Il 2 dicembre scorso, una cerimonia a Sarajevo ha segnato il passaggio ufficiale di consegne in Bosnia Erzegovina dalla missione militare Nato (SFOR) a quella guidata dalla Unione Europea (EUFOR). La lotta alla criminalità organizzata, da molti percepita oggi come il problema principale del Paese, sembra tuttavia restare in secondo piano. Pubblichiamo l’inchiesta realizzata dall’Institute for War and Peace Reporting
L'omicidio Leutar, Sarajevo, 1998
Di Hugh Griffiths e Nerma Jelacic, per IWPR, Sarajevo, 2 Dicembre 2004
Traduzione di Carlo Dall’Asta per Osservatorio sui Balcani
Una modesta targa commemorativa di marmo nero nel centro di Sarajevo ricorda ai Bosniaci l’ultima volta in cui qualcuno fece un serio tentativo di sfidare il potente crimine organizzato che minaccia le fondamenta di uno Stato ancora fragile.
La placca segna il punto in cui il vice-ministro bosniaco della polizia, Jozo Leutar, è stato colpito dall’esplosione di un’auto-bomba nel marzo 1998. Si ritiene che gli assassini facessero parte di un giro di crimine organizzato – collegato a vecchi uomini politici bosniaci – su cui Leutar stava investigando prima di morire.
Quasi sette anni dopo, i gruppi mafiosi prosperano ancora – al punto che sono descritti come l’ostacolo maggiore all’ingresso della Bosnia ed Erzegovina nell’Unione Europea.
Le contromisure per ridurre la loro influenza non sono andate molto lontano. Dopo l’assassinio di Leutar, pochi funzionari bosniaci hanno osato porre in atto serie investigazioni sul crimine organizzato.
Le sparatorie e le bombe della mafia continuano a scuotere Sarajevo, e la gente che vive qui dice di non essersi sentita così insicura fin dalla guerra del 1992-95.
“C’è in giro più paura”, dice Haris Zecevic, 32, residente a Sarajevo. “I gangster sparano a chiunque vogliono, e non mi sembra che la polizia o i politici facciano nulla al riguardo”.
La Bosnia ha una serie di agenzie impegnate nella lotta al crimine, ma nessuna ha sostanzialmente incrinato la tenuta dei gruppi mafiosi.
Questo può forse non sorprendere, dato che le due Entità, la Federazione e la Repubblica Srpska, RS, mantengono separati ministeri dell’Interno, e i poliziotti sono ancora scarsamente addestrati e superimpegnati.
Ancora più grave il fatto che alcune delle organizzazioni mafiose hanno collegamenti con potenti gruppi politici – relazioni che trovano le loro radici nelle stesse reti del tempo di guerra che ora nascondono con tanto successo i sospetti indiziati dalle forze bosniache ed internazionali.
La forza di pace internazionale della Nato, la Forza di stabilizzazione, SFOR, ha spesso rivestito il ruolo di forza di super-polizia, conducendo raid per catturare sospetti criminali di guerra.
La SFOR non era coinvolta nella guerra al crimine organizzato, ma quando il suo rimpiazzo guidato dall’Unione Europea, l’EUFOR, fu per la prima volta concepito, il suo mandato comprendeva la lotta alla mafia bosniaca.
Il 2 dicembre, l’EUFOR è succeduta alla SFOR. Gli analisti sono stati sorpresi nel notare che l’obiettivo formale di combattere il crimine organizzato era stato senza clamore lasciato cadere dal mandato della nuova forza.
Dato che il crimine organizzato è largamente visto come uno dei più grandi problemi interni ed esteri del paese, la decisione di rimuoverlo dal mandato della forza europea invierà segnali inquietanti ai politici bosniaci, alla polizia e ai criminali stessi.
Il crimine organizzato come problema principale
Molti osservatori concordano che il crimine organizzato è cresciuto fino a diventare un mostro dalle molte teste nel decennio successivo alla fine della guerra.
