La seconda tornata elettorale per il Parlamento kosovaro si è conclusa sabato 23 ottobre. Piuttosto bassa l’affluenza alle urne, praticamente assente per la comunità serba. Elezioni che sembrano cambiare poco e confermare lo status quo politico e sociale della provincia.
Sabato 23 ottobre i cittadini del Kosovo sono stati chiamati alle urne per l’elezione dell’Assemblea composta da 120 deputati dalla quale uscirà il nuovo governo provvisorio della provincia. Si è trattato delle seconde elezioni dal 1999, anno in cui alla fine dei bombardamenti della NATO contro l’allora Federazione di Jugoslavia, il Kosovo passò sotto amministrazione ONU (UNMIK).
L’affluenza alle urne è stata piuttosto bassa. Secondo i dati, non ancora definitivi, resi disponibili dalla Commissione elettorale, l’affluenza complessiva è stata del 53.08% ossia circa 670.000 sul numero complessivo di milione e quattrocentomila degli aventi diritto.
Secondo i primi dati, anche in queste elezioni - come nelle precedenti del 2001 - si riconferma la vittoria relativa del presidente in carica Ibrahim Rugova. Il suo partito, la Lega democratica del Kosovo (LDK), avrebbe guadagnato il 47% di voti. Al secondo posto il Partito democratico del Kosovo (PDK)di Hashim Thaci, con il 27%. Al terzo il Partito per il futuro del Kosovo (AAK) di Ramush Haradinaj con l’8%, e al quarto posto - la novità di queste elezioni - la lista civica ORA dell’editore e direttore del quotidiano “Koha Ditore”, Veton Surroi, che entra in campo come soggetto politico. Il Partito democristiano albanese ha ottenuto l’1.8%, mentre i restanti partiti e liste civiche ottengono complessivamente circa il 10%.
Disastrosa l’affluenza dei Serbi al voto. Secondo quanto confermato dall’OSCE sarebbe inferiore all’1%, dato reso ancora più sensibile da parte del comitato anti-elettorale serbo che dà la partecipazione della minoranza allo 0.35%.
Secondo i dati resi noti dal servizio informativo della Diocesi di Raška e Prizren, confermati dall’OSCE, dei circa 96.000 Serbi con diritto di voto in Kosovo, hanno votato solo 300, mentre dei 108.000 residenti fuori dalla provincia, per i quali erano stati attrezzati 100 seggi in Serbia e 10 in Montenegro, il numero dei votanti è di 523.
Occorre ricordare che a prescindere dall’affluenza della comunità serba, ad essa sono garantiti di diritto 10 posti in Assemblea, mentre altri 10 sono riservati alle altre minoranze (Ashkalija, Rom, Turchi, Gorani, Bosgnacchi).
I dieci posti in parlamento, con ogni probabilità, saranno divisi tra le due liste che si sono presentate alle elezioni: la Gradjanska Inicijativa e la Srpska lista za Kosovo. Tuttavia Oliver Ivanović, capo lista della Srpska lista za Kosovo, mette in dubbio la partecipazione dei candidati della sua lista al Parlamento kosovaro. Dall’altra parte invece il capo lista della Gradjanska Inicijativa, Slaviša Petković ha dichiarato al quotidiano belgradese “Danas” che è pronto ad occupare i posti riservati al Parlamento per la minoranza serba in Kosovo.
Petković si è detto non completamente insoddisfatto dei risultati delle elezioni, perché come ha dichiarato “
nei seggi è stata esercitata una pressione brutale contro il voto e sono stati adottati metodi fascisti”.
Infatti, se per alcuni il boicottaggio in massa dei Serbi del Kosovo non è che la conseguenza logica dell’appello in quella direzione rivolto sia dal premier Koštunica che dalla Chiesa serba ortodossa, dall’altro lato occorre considerare che si sono verificati alcuni i tentativi per impedire ai serbo-kosovari di presentarsi alle urne.
Il caso più eclatante si è verificato a Jagodina, dove il seggio è stato aperto con dieci ore di ritardo a causa delle proteste di un gruppo di Serbi del Kosovo appartenenti alla associazione nazionalista “Sveti Sava” che hanno impedito e ostacolato l’apertura del seggio. Nonostante sia stato aperto alle ore 17 del 23 ottobre, al seggio non si è presentato nessuno.
Commentando la bassissima affluenza alle urne dei Serbi, il capo dell’UNMIK Jessen Petersen, ha avuto modo di condannare le pressioni esercitate sui Serbi del Kosovo con l’intento di boicottare le elezioni e ha aggiunto che i segnali giunti da Belgrado non hanno motivato il voto.
Come riportato dall’emittente B92, “
La maggior parte dei serbi ha deciso di non votare a causa delle pressioni che gli sono state rivolte contro” ha ribadito Petersen alla conferenza stampa a Pristina dopo la chiusura dei seggi.
Parole alle quali fanno eco quelle del capo missione dell’OSCE, Pascal Fieschi, il quale ha detto di essere rimasto deluso dal comportamento della campagna anti elettorale condotta da diversi circoli politici.
Dal canto suo il cosiddetto blocco anti elettorale, ha dichiarato che le elezioni per il Parlamento kosovaro sono state interpretate come un “referendum” al quale i Serbi del Kosovo hanno chiaramente detto che la Missione dell’ONU viene messa sotto esame e che sono necessari cambiamenti nell’organizzazione e nei quadri della missione.
Intervistato da B92, il presidente del Consiglio nazionale serbo e membro del blocco anti elettorale, Milan Ivanović, ha dichiarato che i Serbi hanno evidentemente ascoltato il patriarca Pavle, il governo della Serbia e l’invito al boicottaggio delle elezioni da parte dei politici kosovari.
Secondo il premier Koštunica, favorevole al boicottaggio delle elezioni, i Serbi non hanno voluto valersi dell’unico diritto rimastogli. Per il premier serbo, i risultati delle elezioni hanno mostrato l’estrema serietà della situazione nella provincia. “
È accaduto ciò si poteva obbiettivamente sapere anche prima delle elezioni” ha dichiarato Koštunica.
Sul versante albanese si riconferma, invece, a grandi linee il quadro delle elezioni precedenti, con nessun partito in grado di formare da solo un esecutivo e con la prospettiva di avviare una serie di consultazioni per formare una coalizione allargata tra i partiti che hanno ottenuto il maggior numero di voti. La lista ORA di Veton Surroi, con il suo 6%, potrebbe fungere da ago della bilancia per i futuri accordi
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