Nessuno ne parla anche se tutti lo pensano. Il Kossovo è all’impasse, al paradosso istituzionale. L’USIP, centro di ricerca statunitense, propone due documenti per iniziare a parlare finalmente del suo status finale.
USIP - Mappa del Kossovo
Serbi, albanesi e rappresentanti della comunità internazionale seduti attorno ad un tavolo per definire lo status finale del Kossovo. Non è la realtà ma una simulazione realizzata da un centro di ricerca americano, l’USIP (United States Institute of Peace). Quest’ultimo ha riunito rappresentanti dello State Department, dell’Unione europea, comandi militari, membri della CIA con esperienza nei Balcani, consiglieri politici presso ambasciate nei Balcani, membri di ONG internazionali, professori universitari ed ex funzionari dell’ UNMIK; ha consegnato loro documenti preliminari e ruoli ed ha simulato le negoziazioni che, prima o poi, si sarà obbligati ad iniziare per definire il futuro istituzionale del Kossovo che oscilla tutt’ora tra la sua situazione formale, una provincia autonoma all’interno della Federazione Jugoslava e quella di fatto, un’area del tutto autonoma dalle autorità di Belgrado ed amministrata dalla comunità internazionale e, in minima parte, dalla locale comunità albanese.
L’UISP ha da poco pubblicato i risultati di questo complesso gioco di ruolo. Pur con la necessaria semplificazione, che in alcuni punti ed in alcune conclusioni rischia di portare ad una banalizzazione delle considerazioni, emergono alcuni spunti interessanti. Soprattutto se letti alla luce di un precedente documento pubblicato dall’UISP titolato “Kosovo Final Status. Options and Cross-Border Requirements”.
Il centro di ricerca americano ha promosso quest’iniziativa perché ritiene che occorra, almeno informalmenete, iniziare a parlare dello status finale del Kossovo. E la simulazione riesce a toccare tutte le questioni fondamentali ed irrisolte del Kossovo dei giorni nostri, ed è inoltre interessante leggerne i risultati consapevoli che è uno sforzo intellettuale nato in un contesto ben preciso e per dare spunti utili alla diplomazia statunitense per la definizione della propria azione politica in in quest'area dei Balcani. In alcuni punti emerge chiaro l’approccio statunitense: i ruoli delle delegazioni serba ed albanese erano infatti rappresentati da diplomatici, funzionari, rappresentanti di ONG statunitensi. E quindi gli elementi emersi non erano tanto “come le due delegazioni si comporterebbero se … “ ma quanto “come secondo il punto di vista occidentale ed in particolare statunitense le due delegazioni si comporterebbero se ….”.
In calce al presente articolo rimandiamo al testo integrale sulla simulazione. Qui di seguito ci riserviamo di indicare in modo molto sintetico alcune delle questioni emerse. L aprima riguarda le divisioni interne all’UE e mancanza di iniziativa politica della stessa. I rappresentanti dell’Unione europea hanno ottenuto un solo successo quando la delegazione serba non ha rifiutato una possibile indipendenza del Kossovo in cambio di una promessa di aiuti a sostegno dell’economia serba ed alla delineazione di un percorso certo verso l’integrazione nell’UE. A fronte di una debolezza europea è emerso invece il ruolo chiave giocato dagli USA, sia rispetto alla controparte albanese che rispetto alle forti pressioni esercitabili su Belgrado. E’ emersa inoltre la consapevolezza che a prescindere dallo status finale la presenza internazionale sia civile che militare sia ancora necessaria per molto tempo.
Ma, come del resto ci si poteva aspettare, anche in queste negoziazioni virtuali non si è riusciti ad arrivare ad una soluzione possibile.
E se è difficile trovarla in un mondo virtuale, fatto di funzionari, esperti e studiosi occidentali, la realtà risulta essere ancora più complessa. Attualmente sembra che né la Comunità Internazionale - che si percepisce troppo divisa e si rende conto di essersi incamminata, entrando in Kossovo, lungo una strada la cui difficoltà di percorrenza non era allora, come non lo è adesso, stata chiarita - sia i gruppi attualmente al potere a Belgrado e Pristina, non sembrano avere alcuna intenzione di porre seriamente all’ordine del giorno la questione sullo status finale del Kossovo.
