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La nuova battaglia per il Kossovo

13.02.2003   

Si è ritornati a scontrarsi sul Kossovo, per fortuna solo a parole. L’Assemblea kossovara tenta di lavorare ad una mozione che dichiari l’indipendenza della provincia, mentre il Premier serbo Djindjic scrive al Consiglio di sicurezza ONU.
Nazioni Unite - Una manifestazione in Kossovo
Negli ultimi mesi si è di nuovo acceso il dibattito sullo status finale del Kossovo e di conseguenza il confronto verbale tra autorità albanesi ed autorità serbe e di queste due con la comunità internazionale.
Tra quelli che sono decisamente scesi in campo per aprire la questione prima in parte assopita dal fatto che pochi, in primis i rappresentanti internazionali, hanno una chiara idea di come si possa uscire da quello che l’ambasciatore di Serbia e Montenegro a Roma, Miodrag Lekic non esita a definire un vero e proprio “rebus geopolitico”, anche il Premier serbo Zoran Djndjc.

Lo ha fatto in un’escalation di interventi iniziati con un’intervista al settimanale tedesco 'Der Spiegel', nel quale ha affermato che qualora la comunità albanese del Kossovo organizzasse un referendum sull’indipendenza, lo stesso diritto lo avrebbero i serbi di Bosnia. Il 16 gennaio, il premier è ritornato sull’argomento dichiarando che la provincia “si sta trasformando davanti agli occhi di tutti in un vero e proprio Stato”, aggiungendo poi che non si poteva più stare in silenzio. “E’ tempo di iniziare i negoziati sullo status finale del Kossovo e Methohija, e di reagire prima che sia troppo tardi”.
Il 6 febbraio scorso, inoltre, il premier serbo ha inviato una dura lettera al Consiglio di sicurezza dell’ONU. In quest’ultima si ricorda come tutte le previsioni della Risoluzione 1244 vengano disattese: che l’UNMIK sta progressivamente demandando sempre più potere alle autorità locali mentre la risoluzione prevedeva che fossero “i rappresentanti internazionali ad assumere tutti i poteri sino a quando una soluzione per lo status finale sarà individuata”; non si è nemmeno iniziato a discutere il rientro delle forze di sicurezza serbe e montenegrine, previsto anch’esso dalla 1244; il ritorno delle minoranze fortemente sottolineato dalla 1244 è ancora lettera morta. Djindjic assume poi un tono certo più ambiguo quando afferma “la critica condivisibile fatta dai nostri cittadini è che la Serbia democratica non riceve un miglior trattamento da parte della comunità internazionale di quello riservato alla Serbia non democratica”.
“La richiesta del Primo ministro serbo ha un valore più politico che pratico. Le circostanze attualmente vigenti in Kossovo precludono il ritorno di forze di sicurezza serbe”, ha dichiarato il comandante del contingente KFOR, forze di sicurezza internazionali, Fabio Mini. Cauti i commenti negli ambienti diplomatici. Secondo alcuni, Djindjic avrebbe ottenuto l’informale appoggio della Grecia, attualmente alla presidenza dell’ UE ed alleato storico della Serbia, e quello della Germania, con i cui politici il Premier serbo avrebbe intessuto forti relazioni personali. Secondo alcuni giornalisti di IWPR, la presa di posizione di Djndjic potrebbero essere dovuta al tentativo di avvicinarsi all’elettorato nazionalista data la percezione che si stiano avvicinando elezioni anticipate; Djindjic inoltre potrebbe utilizzare la tecnica di 'sparare in alto' per poi almeno ottenere un più rapido avvio delle relazioni, perlomeno economiche, tra Belgrado e Pristina. Ma le prese di posizione serbe sono anche collegate ad un montante dissenso degli albanesi del Kossovo nei confronti dell’operato dell’amministrazione albanese.
Dopo qualche anno di idillio, la comunità kossovaro-albanese ha iniziato a guardare con certo sospetto l’amministrazione internazionale quando Hans Haekkerup, predecessore di Stenier, nel novembre del 2001 concluse un accordo con il governo serbo in merito al ritorno delle minoranze in Kossovo. Si sono poi via e via inasprite quando è emerso, nonostante l’atteggiamento più concliante di Steiner nei confronti della comunità albanese, che l’amministrazione internazionale non era disposta a delegare alle neo-elette e neo-costituite istituzioni kossovare poteri sostanziali (anche se da parte serba si contesta che già troppi ne sarebbero stati concessi). Indicativa la posizione di Ramush Tapiri, principale consulente politico del Presidente dell’Assemblea kossovara Nexhat Daci. “Obiettivo della missione dell’ONU era quello di costituire istituzioni kossovare, trasferire loro responsabilità e mettere in piedi una sostanziale autonomia della provincia” - ha dichiarato quest’ultimo ad IWPR - “tenuto conto di questo, un processo troppo lungo nel demandare questi poteri implicherebbe il sostanziale fallimento della missione delle Nazioni Unite”. Ma un autorevole altolà ai kossovari, la cui Assemblea in questi giorni sta discutendo se inserire all’ordine del giorno una mozione sull’indipendenza della provincia, arriva dallo stesso Segretario generale delle Nazioni unite Kofi Annan che, in una riunione del Consiglio di sicurezza tenutasi la scorsa settimana, ha accusato i politici del Kossovo di continui tentativi di andare oltre la loro autorità e di un “desiderio crescente di strappare all’UNMIK i poteri che gli competono invece di concentrarsi su questioni urgenti sulle quali hanno piena responsabilità”.
Come ricordava Lekic, un “rebus geopolitico” di non facile soluzione …
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