Tra mille polemiche, rifiuti di partecipare alle elezioni e scontri tra le diverse fazioni politiche in campo, tra un mese circa il Kosovo affronterà la prima tornata elettorale parlamentare del dopo guerra. Le elezioni sono state fissate per il 17 di novembre e da queste verrà eletto un parlamento con 120 rappresentanti, dei quali, dieci spetteranno di diritto alla minoranza serba ed altri dieci alle altre minoranze che compongono la regione. Per i 120 posti nel futuro parlamento si calcolano 26 tra partiti, associazioni e coalizioni>. Il futuro del Kosovo rimane comunque nelle mani dell'amministrazione internazionale e nella fattispecie nelle mani di Hans Haekkerup.
I serbi kosovari alle elezioni
Una massiccia campagna di informazione riguardante la registrazione dei cittadini di nazionalità serba era iniziata questa estate, dopo che i politici di Belgrado si sono accordati con i rappresentati della comunità internazionale. Numerosi ed enormi cartelloni pubblicitari comparivano nelle vie di Belgrado, così come sull'intera facciata delle pagine centrali dei quotidiani. Una cartina del Kosovo ed in sovrimpressione una mano con l'indice puntato, in alto una scritta riportava: "pokazi sta je tvoj, da vidimo koliko nas ima" (mostra ciò che è tuo, per dimostrare quanti siamo).
Cosicché la registrazione dei serbi del Kosovo, dopo le incertezze iniziali e dopo gli inviti di Kostunica e la stessa registrazione del Patriarca Pavle, ha richiamato un largo numero di cittadini. In totale si parla di 178.296 serbi ufficialmente registrati (dato pubblicato dal quotidiano Danas, 6-7 ottobre 2001) riuniti nell'unica coalizione di partiti serbi dell'Iniziativa civile "Povratak" (il ritorno), che ancora non ha fornito la lista dei candidati (il termine di presentazione è stato prorogato al 25 ottobre). Secondo quanto affermato da Nebojsa Covic, presidente del Centro di coordinamento per il Kosovo e Metohija, "È stato dimostrato che i serbi presenti in Kosovo sono circa il 15% della popolazione e non il 3,5% come qualcuno voleva insinuare, ma addirittura se si fossero registrati tutti quanti i serbi presenti - aggiunge Covic - si sarebbe raggiunto almeno il 18,5% della popolazione complessiva" (Danas, 8-10-2001).
Tuttavia la partecipazione della componente serba alle prossime elezioni è ancora oggetto di dibattito. La seduta della presidenza della DOS fissata per martedì 16 ottobre è stata fatta slittare al martedì successivo (cfr. Beta, B92, 16-10-2001), pertanto l'effettiva partecipazione alle elezioni da parte della componente serba, rimane per il momento in sospeso. Le indecisioni legate alla partecipazione alle urne sono un tasto ancora delicato che divide i partiti politici sia in Serbia che in Kosovo. Esiste infatti una corrente dei serbi kosovari, guidata da Rada Trajkovic, rappresentate del Kosovo centrale e vice presidentessa del Partito Democristiano, che propende per un dialogo aperto con l'amministrazione internazionale e con gli albanesi. Mentre esiste una corrente, guidata da Marko Jaksic, rappresentate del Kosovo settentrionale (Kosovska Mitrovica) e vice presidente del DSS (partito di Kostunica), che è più incline a non presentarsi alle elezioni del prossimo novembre, con la motivazione che andando alle elezioni si legittimerebbe il potere degli albanesi e si perderebbe definitivamente il Kosovo, anche se la risoluzione 1244 dell'ONU di fatto non prevede l'indipendenza della regione.
In un interessante dibattito tra i due pubblicato dal settimanale Danas Vikend (6-7 ottobre 2001) si leggono bene i differenti punti di vista. Da un alto, la Trajkovic teme che la non presenza alle urne possa di fatto comportare la separazione del Kosovo, abbandonando quindi le enclavi serbe del Kosovo centrale al proprio destino, ossia sganciate dal nord della regione, e lasciate senza rappresentanza in parlamento perché appunto non riconosciuto. Dall'altro, il non riconoscimento del prossimo assetto politico-parlamentare del Kosovo è sostenuto da Jaksic, che preferirebbe non presentarsi alle elezioni per non, come più volte ha affermato, consegnare il paese agli albanesi. Perché di fatto ci sarà un presidente albanese e l'esecutivo sarà formato da una maggioranza o quasi di albanesi.
Ma aldilà di queste ultime sottolineature che hanno il netto sapore del nazionalismo, l'effettività del non riconoscimento del nuovo parlamento potrebbe veramente condurre, e non solo in termini politici, alla spaccatura del paese in due entità: l'una con un parlamento dove i serbi non sono rappresentati e dove ciononostante vi abitano, e l'altra che farebbe capo al governo centrale, o forse sarebbe meglio dire della Serbia.
