L'attività inquinante delle datate centrali elettriche di Dardhishte ha costretto metà della popolazione a lasciare il villaggio. E chi non può andarsene è condannato ad ammalarsi per le sostanze tossiche presenti nell'aria. Un articolo tratto da IWPR e tradotto a cura dell'Osservatorio sui Balcani.
Traduzione a cura dell'Osservatorio sui Balcani
nuvole
Le strade di Dardhishte, villaggio a sette chilometri da Pristina, sono vuote e polverose. Osservando meglio si nota come la maggior parte dei tetti è ricoperta da uno strato di particelle di un rosso scuro, che sembrano venire dalla ciminiera della centrale elettrica Kosova A – una delle due centrali della Compagnia elettrica del Kossovo KEK - che con i suoi settanta metri di altezza sovrasta l’intero paese.
Guardando alla ciminiera, la quale sbuffa nuvole giallognole poco rassicuranti Muhamet Gerguri, a capo del villaggio, afferma che tutti i cittadini sono estremamente preoccupati. “A Dardhishte ti consideri fortunato se qualcuno della tua famiglia non è ancora morto, o se non sta morendo di cancro”.
Ci sono molti elementi che confermano i sospetti dei cittadini del villaggio sull’impatto dell’impianto sulla loro salute. Un rapporto redatto nel maggio del 2003 dal Ministero kossovaro per l’ambiente riportava che la Kosova A emetteva due tonnellate e mezzo di polvere all’ora, quantitativo che eccede rispetto agli standard europei di 74 volte.
Lo stesso rapporto, nelle conclusioni, riportava che nella zona di Obiliq/Kastriot, dove sono situati i due impianti, l’inquinamento dell’aria è responsabile della 63% delle morti infantili e del 48% degli aborti.
Il rapporto continuava sostenendo che gli effetti nocivi della Kosovo A interessano in misura maggiore i villaggi vicino allo stabilimento e che, per almeno 18 giorni all’anno, la città di Pristina soffre per le nuvole di polvere e per il fumo degli impianti di produzione elettrica portati dal vento.
Ma è l’area di Obilig/Kastriot che soffre maggiormente a causa delle dannose centrali energetiche del Kossovo. Qui le famiglie nelle quali qualche membro soffre di cancro ai polmoni o di qualche altra malattia respiratoria sono molto più numerose di quanto ci si potrebbe aspettare in un’area non urbana.
Valon Mexhuani, 21 anni, commerciante di Dardhishte, accusa l’inquinamento di Kosova A di essere la causa della recente morte di suo zio. “Io so che è stato l’inquinamento della KEK a fare morire mio zio per una malattia ai polmoni, come è successo a molti altri qui”, dice.
La paura dell’aria contaminata ha portato molte persone a lasciare il villaggio. Dalla guerra del 1999, circa il 40 per cento della popolazione di Dardhishte si è trasferita in altri villaggi e città per scappare all’inquinamento. Quelli che sono rimasti non hanno un posto dove andare e non possono vendere le loro case, visto che pochi comprerebbero terreni in questo villaggio.
In gran parte l’inquinamento viene attribuito alla scarsa manutenzione dei due impianti, Kosova A e Kosova B, ed al malfunzionamento dei filtri. I filtri di Kosova A, che vengono dall’ex URSS lavorano solo a metà della loro capacità.
Sembra comunque che i filtri scadenti non siano l’unica causa di inquinamento. Gli operai di Kosova A hanno detto ad IWPR che tra il secondo ed il terzo turno, dalle 16 alle 8, i filtri vengono completamente rimossi.
Nysret Ternaya, un tecnico della Kosova A, dice che gli operai dei turni serali e notturni tolgono i filtri in modo da non doverli controllare. “É pura pigrizia” dice. “Gli operai non vogliono dover stare a controllare le macchine, è per questo che rimuovono i filtri, così il lavoro è più facile”.
Anche Muhamet Gerguri lavora alla KEK ed ha una visione leggermente diversa di questa pratica, “I filtri riducono la capacità dell’impianto di produrre energia, è per questo che di notte vengono tolti senza alcuna considerazione per i problemi che causano alla salute”.
In Kossovo, l’unico istituto ufficiale autorizzato a rilevare l’inquinamento è l’istituto INKOS. Ma, dal momento che questo è un dipartimento della KEK, prima responsabile dell’inquinamento, la sua posizione non è proprio indipendente.