Un sondaggio commissionato dall’Unione Europea, condotto nel luglio 2004, ha scoperto che per la maggioranza dei bosniaci interpellati, “il crimine e la corruzione sono il maggiore ostacolo all’integrazione della Bosnia ed Erzegovina, e al possibile futuro ingresso nella UE”.
Gli analisti locali concordano. “Il crimine organizzato è il cancro che ha divorato la società bosniaca da che la guerra è finita, nel 1995”, ha detto a IWPR Senad Avdic, direttore della rivista Slobodna Bosna. “È centrale per i nostri problemi riguardanti l’integrazione con l’UE.”
Antonio Prlenda, analista sulle questioni della sicurezza per il giornale di Sarajevo Oslobodjenje, concorda. “La rete del crimine organizzato gestisce un’economia parallela in Bosnia che genera più denaro del bilancio ufficiale dello Stato.”
“Il crimine organizzato riunisce criminali di guerra e alcuni attuali uomini politici.”
L’UE riconosce che il crimine organizzato è una seria barriera all’integrazione.
Nello studio di fattibilità del novembre 2003 della Commissione Europea, su quanto la Bosnia fosse pronta a negoziare un Accordo di Stabilizzazione e Associazione, SAA – una condizione preliminare necessaria a un’ulteriore integrazione – il crimine organizzato è stato citato come “uno dei principali problemi”.
“Il contrabbando di beni sottoposti ad alta tassazione, come sigarette, alcolici e derivati del petrolio è molto esteso”, dice il rapporto, citando stime secondo cui i proventi del contrabbando vanno dai 150 ai 300 milioni di euro – una visione sconcertante se si considera che ciò equivale per la Bosnia al bilancio annuale dello Stato.
Una diversificata gamma d’affari
Il rapporto dell’UE ha fornito un resoconto delle diverse attività della criminalità organizzata in Bosnia.
Ai “livelli alti” della lista, ci sono sofisticati piani per appropriarsi di fondi governativi, per esempio nelle banche e nei servizi pubblici. Simili truffe costano ai contribuenti bosniaci e dell’UE decine di milioni di euro, e coinvolgono uomini politici nazionali così come criminali professionisti.
Altri gruppi si identificano meglio con la classica immagine mafiosa, con gang violente che gestiscono racket, traffico di droghe e di esseri umani attraverso frontiere permeabili.
Il quotidiano Nezavisne Novine, con sede a Banja Luka, ha recentemente pubblicato un “libro nero” di omicidi, rapine, scandali finanziari e discutibili azioni di polizia che assommano a un totale di più di 200 incidenti riportati.
I cronisti di nera che hanno seguito queste indagini hanno riferito che neppure uno dei casi più importanti si è concluso con una condanna.
La Corte di Stato bosniaca sta attualmente esaminando diversi casi di alto livello, riguardanti corruzioni della polizia e riciclaggio di denaro sporco. Un funzionario internazionale che ha rifiutato di essere nominato ha detto a IWPR che questi casi “rappresentano solamente la punta dell’iceberg”.
Le indagini di IWPR rivelano un complesso schema di segmentazioni del mercato e di specializzazioni regionali nel mondo criminale.
Le aree orientali della RS servono da centro manifatturiero per le droghe, come già è stato dimostrato quest’anno quando sono stati sequestrati grandi quantitativi di sostanze chimiche utilizzate per produrre eroina. Il problema è diventato così acuto che la SFOR ha dovuto iniziare a controllare le spedizioni in transito di anidride dell’acido acetico – una sostanza che è insieme ad altre il composto chimico chiave nella produzione di eroina – per assicurarsi che lasciassero il paese.
Anche droghe sintetiche come l’ecstasy sono prodotte nella stessa parte della Bosnia. C’è chi afferma che funzionari del governo e alti ufficiali di polizia nell’entità serba sono collusi con gruppi che contrabbandano questi composti chimici di base.
