In una Romania fortemente scossa dalla crisi economica è aspra la battaglia per le presidenziali del 22 novembre. I sondaggi rivelano un calo di interesse dell'opinione pubblica per le elezioni. Basescu resta il favorito ma tutto si deciderà al ballottaggio del 6 dicembre
A vent'anni dalla caduta del regime comunista la Romania è stata travolta da una campagna elettorale molto dura, dominata da toni accesi che rasentano le ingiurie piuttosto che da proposte che i 12 candidati alle presidenziali avrebbero dovuto proporre per affrontare la grave crisi economica che sta attraversando la Romania.
I romeni hanno invece udito soprattutto attacchi personali tra i principali candidati e hanno avuto un governo ad interim che da ottobre è stato sfiduciato dal parlamento e quindi non in grado di proporre politiche forti contro la crisi.
Il presidente Traian Basescu ha continuato a giocare il suo poker politico rifiutando le proposte dell'opposizione per la nomina di un nuovo primo ministro. Il presidente ha optato per Lucian Croitoru, un consigliere del governatore della Banca Nazionale Romena, poi respinto dal parlamento. Infine si è ripiegato su Liviu Negoita, il sindaco del settore tre della capitale, una controproposta di Basescu all'insistenza della maggioranza (formata in quest'ultimo periodo dai social democratici, liberali e la minoranza magiara dell'UDMR) per Klaus Johannis, appartenente alla minoranza tedesca, sindaco di
Sibiu e principale artefice dell'esemplare sviluppo degli ultimi anni della città medioevale.
Nelle accese diatribe tra il presidente e nei fatti tutti i partiti romeni tranne il Partito Democratico Liberale, da lui stesso guidato nell'ombra, la Romania ha perso per strada per il momento anche i finanziamenti promessi dalle istituzioni finanziarie internazionali per uscire dalla crisi. Stanchi dei giochetti politici di Bucarest, gli esperti del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale e dell'Unione europea hanno lasciato la capitale romena, annunciando che torneranno quando le acque si saranno calmate e il paese avrà un governo con l'appoggio del Parlamento.
Purtroppo è una prospettiva che sembra ancora lontana. Mentre nominava alla carica di premier Liviu Negoita, pur sapendo che non avrebbe mai ottenuto la maggioranza in Parlamento, e mentre annunciava che gli esperti del FMI se ne erano andati, il presidente Basescu ha però rassicurato i romeni sul fatto che salari e pensioni verranno comunque pagati. Ad un prezzo caro, ovviamente. Il governo dovrà infatti indebitarsi con le banche private. Secondo gli analisti la popolazione pagherà in più 100 milioni di euro, la differenza del tasso d'interesse proposto dalle istituzioni finanziarie internazionali e quello di mercato. Intanto è prevista entro la fine dell'anno una diminuzione degli stipendi del 30% e per l'anno prossimo si parla di licenziamenti massicci.
Nonostante il quadro dipinto spesso come apocalittico dalla stampa, i romeni dovranno trovare la forza di sperare in un futuro migliore e recarsi alle urne il 22 novembre prossimo. La Romania è un paese semipresidenziale e si voterà appunto per la sua presidenza, la carica più alta dello Stato. Chi verrà eletto guiderà il paese nei prossimi 5 anni. Tutto verosimilmente verrà però deciso il 6 dicembre prossimo, data fissata per il ballottaggio.
Secondo un sondaggio della CCSB (Compagnia di Ricerca Sociologica e Branding) eseguito tra il 29 ottobre e il 3 novembre, l'affluenza alle urne sarà del 49%, in diminuzione di circa 2 punti percentuali rispetto ad un sondaggio precedente.
Anche l'interesse dei romeni per le elezioni presidenziali sembra essere scemato nell'ultimo periodo: se nel sondaggio precedente il 66% degli intervistati dichiarava di essere interessato alle elezioni, ora lo afferma solo il 65%. Alla domanda se la Romania sta percorrendo una direzione giusta di sviluppo il 65% risponde che il paese sta andando in una direzione sbagliata, il 19% giusta mentre il 17% dichiara di non saperlo o non risponde.
