Il dialogo Pristina-Belgrado è allo stallo. Ma non le relazioni comerciali. Dalla Serbia arrivano i mattoni con i quali si sta ricostruendo il Kossovo. Un articolo di IWPR.
Al supermercato
Di Tanja Matic e Altin Ahmeti – IWPR
Traduzione a cura dell'Osservatorio sui Balcani
Ogni settimana i cittadini albanesi di Pristina entrano nei supermercati e riempiono le loro borse di prodotti provenienti dalla Serbia – un Paese che la maggior parte dei kossovari considera come il nemico numero uno.
Quattro anni dopo la rivolta armata risultata nella fine del controllo delle autorità serbe sul Kossovo quest'ultimo rimane dipendente dal suo potente vicino per soddisfare molti dei suoi bisogni fondamentali.
I negozi sono pieni zeppi di prodotti serbi, dagli alimentari, al detersivo, al cemento e mattoni. Se il dialogo tra Pristina e Belgrado non si sblocca, le relazioni commerciali stanno invece subendo un vero e proprio boom.
I prodotti arrivano da ogni parte della Serbia. Tra i quelli dolciari i più venduti sono le caramelle "Medeno Srce" (cuore di miele) ed i biscotti "Plasma", da Subotica i primi e dalla città natale di Milosevic, Pozarevac, i secondi. Ma poi vi è il latte "Imlek" da Belgrado, le lampadine "Tesla" prodotte a Pancevo, Vojvodina, ed il detersivo Merix, di Krusevac.
Avni, commerciante di Pristina, afferma che nessuno ne fa un problema. "Io vendo questi prodotti e la gente non si lamenta. Qualcuno addirittura chiede del ‘Beogradsko Mleko", latte di Belgrado, che per anni erano abituati ad acquistare, ma non lo vendo più".
Avni ride se gli si prospetta l'idea di boicottare i prodotti serbi in nome del patriottismo. "I commercianti" afferma "distinguono in fretta lo Stato produttore dai prodotti di successo". "Non identifichiamo quei prodotti con la Serbia" ricorda con un sorriso "e la cosa più importante è che questi prodotti siano quelli più a buon mercato".
Gli albanesi certamente non comperano i prodotti della Serbia perché nostalgici dei tempi passati. La geografia ed i prezzi la fanno invece da padroni. Secondo quanto si afferma nella Risoluzione ONU 1244 il Kossovo è ancora parte della Federazione Jugoslava e la decisione sul suo status finale rimane pendente. Questo significa nessun dazio sui beni importati dalla Serbia e dal Montenegro, stati successori della Federazione Jugoslava.
Altra questione cruciale è che il Kossovo non produce la maggior parte di questi prodotti. Con pochi prodotti domestici sul mercato i cittadini kossovari sono obbligati ad acquistare prodotti che vengono da qualche altra parte.
Uno dei campi dove le relazioni commerciali sono più intense è l'edilizia. Il conflitto armato tra gli albanesi e le forze di sicurezza jugoslave ha causato la distruzione di migliaia di case. Di conseguenza, uno dei settori più floridi, è quello edile.
Ma gli albanesi del Kossovo non sembrano percepire alcuna contraddizione nell'acquistare mattoni e cemento dalla Repubblica della Serbia le cui forze di sicurezza hanno distrutto le loro case.
Milos Boskovic, direttore settore vendite della Potisje, impresa che fabbrica mattoni con sede in Vojvodina, ha dichiarato ad IWPR che dalla fine della guerra il commercio con gli albanesi kossovari è letteralmente fiorito. "Il Kossovo è per noi un mercato molto importante. Il 70% della nostra produzione annuale viene venduta su quel mercato", ha affermato.
Ma non tutti sono felici delle buone relazioni commerciali tra i due ex nemici.
Gli economisti kossovari sottolineano come la direzione dei prodotti sia unilaterale. A causa di un'economia kossovara in difficoltà e della riluttanza della Serbia a riconoscere i documenti da viaggio emessi in Kossovo i prodotti viaggiano in una sola direzione: verso sud.
Mustafa Ibrahimi, della Camera di commercio del Kossovo, si lamenta affermando che anche se il Kossovo avesse un'economia più competitiva, ai container provenienti da quella regione non verrebbe permesso di entrare in Serbia.
"La Serbia ha vantaggi notevoli nell'esportare in Kossovo, anche perché agli albanesi non è permesso viaggiare verso la Serbia con le targhe kossovare", ha ricordato.
Le statistiche della autorità kossovare mostrano chiaramente lo squilibrio della bilancia commerciale della Provincia. Nei primi nove mesi del 2003 la Serbia ha esportato beni in Kossovo per un controvalore di 108 milioni di euro coprendo il 15% delle importazioni kossovare. Nello stesso periodo dal Kossovo alla Serbia sono arrivati beni per un valore di 3,5 milioni di euro.
I beni diretti a nord sono quindi stati meno di un tredicesimo rispetto a quelli diretti a sud.
Il Ministro al commercio Ali Jakupi ricorda che il regime di libero scambio tra la Serbia ed il protettorato blocca la crescita delle industrie locali e favorisce la competitività dei prodotti serbi.
"Dovremmo commerciare con la Serbia con condizioni differenti dalle attuali, con un differente sistema doganale. La Serbia è molto competitiva su alcuni prodotti di largo consumo quali farina, olio, zucchero", ha aggiunto il Ministro.
"Non vi è alcuna ragione psicologica dietro a questo fiorire di relazioni commerciali – i prodotti serbi sono semplicemente più a buon prezzo".
Mentre l'azienda di mattoni di Milos Boskovic è florida, quella di Shemesedin Rasiti, a Podujevo, nord-est del Kossovo, è vicina alla bancarotta, a causa della concorrenza che proviene dalla Serbia.
"I mattoni che provengono dalla Serbia costano dai 13 ai 19 centesimi di euro mentre quelli kossovari non costano meno di 30 centesimi" afferma quest'ultimo "la gente non ha vantaggi ad acquistare qui da noi in Kossovo".
Sino a quando il Kossovo non sarà in grado di produrre beni a prezzi più bassi sempre più risorse albanesi fluiranno a nord, in Serbia.
"La gente sceglie i prezzi più bassi e dobbiamo avvicinarsi alle loro richieste" afferma Agron, commerciante del supermercato Besa, a Pristina, indicando gli scaffali pieni di merce proveniente da ovunque tranne che dal Kossovo.
"Mi trovo obbligato ad acquistare questo sale prodotto in Serbia, perché è l'unico che vende il negozio", chiarisce un cliente quasi scusandosi "se ce ne fosse un altro qualsiasi, lo comprerei comunque al posto di quello serbo".
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