La storia di Oslobodjenje, da giornale simbolo della lotta antinazista durante la seconda guerra mondiale, e della resistenza di Sarajevo nella guerra recente, al tracollo economico. L’ascesa di Dnevni Avaz e delle testate “bosgnacche”. Lo stato della carta stampata in Bosnia Erzegovina oggi, dal socialismo al nazionalismo passando per le privatizzazioni
Il palazzo di Oslobodjenje, uno dei simboli dell'assedio di Sarajevo
Di Mirna Skrbic, Transitions Online, 6 Gennaio 2005
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta
SARAJEVO, Bosnia Erzegovina — I media della carta stampata nella Bosnia postbellica non sono mai stati famosi per la loro finezza. L’attuale scenario è dominato da cause per diffamazione e da un incolmabile divario tra pubblicazioni vicine ai nazionalisti al potere nelle due Entità della Bosnia, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina e la Repubblica Srpska (RS), e pubblicazioni indipendenti. Una disputa tra i principali quotidiani della Federazione ha ora ampliato questo divario.
Il quotidiano ex socialista Oslobodjenje (Liberazione), un’icona degli anni di guerra ma da allora in forte declino, e il fortunato Dnevni Avaz (La voce quotidiana), hanno alzato il livello del loro scontro verbale quando alcune ricchissime società bosniache si sono accordate per dare la scalata al capitale di Oslobodjenje con l’intento di riscattare il giornale da un debito di 5 milioni di euro.
Dnevni Avaz e il settimanale Ljiljan, entrambe pubblicazioni di orientamento prevalentemente bosgnacco (bosniaco musulmano), hanno accusato individui affiliati o sospettati di affiliazione con queste società di abusare di fondi statali per aiutare Oslobodjenje. I critici prendono di mira in particolare il vice presidente del Partito di Azione Democratica (SDA), figlio dell’ex presidente Alija Izetbegovic, Bakir Izetbegovic.
Ljiljan ha scritto il 2 Dicembre che Izetbegovic ha fatto un accordo con il Primo Ministro Ahmet Hadzipasic della Federazione, prevalentemente bosniaco musulmana e croata, per appoggiare l’intenzione della Sarajevo Tabacchi (FDS) di investire più di un milione di euro nell’Oslobodjenje privatizzato.
Mentre Avaz, lo stesso giorno, contestava che il primo ministro stava considerando di sostituire il direttore dell’FDS, Sefik Lojo, Ljiljan accusava Lojo di comprare Oslobodjenje con fondi statali. La rivista metteva in dubbio la stessa privatizzazione di FDS; il 40 per cento del capitale di FDS è detenuto dal governo.
Oslobodjenje ha recentemente avvicinato alcune importanti società bosniache proponendo loro di investire fondi per privatizzare ulteriormente il giornale. Fatto abbastanza interessante, uno degli azionisti proposti potrebbe essere Hilmo Selimovic, delle Birrerie Sarajevo, che è stato impegnato in un’aspra guerra personale con il proprietario di Avaz, Fahrudin Radoncic. In effetti, Selimovic ha recentemente dato vita al suo giornale, San, per ribattere alle accuse abitualmente rivoltegli da Avaz.
Ci sono state molte congetture da parte del pubblico sull’origine dei suoi capitali, ma la stessa cosa è vera anche per Radoncic.
Avaz ha nuovamente sollevato dubbi sull’origine dei soldi di Selimovic poche settimane fa, e Oslobodjenje ha risposto accusando Avaz di aver creato il suo impero con metodi criminali e col supporto delle élite al potere.
Avaz ha prontamente restituito il colpo e ha affermato che i direttori delle più grandi società bosniache, potenziali azionisti di Oslobodjenje - Lojo, Mijo Brajkovic, Selimovic e Salko Hasanefendic – agiscono spinti dalla paura dell’incombente privatizzazione delle loro stesse compagnie, e di ciò che una qualsiasi conseguente verifica dei bilanci potrebbe portare alla luce.
Sia Izetbegovic che il primo ministro hanno negato di aver stretto un accordo.
In effetti, il pubblico bosniaco è stato sorpreso nel vedere Izetbegovic criticato da Avaz e da Ljiljan: lo si ritiene infatti una delle persone che stavano dietro alla fondazione di Avaz nel 1995, con la provvigione di generosi fondi da parte dell’SDA.
Il direttore del settimanale indipendente Slobodna Bosna, Asim Metiljevic, ha detto che le istituzioni bosniache, incluse la polizia e l’esercito, hanno fornito aiuto logistico ad Avaz durante la guerra. In effetti il giornale, allora chiamato Bosnjacki Avaz (La Voce Bosniaca), era distribuito perfino mentre Sarajevo era sotto assedio.
Ma Metiljevic pensa che il giornale possa semplicemente essere divenuto troppo potente, e che ci sia ora una crescente insoddisfazione tra alcuni membri dell’SDA, che stanno tentando di contrastare la sua influenza.
