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Kosovo: trottola continua?

06.04.2005    scrive Biserka Ivanović

Il 70% dei cittadini del Kosovo apprezza il suo lavoro. Ciononostante non è sicuro di restare. Dopo le dichiarazioni di Jessen-Petersen ritenute da alcuni troppo amichevoli nei confronti dell'ex Primo ministro Ramush Haradinaj si fanno insistenti le voci su una sua possibile partenza
Soeren Jessen-Petersen - B92
La scorsa settimana il rappresentante speciale del Segretario generale ONU Soeren Jessen-Petersen si è recato a Belgrado dove ha avuto una serie di incontri con i rappresentanti del governo serbo.

Lo scopo della visita era quello di discutere il ruolo di Belgrado quando verranno avvaiti i negoziati sul futuro status del Kosovo.

Soeren Jessen-Petersen ha testato l'eventuale possibilità che i negoziati prendano avvio già entro l'anno in corso ed ha voluto assicurarsi personalmente che Belgrado sia intenzionata a non boicottare il processo ma, al contrario, a prendervi parte.

La visita aveva inoltre lo scopo di rendere più rapido e fattivo il dialogo su alcuni temi che doveva anticipare i negoziati sullo status, ma nei fatti rimasto congelato in questi mesi di incertezze. Tra questi il destino degli scomparsi, quello degli sfollati ed infine il delicato e concreto problema della fornitura di energia elettrica alle comniuità serbe e non.

Durante la permanenza a Belgrado Soeren Jessen-Petersen ha inoltre sottolineato come in Kosovo sia in atto una radicale riforma dei poteri locali e come Belgrado potrebbe fornire supporto e consulenza ai serbi del Kosovo su come partecipare al meglio a specifici tavoli di lavoro istituiti sulla questione.

Immediate le reazioni politiche alla visita a Belgrado del più alto rappresentante dell'UNMIK. Bajram Kosumi, successore di Ramush Haradinaj alla guida del governo del Kosovo, ha dichiarato che da parte sua il governo è pronto al dialogo con Belgrado su questioni tecniche ma che vi è una cosa della quale non è possibile dibattere con Belgrado: l'indipendenza del Kosovo.

Quest'ultimo punto è stato ulteriormente rimarcato dal presedente kosovaro Ibrahim Rugova secondo il quale Belgrado ha perso il diritto a prendere qualsiasi decisione riguardante il Kosovo nel 1999 e che quest'ultimo vive ormai tempi nuovi. "L'indipendenza è una precondizione per la stabilità in questa parte d'Europa".

Se nel suo dialogo con il Presidente serbo Boris Tadic il Rappresentante speciale per il Kosovo ha avuto chiare assicurazioni sulla disponibilità ad avviare i negoziati tale chiarezza non è invece emersa dall'incontro con il primo ministro serbo Vojslav Kostunica. Quest'ultimo non avrebbe dato alcuna risposta sulla questione.

Sull'avvio dei negoziati esiste anche una data. Per Jessen-Petersen, nel caso in cui in estate vi fosse una valutazione positiva da parte della comunità internazionale sugli standard posti al Kosovo ed al suo governo, il dialogo sullo status potrebbe essere avviato già nel prossimo settembre.

Ma il prossimo settembre Soeren Jessen-Petersen sarà ancora in Kosovo?

Secondo molti analisti politici le sue dichiarazioni troppo amicali nei confronti dell'ex Primo ministro del Kosovo Ramush Haradinaj, hanno sollevato in seno alla comunità internazionale molte critiche. Si sono allora diffuse indiscrezioni secondo le quali Soeren Jessen-Petersen sarebbe in procinto di abbandonare l'incarico per assumere un nuovo ruolo a capo dell'UNHCR.

Se però analizziamo l'immagine del precedente rappresentante di Kofi Annan e dell'attuale è indubbio che il lavoro di quest'ultimo è maggiormente apprezzato dalla gente comune che lo sente più vicino del suo predecesore. In un sondaggio promosso recentemente il 70% dei cittadini del Kosovo ha definito "positivo" quanto svolto sino ad ora dal rappresentante UNMIK.