Oltre il confine amministrativo della Federazione, gangster originari della Sandzak, regione musulmana della Serbia, controllano il traffico di droga, secondo la polizia del distretto di Sarajevo.
La LARA, un gruppo di sostegno di donne con sede nella città di Bijeljna, nella RS, riporta che il trafficking di lavoratrici del sesso continua di buon passo in Bosnia, con i gangster locali che cooperano con gruppi criminali internazionali. Ora che la polizia ha iniziato a perquisire i night-club, le prostitute sono state semplicemente riallocate in appartamenti privati, ristoranti e motel.
Funzionari della polizia britannica che lavorano per la Missione di Polizia dell’Unione Europea, EUPM, hanno detto a IWPR che i racket di protezione che controllano negozi, bar e simili a Sarajevo sono nelle mani di due clan albanesi del Kossovo.
Uno di essi è particolarmente attivo, nel traffico di donne, oro, macchine rubate e armi attraverso l’Albania, il Kossovo e la Macedonia. I funzionari dell’EUPM hanno detto che credono che il gruppo abbia buoni contatti con ufficiali della polizia della Federazione.
Il furto di automobili è la specialità a Sokolac, ancora nella RS orientale. La città è il centro di un giro criminale che ruba auto nella Federazione e in Serbia. Anziché rivendere le macchine, i gangster abitualmente telefonano ai proprietari per negoziare un riscatto per la restituzione dei veicoli.
Molti dei gruppi più grandi si sono evoluti in giri d’affari di economia parallela che alcuni funzionari internazionali descrivono come “oligarchie”.
Queste reti sono organicamente radicate nelle unità paramilitari attive durante la guerra in Bosnia, e le loro operazioni possono essere viste come una continuazione del controllo che questi gruppi esercitavano, sul territorio, sul movimento di beni illeciti.
I collegamenti con poliziotti corrotti e politici nazionalisti risalgono anch’essi a quel periodo. Così, quando tali politici si sentono minacciati – per esempio quando Leutar iniziò ad indagare su di loro – essi sono in grado di rivolgersi a segreti contatti con la polizia così come alla mafia per essere protetti.
Mentre le relazioni politiche tra le due Entità della Bosnia continuano a riflettere l’amara eredità della guerra etnica, i criminali sono molto più pragmatici. Omicidi interni e sparatorie tra polizia e criminali, sia nella Federazione che nella RS usualmente coinvolgono gente della stessa etnìa.
“Molte delle uccisioni sono serbo contro serbo oppure musulmano contro musulmano”, ha detto un ufficiale dell’EUPM.
E gangster delle due entità non hanno problemi con la cooperazione interregionale – elaborando complessi scambi con le loro controparti in Serbia, Montenegro e Croazia che spesso prevedono uno scambio a tre, di auto rubate, droghe e armi da fuoco.
Lo studio di fattibilità dell’UE tratteggia una deprimente conclusione, “La lotta contro il crimine organizzato sarà... lunga a causa della relazione simbiotica tra crimine, affari e politica”.
Il ruolo internazionale
La Bosnia rimane un protettorato, con l’Ufficio dell’Alto Rappresentante (OHR) – dal 2002 guidato da Lord Paddy Ashdown – come massima autorità in questioni di governo e di potere giudiziario. Con le forze internazionali, militari e di polizia, a sorvegliare la sicurezza, ci si potrebbe aspettare che il crimine organizzato sia sostanzialmente declinato nel corso dell’ultimo decennio. Ma nonostante tutti sembrino consci del pericolo che esso rappresenta per il futuro della Bosnia e della regione più in generale, né la comunità internazionale né le autorità locali sono riuscite a combatterlo con efficacia.
Sulla carta, non c’è penuria di strumenti per raggiungere questo scopo: così come l’EUPM, l’OHR ha due unità anti-crimine, e le forze militari di pace – SFOR ed ora EUFOR – svolgono anch’esse ruoli pressoché di polizia.
