questo atteggiamento è cambiato subito dopo le elezioni e la prima cosa fatta dal governo è stata tagliare del 20% gli stanziamenti per le regioni.
Vladimir Voronin, in una conferenza stampa tenuta il 14 maggio, ha poi proposto di istituire una tassa sul reddito personale del 15 percento invece di quella progressiva oggi in vigore, con scaglioni che vanno dal 7 al 18 percento, e di aumentare l’iva dal 20 al 22 percento.
Negli ultimi mesi il governo ha registrato una seria diminuzione nelle entrate fiscali e con queste misure sta tentando di rimpinguare il bilancio dello stato, anche se gli osservatori economici le considerano tarde ed inadeguate poiché non efficaci nello stimolare l’economia.
Appare evidente che l’economia moldava stia lottando per la sopravvivenza, ma, d’altra parte, l’instabilità politica non consente alle autorità di dedicare tutte le proprie energie per affrontarne i numerosi problemi.
A causa della crisi, il partito comunista sta facendo pressioni sull'opposizione, sottolineando proprio la cattiva situazione economica, per evitare nuove elezioni parlamentari.
Come detto, grazie ad una campagna di propaganda ben orchestrata, volta a negare la realtà, per molti in Moldavia le notizie sulla crisi potrebbero arrivare come un vero shock. Nel caso di nuove elezioni, quindi, molti voti potrebbero confluire contro i comunisti, ormai incapaci di nascondere l'aggravarsi della situazione. Non si può però escludere che anche l’opposizione potrebbe essere penalizzata dalle accuse di voler prolungare l’instabilità politica in un momento delicato, cosa che inevitabilmente contribuirebbe ad aggravare la crisi.