Ciò in cui Jessen-Peteresen è sicuramente riuscito, anche grazie alle sue capacità diplomatiche e alla sua esperienza, è di riavvicinare i politici kosovari alla comunità internazionale e nel fare chiarezza sulle politiche principali di quest'ultima in Kosovo: a partire dal delineare il percorso che porterà ai negoziati sullo status.

Soeren Jessen-Petersen è riuscito a ridare credibilità in Kosovo alla comunità internazionale. Credibilità che era andata del tutto persa dopo le violenze del marzo 2004.

Difficile ora dire come una sua eventuale partenza potrebbe influire sulla situazione in Kosovo. Molto dipende da chi prendesse il suo posto.

Una cosa è certa. Soeren Jessen-Petersen sta agendo in modo da far progredire il Kosovo sul piano politico e soprattutto su quello della stabilità

Mentre qualcuno lo accusa di essere troppo filo-albanese lui risponde che lavora con quelli che stanno attorno al tavolo e con istituzioni che sono state elette in modo democratico. Un messaggio sottolineato fin dal suo arrivo e che poi è stato un leit-motiv del suo agire.

In merito ai "posti a tavola" il rappresentante UNMIK ha fatto una delle sue uniche eccezioni accettando all'ultimo momento l'inclusione della ‘Lista serba per il Kosovo', tra i partiti che poi si sono presentati alle elezioni politiche dell'anno scorso.

Nonostante siano molti i politici serbi ad accusare Jessen-Petersen di aver più volte dimostrato molta simpatia nei confronti della maggioranza albanese del Kosovo è difficile contestargli il fatto di avere tanto lavorato con le istituzioni regolarmente elette quanto invitato la comunità serba a non boicottare ed a partecipare alle istituzioni provvisorie.

Soren Jessen-Petersen probabilmente non se ne andrà prima di giugno, mese nel quale verranno nominati due inviati speciali che si occuperanno di seguire rispettivamente la valutazione tecnica sugli standard ed il dialogo con Belgrado.

Molti media hanno fatto anche il nome di un possible successore: Kai Eide, ambasciatore della Norvegia presso la NATO, ed estensore per conto di Kofi Annan di un rapporto sullo stato dell'UNMIK all'indomani degli scontri di marzo del 2004. Ma quest'ultimo ha negato affermando che nessuno lo ha contattato e che comunque non sarebbe disponibile per ricoprire tale incarico.

Kai Eide ha invece buone chance di essere nominato a capo di una delegazione speciale nominata da Kofi Annan con il compito di valutare, in giugno-luglio, l'implementazione effettiva degli standard in Kosovo.

Recentemente con Kai Eide si è incontrato il ministro per gli affari esteri serbo Vuk Draskovic. Quest'ultimo ha riferito ad Eide la situazione in cui vivono i serbi del Kosovo in particolare riportando della vita nelle enclaves e sottolineando che il primo impegno della comunità internazionale dovrebbe essere quello di assicurarsi che tutti gli standard di democrazia vengano effettivamente implementati e non solo enunciati.

I media del Kosovo hanno recentemente riportato anche che l'ex Segretario generale NATO, Lord George Robinson, potrebbe essere in futuro nominato mediatore per i negoziati sullo status finale del Kosovo godendo della fiducia di entrambe le parti in causa ed inoltre anche del supporto dell'Unione europea e degli Stati Uniti.

Nessun commento su questo però da parte di Jessen-Petersen impegnato più che mai a raggiungere un generale consensus politico sull'avvio dei negoziati. "I prossimi saranno mesi cruciali per il Kosovo e la leadership kosovara deve muoversi unita e compatta".

La percezione è che vi sia molto di vero in queste parole e che non siano enunciazioni esclusivamente di forma.
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