“I tempi non sono ancora maturi, si rischia di far riemergere il conflitto” è il commento di molti funzionari internazionali. Come se la questione dello status finale del Kossovo fosse marginale. Lo hanno sottolineato anche i ricercatori dell’USIP: “Già ora a Pristina la questione dello status finale resta poco sotto la superficie ed emerge attraverso dei surrogati. Il recente voto dell’Assemblea del Kossovo contro l’accordo jugoslavo-macedone sui confini tra Kossovo e Macedonia può essere ben definito come un indicatore della volontà pro-indipendenza degli albanesi … ma la questione dello status sta già bloccando privatizzazioni, rallenta lo sviluppo economico. Come sarà capace il Kossovo di occuparsi di controllo dei confini, cittadinanza, trafficking, cooperazione regionale o crimine organizzato senza che sia risolta la questione dello status?”. Ed aggiungiamo noi: come è possibile pensare ad un effettivo e sostenibile ritorno delle minoranze senza che questi gruppi, e le comunità che li accolgono, sappiano in che contesto istituzionale avviene questo rientro?
Ci si trova in una vera e propria impasse: alla comunità albanese è stata prospettata l’indipendenza ma poi, con la caduta di Milosevic, ci si è tirati indietro cercando di non affrontare più la questione. L’indipendenza del Kossovo potrebbe infatti rappresentare sul piano internazionale un precedente molto pericoloso. Certo nessun appoggio ed anzi aperta opposizione rispetto a questa opzione verrebbe da due dei cinque membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: Russia e Cina. La prima con in mente la Cecenia, la seconda il Tibet.
Una decisione sullo status finale non può che passare attraverso un accordo tra Pristina e Belgrado, ribadiscono con fermezza i ricercatori dell’USIP, che eliminano subito alcune opzioni perché irrealistiche. Quella ad esempio dell’indipendenza immediata o del ritorno in Kossovo delle autorità di Belgrado, anche se democratiche.
Nello studio dell’USIP si individua ed analizza invece uno spettro di possibilità, anche molto ampio. Ad un’estremità la futura indipendenza del Kossovo condizionata ad un’effettiva capacità di autogoverno e di rispetto dello stato di diritto e di standard accettabili di rispetto dei diritti umani. All’altra estremità la continuazione di un protettorato internazionale , magari con lo scambio di testimone tra UNMIK ed Unione europea.
Tra le opzioni individuate:
1. Il Kossovo rimane un protettorato per un tempo indefinito;
2. Canonizzazione/decentralizzazione (autogoverno delle enclaves serbe);
3. Federazione morbida (sovranità nominale a Belgrado, Kossovo di fatto indipendente);
4. Commonwealth (sovranità nominale a Belgrado, Kossovo di fatto indipendente con una propria rappresentanza presso l’ONU);
5. Decisione presa in una data precisata da un comitato internazionale indipendente;
6. Indipendenza condizionata;
7. Indipendenza ad una data certa;
8. Indipendenza e divisione (le municipalità del nord verrebbero annesse alla Serbia).
Ciascuna delle opzioni viene analizzata e discussa sulla base di cinque criteri di valutazione: implicazioni per la sicurezza regionale; legittimità presso le comunità locali; fattibilità rispetto agli interessi dei maggiori attori internazionali coinvolti; implicazioni sui processi democratici, sul ritorno dei rifugiati e sfollati, sul rispetto dei diritti umani; implicazioni sulla presenza militare e civile internazionale.
Anche in questo caso non emergono risposte anche se il documento ha il merito di iniziare a promuovere il dibattito su di una questione tanto cruciale per il futuro dell’intera regione.
Kosovo Final Status: Options and Cross-Border Requirements
Simulating Kosovo: Lessons for Final Status Negotiations