Alcuni funzionari internazionali in Bosnia sostengono che molto si sta facendo per affrontare il problema.
Una fonte diplomatica britannica a Sarajevo ha detto a IWPR che ci sono stati significativi sforzi civili internazionali per fermare il crimine organizzato, menzionando l’Unità Anti-Crimine e Corruzione, ACCU, e l’Unità di Investigazione Criminale, CIU, entrambe dipartimenti dell’OHR che hanno condotto indagini sulle reti del crimine organizzato.
Ma un’altra fonte all’OHR ha detto che entrambe le unità hanno carenze di organico e possono opporsi solo a una piccola frazione del problema.
Il mandato dell’EUPM – che ha preso il posto di una similare forza delle Nazioni Unite nel gennaio 2003 – è quello di fornire alla polizia bosniaca addestramento ed altre forme di assistenza, e il suo coinvolgimento operativo è limitato al controllo delle prestazioni della forza locale. Per una fonte interna all’EUPM, che ha chiesto di non essere identificata, questo mandato limitato era sbagliato fin dalla partenza.
“La missione dell’EUPM è controllare la polizia. Non tocca il crimine organizzato. Il mandato e la cultura istituzionale non lo permettono”, ha detto una fonte dell’EUPM.
“Il mandato dell’EUPM ha dato un cattivo messaggio ai duri della Bosnia. Ha comunicato che l’UE avrebbe fatto ancora meno, riguardo al crimine organizzato, dei suoi predecessori nella Task Force di Polizia Internazionale delle NU.”
Un debole ruolo di polizia per la SFOR e ora per l’EUFOR
Alcuni tra i maggiori esperti in materia di sicurezza europea hanno detto a IWPR che il crimine organizzato dovrebbe essere fermato dal contingente militare internazionale, non dai soli civili. Essi chiedono che alle truppe internazionali sia dato un mandato più deciso.
Fin dal loro arrivo nel 1995, le forze di pace della NATO hanno fatto pochi sforzi per confrontarsi col crimine organizzato, concentrandosi invece sull’arrestare gli indiziati per crimini di guerra.
“Sapevamo di reti criminali, ma eravamo interessati solo ai sospetti criminali di guerra; non avevamo ordine di dare la caccia ai delinquenti”, ha già detto quest’anno a IWPR un impiegato del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti che lavora con la SFOR.
Con la SFOR che concludeva la sua missione il 2 Dicembre, molti speravano che la nuova forza di sicurezza guidata dell’UE avrebbe affrontato il crimine organizzato.
Fino a poco tempo fa, la UE diceva esplicitamente che liberare la Bosnia dal crimine organizzato sarebbe stata una massima priorità per l’EUFOR. In un rapporto al Consiglio dei Ministri dell’UE nel febbraio di quest’anno, il responsabile della politica estera europea Javier Solana ha delineato la sua visione di una “nuova e diversa missione” per la forza a venire.
Uno dei due “obiettivi fondamentali” che Solana ha elencato per l’EUFOR era una “particolare attenzione alla lotta contro il crimine organizzato”.
Similmente, Ashdown – che oltre ad essere Alto Rappresentante è anche il Rappresentante Speciale dell’UE in Bosnia – ha enfatizzato in Marzo che “il mandato delle truppe dell’EUFOR dovrebbe essere cambiato in modo da permettere alle truppe di combattere il crimine organizzato in un modo più fermo di quanto abbia fatto la SFOR.”
E in un messaggio televisivo ai bosniaci in luglio, Ashdown ha chiaramente detto come sarebbe stato questo nuovo, duro mandato, “La forza dell’UE continuerà a lavorare a stretto contatto con la NATO, per esempio per consegnare alla giustizia i criminali di guerra. Ma il ruolo della forza dell’Unione Europea andrà anche oltre il semplice consolidamento della pace... Essa lavorerà con la missione di polizia europea per rafforzare la legalità in Bosnia, specialmente combattendo il crimine organizzato”.
