E’ oramai un cliché del Kossovo il monastero ortodosso protetto dai militari della KFOR. Ma non esistono solo i cristiano ortodossi e “gli altri”. Vi sono altre due comunità religiose che dialogano e si confrontano …
La copertina di una pubblicazione a cura dela Comunità islamica del Kossovo
Il mufti Rexhep Boja, presidente della Comunità islamica del Kossovo, ha inviato i suoi calorosi auguri al vescovo dei cattolici del Kossovo Mark Sopi per il giorno di Pasqua. Da quando la comunità islamica kossovara si è strutturata, 12 anni fa, il mufti Boja ha sempre tenuto aperto le porte del dialogo con la comunità cattolica. Da parte sua il vescovo Sopi non dimentica mai di fare i propri auguri al mufti Boja per la festività musulmana del Bajram. Non sono inoltre rari gli incontri tra le due autorità religiose che si incontrano sia per discutere di questioni particolarmente rilevanti per le due comunità che rappresentano sia per dare segnali di tolleranza ed unità.
Da parte loro i politici kossovari sono sempre stati particolarmente attenti a manifestare tolleranza nei confronti di entrambe le tradizioni religiose e giorni quali il Bajram o la Pasqua vengono utilizzati per manifestare il proprio rispetto.
Ma anche se molti lo negano qualcosa è cambiato dopo la guerra. Se sotto il regime di Slobodan Milosevic tutti erano concentrati sulla questione etnica ora, dopo la partenza delle autorità serbe, i sentimenti d’appartenenza religiosa guadagnano progressivamente spazio. Anche spinti, in alcuni casi, dall’influenza culturale di gruppi religiosi provenienti sia da est che da ovest. Sia quindi dal mondo cattolico che da quello musulmano.
Nel dicembre del 2002, prima a Prizren ed in seguito in alter città del Kossovo, hanno iniziato ad essere reperibili ad ogni angolo della strada volantini con contenuto anti-islamico. I volantini erano firmati dalla “Gioventù studentesca per una società aperta e democratica” ed invitavano la gente del Kossovo a riconvertirsi al cattolicesimo. Perché fare questo? Gli estensori del documento portavano molti argomenti, a partire da ragioni storiche per poi terminare sostenendo che il Kossovo era libero grazie alla presenza di forze cristiane internazionali. Alla vicenda vi furono naturalmente immediate reazioni da parte della Comunità islamica ed il vescovo cattolico rese una dichiarazione pubblica nella quale fermamente condannò il contenuto dei volantini. L’amministratore regionale UNMIK (amministrazione ONU) di Prizren ed i responsabili KFOR (forza di interposizione internazionale) dell’area chiarirono in quell’occasione che la presenza internazionale non aveva nulla a che vedere con questioni di carattere religioso. Ma tra l’opinione pubblica era comune la voce che si trattava dell’operato di alcune sette arrivate in Kossovo dopo la guerra.
Una conseguenza dell’inasprirsi dei rapporti tra le due comunità è stato il progressive affermarsi di alcuni gruppi musulmani minoritari che si ispirano alla tradizione wahabita, la più vicina ai gruppi integralisti con una visione più radicale dell’Islam. Molti di questi gruppi sono direttamente supportati da organizzazioni arabe che operano in Kossovo. Oltre ad accentuare l’odio nie confronti delle altre comunità religiosi e questi gruppi si sono fermamente contrapposti alla stessa Comunità islamica del Kossovo della quale denunciano la “mollezza” ed il fatto che, a loro avviso, non incarnerebbe il vero spirito dell’Islam.
Sino ad ora la Comunità islamica del Kossovo ha praticamente ignorato questi gruppi ed ha cercato di attenersi alla politica dell’ultimo decennio ma oramai lo scontro all’interno della comunità musulmana del Kossovo è divenuto troppo evidente per poterlo ignorare. I gruppi più estremisti godono di un sostegno rilevanti di alcuni Paesi arabi e dalle organizzazioni da loro supportate anche se l’amministrazione internazionale UNMIK ha bloccato i conti correnti di almeno una di queste: la Al Haramain. Ma dalla Comunità islamica sostengono che è difficile affrontare una sfida di questo tipo soprattutto se da soli e non supportati da altri.
Un sostegno indiretto è arrivato addirittura dal Primo ministro Rexhepi che ha sostenuto la necessità di combattere ogni tipo di setta religiosa, estranee dalla tradizione dei tre culti principali praticati in Kossovo. Ed un altro sostegno arriva regolarmente dai rappresentanti degli Stai Uniti che regolarmente si incontrano con il mufti Boja o con i suoi più stretti collaboratori. Anche la KFOR mantiene rapporti stretti con i rappresentanti delle tre comunità religiose ma a ,molti questo non sembra sufficiente.
Sia gli Stati Uniti che i governi dell’Unione europea hanno fallito nel creare luoghi e spazi dove potesse essere rinforzato il senso civico. Innanzitutto ad esempio centri giovanili funzionanti. Dal canto loro invece le organizzazioni arabe sono state molto attive in questo campo. E lo sono stati anche alcuni gruppi cristiani. Qui attraggono molti giovani e purtroppo invece di stimolare la nascita di una base comune di comprensione spesso non fanno che favorire una visione più ristretta ed esclusivamente concentrata sulla propria comunità d’appartenenza.
Dal nostro corrispondente dal Kossovo