Un contrappeso adeguato potrebbe venire da un rinnovato Oslobodjenje. Ma prima che questo accada, il giornale dev’essere allontanato dalla soglia della bancarotta.
Indebolito dalla storia
Pubblicato per la prima volta nel 1943 come parte della lotta contro il fascismo durante la Seconda Guerra Mondiale, Oslobodjenje è stato pubblicato lungo tutto il mezzo secolo di comunismo, e usciva ogni giorno durante l’assedio di Sarajevo, dal 1992 al 1995, eccetto pochi giorni all’inizio [della guerra] quando i suoi impianti di stampa dovettero fermarsi.
Durante la guerra, Oslobodjenje divenne un emblema della perseveranza di Sarajevo e ricevette una dozzina di premi internazionali per il coraggio dei suoi reporter. Fu nominato Giornale dell’Anno dalla BBC e da Granada TV nel 1993.
Ma il giornale uscì dalla guerra ridotto a un’ombra di ciò che era stato. Un’infrastruttura distrutta, debiti, e lo stile di gestione socialista, che aveva condotto a una forza lavoro sovradimensionata, portarono il giornale a un rapido declino. Nel corso della privatizzazione, non poté neppure comprare i suoi impianti di stampa, che andarono invece ad Avaz.
Ancora oggi, il governo gli deve 1 milione di euro.
L’ex giornalista di Oslobodjenje ed analista Hamza Baksic sostiene che fu proprio la dedizione del giornale alla qualità del giornalismo durante l’assedio che lo portò al rischio finanziario.
“Durante la guerra, ci muovevamo commercialmente senza alcun riguardo per i costi economici. Il nostro giornale costava come due sigarette sul mercato cittadino. Allora non riuscivamo a considerare questi aspetti, e abbiamo fatto considerevoli errori nella nostra strategia commerciale”, ha detto Baksic.
Oslobodjenje fu privatizzato in un processo che iniziò prima della guerra e terminò solo nel 2003. Del suo capitale attuale, il 51 per cento appartiene a piccoli azionisti, il 39 per cento alla società slovena Kmecka Druzba, e il 10 per cento all’affarista Temin Dedic.
Ma il giornale necessita ancora di raccogliere capitale aggiuntivo per appianare un debito di 5 milioni di euro.
Voleva vendere il suo palazzo principale a Sarajevo, del valore stimato di circa 3 milioni di euro, al suo vicino, il Dnevni Avaz. Avaz ha recentemente costruito un altissimo centro commerciale sulle rovine di un vicino palazzo che un tempo apparteneva proprio ad Oslobodjenje.
Secondo il settimanale Slobodna Bosna, Oslobodjenje tuttora detiene una quota del centro commerciale, e la recente guerra mediatica è scaturita dai contrasti sulla proprietà.
L’opinione pubblica bosniaca, nel frattempo, non riesce a scuotersi di dosso due sospetti correlati: primo, che la prevista raccolta di capitali di Oslobodjenje possa mettere a repentaglio l’indipendenza del giornale.
Selimovic, in particolare, potrebbe voler trasformare il giornale in un’arma contro Avaz. Secondo, che possano essere vere le accuse di Avaz secondo cui alcuni dei futuri possibili investitori hanno beneficiato di precedenti accordi di privatizzazione.
Senka Kurtovic, direttore generale di Oslobodjenje, ha respinto entrambi questi timori.
Ha detto al settimanale Dani che il giornale stava corteggiando diversi investitori, al fine di evitare la formazione di una linea editoriale di parte. Ha anche puntualizzato che la Corte Suprema bosniaca ha regolato per legge la privatizzazione di queste società.
La privatizzazione deve ancora essere discussa dall’assemblea degli azionisti, e la Commissione di Sicurezza dovrà anch’essa dare la sua approvazione.
Ma non c’è dubbio che Oslobodjenje abbia un urgente bisogno di rinnovamento nel management.
Secondo Boro Kontic, direttore dell’istituto di formazione ed assistenza Media Center di Sarajevo, un giornale come Oslobodjenje, con una tiratura inferiore a 10.000 copie, non può mantenere 260 impiegati. (Avaz ha una tiratura intorno alle 30.000 copie.)
“Avaz segue una logica economica: ha tanti impiegati quanti ne permette la tiratura. Oslobodjenje ha molti più impiegati di quanti ne abbia mai avuti fin da prima della guerra… e non ha una politica economica razionale”, afferma Kontic. “Qualcuno dovrà dire ad un gran numero di persone che lavorano per Oslobodjenje di andarsene.”
Un divario culturale
Il recente tiro alla fune tra i due principali quotidiani della Federazione ha evidenziato ancora una volta la divisione tra le due “tribù” del giornalismo bosniaco.