La ragione, ha continuato Ashdown, è che “i vostri criminali qui, in Europa sud-orientale, sono i nostri criminali nell’Unione Europea. I ladri d’Europa non conoscono frontiere. Essi usano la Bosnia ed Erzegovina e i Balcani per contrabbandare persone, droga e perfino armi nell’Unione Europea. Così ha un significato assoluto, per noi, combattere insieme questo comune nemico.
Nuova forza, mandato obsoleto
Eppure,nonostante queste forti ed univoche raccomandazioni, la lotta contro il crimine organizzato è stata esclusa dall’indice degli obiettivi-chiave per la nuova forza. Sembra ora che l’EUFOR tratterà il crimine organizzato all’incirca nello stesso modo del suo predecessore SFOR.
Un resoconto della Segreteria del Consiglio dell’UE sulla nuova missione, dall’ottobre 2004, non menziona il crimine organizzato. Al contrario, la terminologia del documento è stata semplificata rispetto alle versioni precedenti, cosicché gli obiettivi elencati sono “creare deterrenza” e “contribuire a una situazione sicura e tranquilla”.
Il mandato adottato dall’EUFOR si basa sugli allegati militari degli Accordi di Pace di Dayton. “Gli obiettivi chiave dell’EUFOR sono creare deterrenza e una costante osservanza degli Accordi di Pace di Dayton, e contribuire a una situazione sicura e tranquilla”, ha dichiarato a IWPR il vice comandante Chris Percival, portavoce dell’EUFOR.
Gli analisti politici in Bosnia obiettano che il linguaggio usato nel documento rispecchia una mentalità obsoleta, visto che è la stessa terminologia usata dalla NATO fin dalla fine della guerra – mentre la situazione è cambiata radicalmente.
"La Bosnia è cambiata dal 1995, il mandato dell’EUFOR basato sugli accordi di Dayton semplicemente non è appropriato in Bosnia," ha detto Emir Suljagic, un reporter della rivista Dani.
Una fonte vicina al comitato militare dell’UE ha detto a IWPR che l’impegno formale a combattere il crimine organizzato è stato annacquato a causa delle dispute tra i maggiori stati membri dell’UE e della NATO.
"Alcuni stati, tra cui la Germania, volevano una forza con un mandato aggiornato, che riflettesse meglio le attuali sfide sulla sicurezza in Bosnia", ha detto la fonte. "Ma c’erano dispute tra alcuni dei maggiori stati dell’UE e con la NATO, e il minimo comun denominatore su cui si poteva convergere era il vecchio mandato del 1995."
Il cambiamento di intenzioni sembra essere confermato dagli stessi comandanti dell’EUFOR in Bosnia. Quando IWPR ha chiesto al nuovo comandante della missione, il generale David Leakey, quale ruolo avrebbe giocato nella guerra al crimine organizzato, ha risposto che quello era compito delle istituzioni bosniache, con l’EUFOR impegnata solo in un ruolo ausiliario.
"La lotta contro il crimine organizzato è in mano alle autorità locali. È la loro principale responsabilità," ha detto. "Comunque, noi offriremo alle autorità locali informazioni e consigli dove ciò sia opportuno."
Gli osservatori locali sono inorriditi dal mandato indebolito dell’EUFOR. "Se l’EUFOR fosse veramente interessata ad avvicinare la Bosnia a Bruxelles, avrebbe fatto del crimine organizzato un suo specifico obiettivo," ha detto Suljagic.
Da come stanno le cose, Suljagic vede il cambio dallo SFOR all’EUFOR come "una organizzazione inefficace che ne rimpiazza un’altra".
Sulle strade coperte di neve di Sarajevo, l’atteggiamento è ugualmente pessimista, nonostante le affissioni per la città pubblicizzino l’arrivo dell’EUFOR con lo slogan "Dalla Stabilizzazione all’Integrazone” — un tema reiterato in una campagna di pubbliche relazioni attraverso i media.