Inoltre, gli ufficiali dell’INKOS dicono che mancano loro le attrezzature per misurare le sostanze tossiche presenti nell’aria; dicono che sono state rubate o distrutte quando le autorità serbe si sono ritirate dal Kossovo nel giugno 1999.
Raif Bytygi, coordinatore ambientale dell’INKOS, ammette di sentirsi impotente. “Quando vediamo il colore dell’acqua di scarico che esce non trattata dagli impianti, sappiamo che contiene sostanze tossiche ma non possiamo misurarle, perché ci mancano gli strumenti necessari”, dice.
L’INKOS non può neanche confermare o smentire i rapporti che i filtri vengono tolti durante la notte, perché supervisiona solo il primo turno.
La polvere inquinata, che è un composto di piombo, diverse particelle chimiche e depositi di scarto, attacca l’aria, la terra e l’acqua del Kossovo allo stesso modo.
Le acque di scarico non trattate dei depositi di cenere contengono fenolo, un elemento chimico altamente tossico, e confluiscono nel fiume che scorre attraverso Dardhishte, fiume che inonda le case nei periodi di intense precipitazioni.
Ali Murigi, uno scienziato dell’Univeristà di Prishtina, dice che il fenolo ha effetti sia a breve che a lungo termine, causando l’aumento dei casi di cancro e disordine fisico e psichico nei neonati.”
Il fenolo che, quando piove, viene rilasciato nel fiume del villaggio, contamina anche i pozzi che molti abitanti del villaggio usando per prendere acqua potabile.
Zeqir Veseli, un consulente del ministero dell’ambiente, non si aspetta grandi miglioramenti per il prossimo futuro.
“Non abbiamo esperienza nell’affrontare i problemi ambientali”, dice, aggiungendo che al Kossovo mancano anche le infrastrutture legali ed il know-how che renderebbero possibile sanzionare una grande compagnia come la KEK.
Veseli è convinto che il denaro sia il più grande ostacolo nell’affrontare un’emergenza ambientale come l’inquinamento emesso dagli impianti della KEK.
“L’armonizzazione della sua legislazione ambientale con quella dell’UE è costata alla Slovenia circa 1,7 miliardi di Euro”, aggiunge Veseli riferendosi alla più ricca tra le repubbliche della ex-Jugoslavia.
Blerim Vela, dell’ONG ambientalista internazionale Regional Environmental Center (REC) che combatte contro l’inquinamento della KEK, dice che il Kossovo deve decidere se in cima alle proprie priorità sta l’aria pulita o l’elettricità.
“Le istituzioni del Kossovo sono sotto una forte pressione”, dice. “Non possono chiedere alla KEK di smettere di lavorare perché in Kossovo c‘è carenza di energia. D’altra parte la produzione dell’energia sta causando inquinamento”.
Vela sottolinea che il livello d’inquinamento degli impianti della KEK ha già raggiunto proporzioni disastrose. ”L’ultimo controllo medico condotto dall’Istituto per la salute e la sicurezza sul lavoro ha rivelato che ogni persona che lavora nell’impianto di produzione elettrica soffre di qualche malattia del tratto respiratorio”, afferma.
Per gli abitanti di Dardhishte queste non sono buone notizie. Valon Mexhuani si trasferirebbe volentieri se trovasse un posto dove andare. La sua ultima speranza è che il governo possa elaborare un piano per aiutare le famiglie di Dardhishte a sfuggire ad una vita all’ombra dei impianti di produzione elettrica.
“Abbiamo sentito promesse che troveranno una sistemazione per le 40 famiglie più direttamente colpite, ma finora non è stato fatto niente”, dice Mexhuani.
Palok Berisha, portavoce di KEK, afferma “Si, siamo consapevoli che il lavoro degli impianti di produzione elettrica inquina l’ambiente, ma la manutenzione di Kosova A in particolare, e l’acquisto dei filtri sono spese che la KEK non si può permettere.”
A proposito della rimozione dei filtri della Kosova A da parte dei lavoratori della KEK, Berisha dice, “Non sono a conoscenza che i filtri vengano deliberatamente tolti dagli operai, e se questo continua non c’è un buon motivo perché sia così”.
Quando viene provocato sui risultati del rapporto del Ministro dell’Ambiente riguardo al legame tra il numero di morti tra i bambini e l'inquinamento locale, Berisha afferma, “ non ho sentito di queste cifre, ma se sono vere posso solo dire che si tratta veramente di una tragedia”.
Arben Salihu sta frequentando un corso di giornalismo di
IWPR con il supporto dell'OSCE.
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