Secondo lo stesso sondaggio Traian Basescu - l'attuale presidente, ex capitano di marina mercantile e appoggiato dal Partito democratico che ha fatto la sua fortuna con un eloquio particolarmente diretto e la denuncia della corruzione dilagante nel paese - otterrebbe 34% dei voti, Mircea Geoana - presidente del partito social-democratico, diplomatico, ex ambasciatore romeno negli USA – il 30%, Crin Antonescu - presidente del partito liberale, professore di storia – il 18%, Sorin Oprescu - candidato indipendente, medico chirurgo nonché sindaco della capitale – il 14%, Corneliu Vadim Tudor - europarlamentare e presidente del Partito estremista nazionalista Romania Grande – il 3%.
Alla luce di questo sondaggio Traian Basescu andrebbe al ballottaggio ma molto probabilmente poi perderebbe. Ma in realtà nulla va dato per scontato, soprattutto nel caso si arrivi ad un ballottaggio tra l'arancione Traian Basescu e il rosso Mircea Geoana. Non è chiaro di che colore sarà dipinta la Romania in seguito a queste sofferte elezioni ma è prevedibile che nel caso vincesse Traian Basescu la maggioranza attuale non collaborerebbe con lui e si andrebbe ad elezioni anticipate.
D'altronde negli ultimi cinque anni Traian Basescu non è mai riuscito ad avere un rapporto equilibrato con il governo e neppure con il parlamento, che è persino arrivato a sospenderlo dalla carica sino a quando un referendum l'ha riconfermato presidente.
Del resto non avrà nemmeno vita facile se vincesse il socialdemocratico Mircea Geoana davanti ad una profonda crisi economica e con partiti politici dominati da interessi spesso personali. Nel caso invece arrivasse al ballottaggio e vincesse Crin Antonescu si materializzerebbe una vera e propria sorpresa. Sul quotidiano Evenimentuil Zilei lo scrittore Mircea Cartarescu scriveva nei giorni scorsi riferendosi al candidato Basescu e ai candidati della maggioranza: "L'ho detto anche altre volte: dobbiamo scegliere tra un populismo paternalista e centrista e un mosaico di cartelli politico-economico-mediatici centrifughi, egoisti e insensibili al bene nazionale”. Cartarescu poi aggiungeva: "Un Basescu vincitore accentuerà i suoi riflessi autoritari, consoliderà il proprio partito, riprenderà la guerra personale con gli oligarchi “, una guerra che può fare più male al paese che agli oligarchi, considera il noto scrittore.
Domenica prossima i romeni dovranno votare per il Presidente della Repubblica. Saranno inoltre chiamati a rispondere al referendum che propone l'istituzione di un parlamento unicamerale e la diminuzione del numero dei parlamentari del 30% circa. Sul referendum, voluto da Basescu, c'è stata molta polemica. Secondo alcuni politici se passasse si tratterebbe di un primo passo verso la dittatura. Basescu ha avuto gioco facile nel difendersi ricordando che nell'Unione Europea 15 stati hanno parlamento unicamerale e altri 12 parlamento bicamerale e in tutti e due casi si tratta di soluzioni democratiche. Eppure alcuni rappresentanti della società civile - tra cui anche il presidente dell'Associazione Pro democrazia, Cristian Parvulescu - hanno agito legalmente contro il decreto presidenziale sul referendum, considerando che non è legittimo che un candidato usi un tale strumento per crearsi vantaggi rispetto agli altri.
Domenica 18 milioni di elettori romeni sono chiamati alle urne in un paese dove le lotte politiche hanno superato ogni fantasia, la crisi economica è sempre più dura e dove a vent'anni dalla caduta del comunismo gran parte dei romeni si scopre nostalgica: secondo un sondaggio CURS il 64% degli intervistati ritiene che il sistema comunista è stato una buona idea, messa in pratica male.