Kossovo al buio
13.08.2002
Continuano i razionamenti di energia elettrica in Kossovo. Ed emergono nuovi dettagli sulla sparizione di 5,4 milioni di dollari destinati all’acquisto di energia elettrica. Sotto accusa un funzionario UE e dirigenti della Kek.
In Kossovo rientra oramai nella norma vivere con l’energia elettrica razionata. Ed inoltre, in questi anni, non si è mai riusciti a chiarire perché questo accada. Nel gennaio di quest’anno ad esempio, davanti alla montante protesta dei cittadini, la KEK, Compagnia Elettrica del Kossovo, non aveva dato una risposta convincente sui motivi alla base dei continui black out ma aveva assicurato che la situazione si sarebbe normalizzata entro la primavera. Cosa che poi non è avvenuta ed anzi, in aprile è trapelata la notizia, diramata da un portavoce ufficiale della missione dell’Unione Europea in Kossovo, secondo la quale alcuni responsabili della KEK, con l’aiuto di un operatore della comunità internazionale, avevano trafugato 5,4 milioni di dollari destinati all’acquisto di energia elettrica. La notizia è poi finita nel dimenticatoio, e nell’ultimo mese, i media locali hanno continuato ad insistere che il continuo e sempre più duro razionamento è legato ad un danno subito dalla centrale elettrica a causa di un fulmine. “Solo ieri alla radio locale hanno parlato per la prima volta di debiti da pagare” ha raccontato Mauro Barisone dell’ufficio di Pec/Peja del Tavolo Trentino per il Kossovo, “e che quindi il razionamento potrebbe continuare fino alle porte dell’inverno”.
Una conferma dei fondi trafugati è arrivata in effetti solo un mese fa da una dichiarazione di Andy Bearpark - capo dell’ufficio dell’Unione Europea in Kossovo - riportata da BBC news Service. Secondo quest’ultimo risulta il ritrovamento dei fondi trafugati su di un conto corrente a Gibilterra. Bearpack ha sottolineato che il conto è stato immediatamente bloccato dalla Corte Suprema locale e che i fondi rientreranno a breve in Kossovo, mentre non chiarisce nulla sull’andamento delle indagini che coinvolgerebbero anche un operatore della stessa missione Europea di stanza in Kossovo.
Nel frattempo però il duro razionamento continua. A Pec/Peja durante il giorno l’energia elettrica viene erogata solo 2 ore ogni 5, mentre a Pristina, come ci ha confermato Tatiana Sullini – responsabile regionale dell’IOM per il trafficking – “in alcune zone è addirittura di 2 ore ogni 8. Questo significa che tutte le organizzazioni riescono a funzionare solo con l’uso dei generatori, anche il nostro ufficio centrale”. Ma l’uso del generatore costa e quindi ben pochi se lo possono permettere, per cui “molti locali pubblici, se erano già in crisi prima per l’emorragia di presenza internazionale dell’ultimo anno, ora si trovano a chiudere i battenti anche a causa della mancanza di luce” ha concluso Barisone.