L'ipotesi delle due entità è stata sostenuta recentemente proprio da Marko Jaksic, il quale considera che i serbi del Kosovo settentrionale hanno un proprio piano che abbraccia l'ipotesi delle due entità al posto di una ipotetica cantonalizzazione. Quest'ultima è stata invece avanzata da Momcilo Trajkovic, presidente del Comitato federale per il Kosovo e leader del Movimento di resistenza serbo (SPOT). In un documento dove si presenta la cantonalizzazione della regione, e che è stato presentato alla presidenza della DOS, si specifica che il Kosovo potrebbe essere diviso in cinque regioni, ovvero: centrale, settentrionale, la regione della Morava, della Sar Planina e della Metohija. Secondo Trajkovic questo programma non è per nulla un'artificiale multietnicità, né un parallelismo, ma bensì la coesistenza e la possibilità offerta alla comunità internazionale, così come ai serbi del Kosovo e agli albanesi e allo stato, per fermare le persecuzioni dei serbi e della popolazione non albanese (Danas Vikend, 6-7 ottobre 2001).
Cosa dice la comunità internazionale
Quest'ultima nelle espressioni di alcuni dei suoi rappresentati, quali Owen Masters, capo della missione osservatrice del Consiglio europeo per le elezioni in Kosovo, oppure l'ambasciatore americano in FRJ, William Montgomery, continua a rassicurare i vari partiti politici che il Kosovo rimarrà parte della Federazione di Jugoslavia così come sancito dalla risoluzione dell'ONU. In particolare l'ambasciatore americano durante un'intervista per il primo programma di Radio Beograd ha insistito sulla partecipazione dei serbi alle elezioni, dichiarando che "i serbi del Kosovo devono votare nel maggior numero possibile, in modo di assicurare ai propri rappresenti di avere ancora a disposizione tutte le possibilità politiche". Riguardo la situazione in Kosovo Montgomery ha ribadito che "gli estremisti di entrambe le parti impediscono completamente ogni sforzo nella creazione di una società multietnica, per questo credo che sia necessario moltiplicare gli sforzi per combattere gli estremismi". Montgomery ha infine aggiunto che i serbi "commetteranno un grosso errore se diranno che non voteranno a causa della mancanza di condizioni", necessarie alla loro presenza alle urne (Danas, 15-10-2001).
Anche il capo missione dell'unione Europea per le elezioni in Kosovo, Owen Masters, ha dichiarato in un'intervista al quotidiano Politika che i serbi non avranno nulla da perdere dalle elezioni, anzi avranno solo da guadagnare e che l'indipendenza voluta e sostenuta dai partiti albanesi fa solo parte di una propaganda preeletorale, dal momento che non avrebbero così tanti voti se non si dichiarassero per l'indipendenza del Kosovo, ma ciò è contrario alla risoluzione 1244. Masters dichiara di comprendere pienamente la difficile situazione dei serbi del Kosovo, "capisco la loro preoccupazione. Già dal luglio 1999 visito le comunità serbe del Kosovo e so in quali pericoli si imbattono. Benché riconosciamo che la loro vita non sia sicura, crediamo che sia molto importante la loro partecipazione alle elezioni e i luoghi delle elezioni saranno organizzati in modo che la loro partecipazione (o la loro votazione tramite posta) saranno completamente al sicuro. Ai serbi sono stati garantiti dieci posti nel futuro parlamento e in caso in cui tutti i 175.000 serbi registrati andranno alle elezioni, potranno ottenere altri quindici e forse altri venti posti in questo parlamento" (Politika, 15-10-2001).
I cittadini di altre nazionalità (ovvero non serbi e non albanesi)
Come è noto in Kosovo sono presenti altre minoranze che non sono né serbe né albanesi, si tratta in maggiornaza di Bosgnacchi, Turchi, Gorani, Rom e Askalija. I Bosgnacchi si sono dichiarati in due partititi, che sono rappresentati da Hilmija Kadic e Numan Balic, mentre in un solo partito si sono raggruppati i Turchi, i Rom e gli Askalija. Le differenze di vedute sono presenti anche in questi piccoli partiti. Infatti non dello stesso parere sono i due partiti bosgnacchi, l'"Azione democratica dei bosgnacchi del Kosovo", guidata da Numan Balic che propende per l'indipendenza della regione e il "Partito dei Bosgnacchi", di Hilmija Kadic, che invece è in disaccordo con la linea politica di Balic e l'indipendenza del Kosovo. Questo è infatti uno dei motivi per cui i bosgnacchi non si sono presentati insieme in un'unica coalizione. Il partito di Kadic insiste sul ritorno dei bosgnacchi che sono stati scacciati e sulla ricostruzione delle loro abitazioni. Kadic si impegna inoltre per una formazione scolastica esclusivamente nella lingua madre. Sebbene i turchi abbiano dichiarato il loro partito alle elezioni sotto il nome di "Partito democratico dei turchi kosovari", sembra che tuttavia siano propensi a boicottare le elezioni (cfr. Politika, 16-10-2001).