"Ho visto i manifesti dell’EUFOR che promettono di portarci dalla stabilizzazione all’integrazione, ma non vedo l’EUFOR aiutarci davvero contro quelli che hanno i fucili e le bombe," ha detto Mirsad Hafizovic, 39. "Lasceranno che i Bosniaci si assumano i rischi e parleranno del loro mandato nelle loro confortevoli basi, come hanno fatto durante la guerra."
Senad Slatina, un analista dell’International Crisis Group, dice che perfino il titolo ufficiale della missione di sicurezza dell’UE, Operazione Altea, non è di buon auspicio per il futuro.
Nella mitologia greca la regina Altea era "una figura tragica, predestinata", ha detto. "Nonostante una premonizione alla nascita di suo figlio, finisce per ucciderlo, dopo che lui ha ucciso il fratello. E infine si uccide essa stessa.”
"Questo non è un nome beneaugurante per una operazione di peace-keeping in Bosnia, vista la storia recente del paese. Con un nome come Altea, è difficile dare all’EUFOR il beneficio del dubbio."
Un nuovo approccio al coordinamento?
Una fonte diplomatica britannica di IWPR ha sostenuto che il ruolo dell’EUFOR è solo una componente in una nuova struttura di sicurezza a guida europea, a ombrello, che si sta creando, e che porterà ad un migliore coordinamento tra civile e militare nella lotta contro il crimine organizzato.
"Come Rappresentante Speciale dell’UE, Paddy [Ashdown] ha un diverso rapporto istituzionale con il comandante dell’EUFOR che con il comandante della SFOR," ha detto la fonte. "Le nuove strutture dell’UE, insieme al fatto che sia Ashdown che il comandante dell’EUFOR Leakey provengono dallo stesso paese, aiuterà a facilitare la cooperazione tra i Carabinieri Italiani dell’EUFOR e gli investigatori del crimine organizzato che lavorano per Ashdown."
Una portavoce dell’ufficio del Rappresentante Speciale dell’UE, EUSR, ha confermato che sono operative nuove strutture per poter coordinare meglio gli sforzi internazionali.
"L’EUFOR è parte di un nuovo, comprensivo pacchetto di assistenza dell’UE per la Bosnia, che sarà coordinato dall’EUSR, Paddy Ashdown," ha detto Irena Guzelova, direttore delle comunicazioni dell’EUSR. "Il vantaggio dell’EUFOR è che ora saremo in grado di riunire le dimensioni militre, politica ed economica della riforma in Bosnia."
L’EUFOR ha confermato che nel suo ruolo di EUSR, Lord Ashdown giocherà un ruolo significativo nei nuovi accordi. "Il generale Leakey lavorerà a stretto contatto con Lord Ashdown e ci sarà una forte collaborazione a tutti i livelli tra le controparti UE," ha detto il portavoce Percival.
Thomas Muehlmann, capo consigliere politico dell’EUPM, ha fatto eco a questa visione, dicendo, "La sfida era coordinare l’ampia varietà di strumenti UE che ora abbiamo in Bosnia. Così Paddy Ashdown è nella catena di comando che va dal commissario dell’EUPM Kevin Carty a Lord Ashdown e oltre, fino al Segretario Generale Javier Solana a Bruxelles."
Però, altri funzionari internazionali ammoniscono che questo parlare di accresciuto coordinamento internazionale non è nulla di nuovo per i Balcani.
Essi avvertono che l’intrinseca timidezza del presente mandato dell’EUPM potrebbe stabilire lo schema del futuro comportamento dell’UE di fronte a sfide impegnative.
Nelle parole della fonte di IWPR presso l’EUPM, "L’EUFOR non si può permettere di essere vista nella stessa luce dell’EUPM."
Nonostante le riforme, la polizia bosniaca può farcela?