Una consiste nelle pubblicazioni bosniache indipendenti, come i settimanali d’informazione Slobodna Bosna, Dani, e Start, il quotidiano della RS Nezavisne novine, e Oslobodjenje. L’altra include il quotidiano della RS Glas Srpski, Avaz, e le riviste Ljiljan e Walter.
Un ex giornalista di Oslobodjenje, Baksic, sostiene che queste due tribù sono divise sulla questione: “Io sono un giornalista o un Bosniaco Musulmano che lavora come giornalista?”
Secondo lui l’élite politica bosniaco musulmana sta cercando di creare un conglomerato nazionalista dei media, composto da Avaz e da alcune stazioni televisive e radiofoniche. “Avaz è stato creato coi capitali dell’SDA, partito bosniaco musulmano al potere, che ha investito a fondo perduto nel giornale 5 milioni di euro. Il giornale non è andato sotto durante la guerra, mentre Oslobodjenje è andato in rovina.”
Baksic ha pubblicato circa 400 articoli su Oslobodjenje durante la guerra.
Ma sostiene che Radoncic di Avaz è un buon uomo d’affari e un buon giornalista. “Non voglio dipingere un’immagine in bianco e nero,” ha detto.
Kontic, del Media Center, concorda: “In senso giornalistico ed affaristico, Avaz è molto più forte e più capace di Oslobodjenje, che confida nella sua storia… Avaz ha un’ossatura giornalistica molto forte e reagisce molto rapidamente, diversamente da Oslobodjenje, che si affida ancora alle vecchie firme, che scrivono gli editoriali. Avaz rappresenta un’espressione della Bosnia del dopoguerra, mentre Oslobodjenje è un residuo della Bosnia d’anteguerra. Queste due posizioni sono in definitiva inconciliabili.”
Molti dei vecchi valori civici sono scomparsi, e nuovi valori non sono ancora emersi. Metiljevic, di Slobodna Bosna, ritiene che Avaz rifletta questa nuova realtà sociale. Per esempio, il giornale copre l’industria dell’intrattenimento, ma non ha una pagina culturale degna di nota, mentre Oslobodjenje continua ad occuparsi di temi privi di rilevanza economica.
Ma in fondo, ha detto Metiljevic, Oslobodjenje è un brutto giornale che si nutre del suo sbiadito prestigio, come le sue controparti dell’era comunista Vjesnik in Croazia e Politika in Serbia. Secondo lui, inoltre, molti hanno paura di essere ingannati da Avaz, che aiuta il suo concorrente.
Kontic concorda sul fatto che Avaz abbia nella sua agenda politica il programma di schiacciare chiunque ritenga essere un oppositore. Oslobodjenje, d’altro canto, cerca di mantenere una certa equità nel suo modo di fare giornalismo.
Aggiunge: “Temo che il pubblico di lettori di Oslobodjenje, un giornale per la classe media, civico, di ampie vedute... sia in declino.
Oslobodjenje in quanto Oslobodjenje sta scomparendo.”
Processi e tribolazioni
La associazione statunitense Freedom House ha descritto la libertà di stampa in Bosnia come “incompleta” l’anno scorso, una valutazione che non è cambiata rispetto a cinque anni fa.
Un aspetto di questa libertà incompleta sono le frequenti querele per diffamazione – non solo da parte di personaggi pubblici, ma anche da parte di giornalisti contro i loro oppositori.
I giornalisti di Dnevni Avaz sono stati particolarmente attivi nel perseguire le loro controparti di Slobodna Bosna e Dani. Lo scorso dicembre, Dani ha pagato circa 3.500 euro di danni ad Avaz per aver riportato una frase di Selimovic che diffamava Radoncic.
La legge sulla diffamazione è stata usata solo negli ultimi due anni.
Mentre le televisioni e le radio sono sotto la supervisione dell’agenzia di regolamentazione per le telecomunicazioni, che le può sanzionare e revocare loro le licenze, nessuna istituzione simile esiste per la carta stampata. Il Consiglio della Stampa è un organo di autoregolamentazione che può solo emettere rapporti osservativi che misurano quanto un giornale agisca in maniera contraria al codice della stampa.
Finora, il Consiglio della Stampa ha emesso due siffatti rapporti. Il secondo, che copre aprile e maggio 2004, ha trovato un immenso numero di violazioni. Glas Srpski è in cima alla lista, con 159 violazioni, principalmente per ingiurie, mentre Avaz è stato citato per 107 violazioni. La maggior parte di esse riguardavano violazioni della privacy.
Il deterioramento degli standard giornalistici potrebbe essere solo un sintomo di una società che attraversa una fase di scompiglio, emergendo da una guerra e da un governo a partito unico. L’attuale misero stato del giornalismo bosniaco è forse solo temporaneo. Ma non promette nulla di buono per una società che ha bisogno di tutto l’aiuto che può ottenere.