Iniziati i negoziati di Vienna ma il clima teso e poco costruttivo della vigilia non muta. I colloqui avviatisi nella capitale austriaca s'annunciano difficili. Ma almeno serbi ed albanesi si sono seduti allo stesso tavolo.
B92 - Il tavolo delle trattative
Si sono avviati ieri a Vienna i colloqui tra Pristina e Belgrado. Negoziati fortemente voluti dalla Comunità Internazionale, osteggiati e visti con timore dagli albanesi del Kossovo e rispetto ai quali, i rappresentanti serbi, forti del fatto di essere formalmente gli unici a rappresentare un vero e proprio Stato dal punto di vista del diritto internazionale, non si sono tirati indietro.
Il primo giorno di incontri non ha tradito però il teso clima della vigilia ed è partito con un muro contro muro. "Il mio paese, il Kossovo" ha esordito il Presidente Rugova "vuole entrare nell'Unione europea, essere parte della NATO. Questo implica un Kossovo democratico, pacifico ed indipendente". La posizione di Rugova non fa altro che riflettere in modo speculare la posizione altrettanto dura della controparte serba. "Mi chiedo come qualcuno possa permettersi di chiedere cose che non gli appartengono", ha affermato sempre ieri Nebojsa Covic, vice-premier della Serbia e responsabile all'interno del governo per il Kossovo.
I negoziati inoltre partono in un clima di forte confusione anche e soprattutto legata all'ambiguità nella quale il Kossovo giace dal 1999. Chi rappresenta il Kossovo nei negoziati? I leader albanesi eletti nelle ultime elezioni politiche? I rappresentanti dell'amministrazione internazionale alla quale la risoluzione 1244 della Nazioni Unite riconosce la sovranità in vece delle autorità della Serbia? Ed all'interno della delegazione albanese dovranno essere rappresentate anche le minoranze, in particolare quella serba, o questi ultimi potranno far sentire la propria voce all'interno della delegazione di Belgrado?
L'avvicinarsi dei negoziati ha causato un'emersione ancor più netta che in passato delle divergenze di vedute tra politici albanese-kossovari e Comunità internazionale. I primi hanno iniziato a temere che il riconoscimento che Belgrado sta riottenendo sulla scena internazionale possa portare a negare ciò che sino a poco fa appariva scontato, l'indipendenza del Kossovo; i secondi si sono dimostrati sempre più a disagio per una situazione d'impasse che non si risolve ed inizia a rendere evidente le difficoltà che incontra un'amministrazione internazionale nel governare un determinato territorio e le contraddizioni innanzitutto politiche nella mancanza di prospettive che ha caratterizzato il post bombardamenti NATO.
Scorrendo gli editoriali pubblicati alla vigilia dei negoziati, pubblicati sia sulla stampa albanese che internazionale, interessante notare come in più occasioni siano presenti percezioni del tutto opposte da parte dei soggetti che da ieri siedono al tavolo delle trattative. E non solo tra serbi ed albanesi. "Nessun leader kossovaro ha avuto sufficiente coraggio e visione politica per sottolineare i vantaggi che potrebbero arrivare dai negoziati tra Pristina e Belgrado", afferma in un suo articolo per IWPR Whitney Mason, consulente di Harry Holkeri, alla guida dell'UNMIK. Ancora più esplicito Pasquale Salzano, console italiano a Pristina. In un'intervista per il quotidiano kossovaro Koha Ditore quast'ultimo afferma "… nel caso in cui i kossovari rinunciassero al negoziato dimostrerebbero di non aver capito la sua importanza e questo trasmetterebbe alla Comunità Internazionale un messaggio di immaturità politica … è chiaro che la strada verso l'Europa è basata sulla maturità politica". Sensibilmente differente l'opinione espressa da Veton Surroi, tra i più accreditati giornalisti del Kossovo e direttore dello stesso Koha Ditore. In un editoriale apparso sul suo giornale, nel quale attacca duramente il Presidente Rugova, afferma che " …non stupisce la decisione di Rugova di recarsi a Vienna. Le preparazioni per le negoziazioni tra Pristina e Belgrado sono state poco serie e quindi adatte ad una persona come lui … il modo in cui si è arrivati a Vienna ha dimostrato la mancanza di serietà, solo le pressioni sui kossovari affinché vi prendessero parte sono state serie ...". Surroi poi continua denunciando come l'UNMIK prenda decisioni unilaterali, non condivise con le autorità albanesi e come i partiti politici in Kossovo si siano rivelati incapaci di raggiungere un consensus se non, apparentemente, sull'indipendenza. Ma, nota Surroi, "anche su come arrivare all'indipendenza vi sono visioni differenti. Negli ultimi mesi i nostri partiti politici giurano sulle istituzioni ma i due maggiori partiti politici le hanno marginalizzate, hanno cercato di svalorizzare le due istituzioni principali del Kossovo: l'Assemblea ed il Governo …".
A Vienna i protagonisti di questi negoziati che si protrarranno per lungo tempo sono stati seduti allo stesso tavolo, ma non si sono rivolti la parola e neppure c'è stata una stretta di mano. Le loro dichiarazioni in seguito all'incontro sono state scettiche. Solo i rappresentanti della Comunità Internazionale, tra i quali il plenipotenziario UE sulla politica estera Javier Solana, hanno sottolineato l'importanza di quanto si è ieri iniziato. La sensazione però che questi negoziati, seppur iniziati in modo così contraddittorio, siano cruciali per provare ad uscire dal pantano nel quale si trova attualmente il Kossovo è certo condivisibile. Si tratta di vedere se Stati Uniti ed Unione Europea, i soggetti che avranno più influenza nell'aiutare a trovare una soluzione, sono arrivati a Vienna con idee politiche forti e se non regni invece ancora il vuoto di prospettive successivo ai bombardamenti NATO del 1999, che quanto mai come adesso sembrano essere stati poco più di un'illusoria soluzione alla "questione Kossovo".