I funzionari internazionali insistono che, in definitiva, sta alle locali istituzioni bosniache affrontare il crimine organizzato. Ma funzionari bosniaci hanno detto in privato a IWPR di non essere in grado di arginare il problema da soli.
Gli ottimisti nella comunità internazionale evidenziano il consolidamento e lo sviluppo delle agenzie a livello statale. Per esempio, negli ultimi tre anni, i politici bosniaci si sono accordati – con riluttanza, e con qualche pressione internazionale – di riunire sotto uno stesso tetto i frammentati servizi di intelligence e di sorveglianza dei confini.
Il nuovo ministero della sicurezza, dell’intero stato, ha tre componenti principali: Il Servizio di Confine di Stato, SBS, l’Agenzia di Investigazione e Protezione, SIPA, e l’Agenzia di Intelligence e Sicurezza, OSA.
La più attiva di queste componenti sono le guardie di confine. "La SBS è, letteralmente, la prima linea" ha detto a IWPR un consigliere dell’EUPM per la forza di frontiera.
"Poiché sorvegliano i confini di Bosnia, hanno la responsabilità dir intercettare una delle più importanti componenti del crimine organizzato in questo paese – il contrabbando e il trafficking."
Ma i critici sostengono che la struttura della SBS, così come è stata definita dalle NU, le impedisce di contrastare efficacemente il contrabbando o di dare la caccia ai presunti criminali di guerra che frequentano le aree di confine.
"Ecco un’organizzazione che ha il compito di intercettare i trafficanti, i contrabbandieri e i sospetti criminali di guerra mentre attraversano le altamente permeabili frontiere della Bosnia. La geografia del confine est in particolare - remota, montagnosa, piena di fiumi, laghi e valichi clandestini – suggerirebbe il bisogno di una pattuglia di frontiera mobile, qualcosa di simile a quello che abbiamo sul confine tra USA e Messico," ha detto un agente del Dipartimento USA per la Sicurezza Nazionale, che ha chiesto di non essere nominato.
"Invece le forze internazionali in Bosnia hanno concepito una forza statica, dislocata in punti fissi. Ciò significa che la SBS non ha la dovuta mobilità. Il miglior esempio di questo è che hanno solo quattro squadre mobili per coprire i 1,500 chilometri di confini della Bosnia."
Prlenda sostiene che la SBS ha estremo bisogno di assistenza internazionale sotto forma di elicotteri, equipaggiamenti per la visione a raggi infrarossi, e unità mobili con la capacità di confrontarsi con "contrabbandieri bene armati e sostenitori di criminali di guerra".
Muehlmann, dell’EUPM, respinge le critiche dicendo, "Quella della SBS è una storia di successo. Ha mostrato ai Bosniaci che è possibile sviluppare istituzioni a livello statale con il supporto internazionale e che queste istituzioni possono davvero funzionare."
I funzionari dell’EUPM mostrano un certo numero di successi della SBS in quest’anno, compreso lo smantellamento di un giro di contrabbando nella Bosnia nord-orientale, parte dei cui profitti si ritiene abbiano finanziato sospetti criminali di guerra in fuga.
La situazione della SIPA, etichettata come la "FBI bosniaca”, è anch’essa messa in discussione dagli esperti, che dicono che essa è rimasta sulla carta fin dai suoi inizi nel 2002.
"La SIPA e il ministero della sicurezza non funzionano realmente," ha detto Avdic. "Ancora più importante, non hanno ottenuto nessun risultato concreto da che sono state istituite ufficialmente."
Precedentemente nel corso di quest’anno, all’IWPR è stata mostrato un organigramma che mostrava nel dettaglio la distribuzione del futuro personale della SIPA – il 75 per cento del quale doveva essere assegnato alla protezione dei VIP e al lavoro amministrativo, con solo una piccola percentuale dedicata ad investigare sul crimine organizzato.
"Io non penso che la struttura sia corretta," ha detto un consigliere dell’EUPM che ha chiesto di non essere nominato. “Se si tratta della Bosnia che combatte il crimine organizzato, allora la SIPA non dovrebbe spendere tante delle sue risorse per proteggere politici e dignitari locali."