La struttura politica del Kosovo dopo il 17 novembre
Dopo il 17 novembre il Kosovo, come sancito dalla Cornice costituzionale per l'autogoverno provvisorio del Kosovo, avrà un parlamento, un presidente, un premier e nove ministeri. I nove ministeri saranno: il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero del commercio e dell'industria, della cultura, della gioventù e dello sport, il Ministero dell'educazione, della scienza e della tecnologia, il Ministero del lavoro e della protezione sociale, il Ministero della sanità, della difesa dell'ambiente e della pianificazione territoriale, il Ministero dei trasporti e delle comunicazioni, il Ministero degli affari pubblici, il Ministero dell'agricoltura, delle foreste e dello sviluppo rurale. Come si può notare da questo elenco, rimangono fuori da questi ministeri, ovvero rimangono di gestione dell'UNMIK, l'ordine e la legge, la politica estera e la difesa. Tuttora il Kosovo è amministrato dall'UNMIK e dal suo capo missione Hans Haekkerup, e fino al 3 ottobre, data di inizio della campagna preelettorale, esisteva il Consiglio di Transizione del Kosovo e il Consiglio di Amministrazione di cui facevano parte i rappresentanti serbi e albanesi. Ma questi organi voluti dalla comunità internazionale e dove vi partecipano i rappresentati delle varie comunità che compongono il Kosovo, non sembra che finora abbiano prodotto nulla di più di liti interne, utilizzando quindi le riunioni settimanali per esporre le personali frustrazioni (AIM, 9 -10-2001, la versione in italiano è disponibile sul sito di Notizie Est). Attualmente vi sono 20 dipartimenti che regolano le attività amministrative della regione, ma dopo le elezioni verranno ridotti ai soli nove ministeri summenzionati. Gli ufficiali della missione Onu in Kosovo hanno motivato questa riduzione dicendo che serve a razionalizzare i ministeri. Mentre le funzioni dei nuovi organi così come i loro limiti e le loro competenze sono stati decisi dal capo missione dell'ONU, Haekkerup, nell'ultimo Decreto.
Il vero vincitore delle elezioni: Hans Haekkerup
Come commenta, Rahman Pacarizi, per l'AIM di Pristina>, "non è difficile concludere che il vincitore delle elezioni sarà Hans Haekkerup, mentre i partiti che avranno il maggior numero di voti rimarranno in effetti 'partner' dell'ampia coalizione di governo, con Haekkerup che manterrà la chiave amministrativa: la difesa e l'ordine, la giustizia e la politica estera. Nelle sue competenze rimarranno anche la politica fiscale, la riscossione delle imposte e la nomina dei giudici e dei magistrati" (AIM, cit.).
In sostanza il capo della missione civile in Kosovo potrà: annullare qualsiasi decisione che non sia in accordo con i documenti approvati, risolvere la crisi parlamentare sciogliendo il parlamento, destituire il presidente del Kosovo o il suo premier. "Per fare un semplice confronto, - sottolinea il giornalista di AIM - l'autorità dell'amministratore del Kosovo può essere commisurata come minimo ai due terzi del parlamento del Kosovo che sono necessari per eleggere coloro che sono incaricati delle funzioni di cui sopra. Di conseguenza, l'amministrazione internazionale del Kosovo, con queste elezioni e con la creazione di organi centrali del potere, si spoglierà in una certa misura della responsabilità di alcune funzioni esecutive che non sono poi molto importanti per una decisione politica dei cittadini del Kosovo riguardo allo status finale di quest'ultimo" (AIM, cit.).
Da notare è inoltre che "nell'ambito delle strutture di governo funzioneranno anche alcune cosiddette agenzie esecutive, come l'Autorità per l'emissione di decreti nel campo della farmaceutica, l'Ufficio per la statistica, l'Ente del catasto, nonché tutta una serie di altre agenzie simili, che verranno create ex novo e saranno dirette da rappresentanti internazionali" (AIM, cit.).
Ci si renderà conto quindi che il Kosovo lungi dal godere di una situazione chiara e definita, rimane, come ben si evince dalle pressioni della comunità internazionale sui kosovari serbi, ma soprattutto dal potere effettivo nelle mani della stessa, un grande protettorato internazionale con la parvenza di un assetto parlamentare democratico sul quale è immaginabile che verranno scaricate le difficoltà concernenti la convivenza multietnica e l'implementazione di una pace che, ad oltre due anni dalla guerra umanitaria, ancora sembra un miraggio.
Vedi anche:
UNMIK
Notizie Est
ICS Italia
AIM Pristina