Muehlmann ha detto a IWPR che la struttura organizzativa della SIPA è cambiata dalla redazione di quel documento, e che ora essa avrebbe dipartimenti per la raccolta di informazioni sul crimine e sulla finanza, come anche per i crimini di guerra. Ma ha ammesso che il grosso dello staff operativo rimane nell’unità di protezione dei VIP.
La struttura della polizia bosniaca – che attualmente consiste in 19 forze separate al servizio di due diversi ministeri dell’interno, uno per entità – è la prossima della lista, per una riorganizzazione.
Ashdown ha ordinato che un singolo ministero dell’interno, a livello statale, sia stabilito entro la fine di quest’anno. In preparazione a questo, ha annunciato in luglio la formazione di una commissione che deciderà se le forze di polizia separate della Federazione e della RS saranno disciolte o solamente subordinate al ministero centrale.
Ha spiegato la logica della riorganizzazione della polizia in termini duri: "Al momento, il crimine organizzato sta prevalendo in questo paese. Le forze di polizia di Bosnia ed Erzegovina sono divise, hanno troppi effettivi e troppo poche risorse.... I criminali di Bosnia ed Erzegovina sono uniti, ben forniti, e operano impunemente attraverso le frontiere."
Sospensione del giudizio o incredulità?
"Il crimine organizzato pone una seria minaccia all’integrazione della Bosnia" ha detto Doris Pack, un influente membro tedesco del Parlamento Europeo. "Ci sono molti criminali al potere, così è difficile per la polizia bosniaca onesta agire da sola."
Con la riforma della polizia bosniaca ancora in corso, parte del compito di combattere il crimine organizzato dovrà sicuramente ricadere, per qualche tempo a venire, sui suoi sostenitori europei.
Gli Europei hanno la volontà di farlo?
"Io non sono convinto dell’EUFOR," ha detto Neven Kazanovic, un analista della sicurezza per il parlamento bosniaco. "L’EUFOR non è guidata dagli americani, ed è stato dimostrato qui in Bosnia – durante la guerra e la missione di peace-keeping delle NU – che le forze a guida europea non avevano la volontà di affrontare i criminali di guerra e le loro mafie."
Comunque, un funzionario dell’UE ha detto a IWPR che l’EUFOR sta anticipando proprio questo tipo di visione negativa di una missione a guida europea – e che azioni concrete saranno intraprese per mostrare ai bosniaci che questo vuole dire fare sul serio.
"Io mi aspetto una grande operazione dell’EUFOR qui in Bosnia, qualcosa che mostri i muscoli, perché la UE ha un problema di credibilità qui, e ne è consapevole," ha detto il funzionario, che ha chiesto di rimanere anonimo.
Slatina teme che non riuscendo a mettere la lotta alla mafia sulla lista di obiettivi dell’EUFOR si invieranno segnali sbagliati ai funzionari locali che vogliono arginare il problema ma sono attualmente troppo intimoriti per farlo.
"L’omicidio di Jozo Leutar ha inviato un univoco messaggio a tutti i funzionari bosniaci col fegato di andare contro al crimine organizzato, ha detto Slatina.
"Leutar iniziò le sue indagini dopo forti incoraggiamenti da parte dei funzionari internazionali. Ma i funzionari non ci furono quando ebbe bisogno di loro. E nonostante le promesse internazionali del contrario, il suo assassinio rimane insoluto.”
"Io credo che sia assolutamente chiaro qual’è il messaggio più forte."
Hugh Griffiths è coordinatore investigativo dell’IWPR. Nerma Jelacic è direttore nazionale per la Bosnia di IWPR. I praticanti di IWPR Aida Alic, Aida Sunje e Ilda Zornic hanno contribuito a quest’inchiesta come parte del loro apprendistato al giornalismo d’inchiesta presso IWPR
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