Il Partito di Azione Democratica (SDA) guida la amministrazione comunale di Srebrenica con lo slogan "Andiamo avanti". Il giovane sindaco, Abdurahman Malkic, ci spiega cosa significa progettare il futuro di una città europea che porta su di sè lo stigma del genocidio
Foto: Luka Zanoni
Srebrenica: manifesto elettorale dell'Sda "Andiamo avanti"
Il vostro motto è idemo dalje, andiamo avanti. Che cosa vuol dire andare avanti oggi, a Srebrenica?
Continuare con le attività che abbiamo avviato per costruire e restituire la fiducia, al di là di tutto quello che è successo. Andiamo avanti è il nostro dovere di continuare, di andare oltre, senza dimenticarci del nostro passato tragico.
Quanti sono gli abitanti di Srebrenica?
Srebrenica purtroppo ha vissuto un forte calo demografico. Rispetto a prima della guerra, quando Srebrenica contava 37.000 abitanti, oggi ce ne sono solamente 10.000.
Secondo le nazionalità?
I Bosgnacchi sono circa 4.000, il resto sono Serbi. Dei 6000 Serbi, circa 2.000, 2.500 sono rifugiati che provengono dalla Federazione, mentre gli altri sono Serbi della zona di Srebrenica.
I rifugiati vivono in campi collettivi?
Alcuni sì, altri in abitazioni private.
Quali sono le zone della Federazione da cui provengono i rifugiati serbi?
Una volta la maggior parte di loro proveniva dall'area di Donji Vakuf, mentre oggi soprattutto dalla regione di Sarajevo.
Chi vota per il sindaco di Srebrenica?
Votano sia i Serbi esuli dalla Federazione, ma registrati a Srebrenica, perché vivono qui, che i Bosgnacchi rifugiati in tutta la Federazione e all'estero, oltre naturalmente a quelli che vivono nel comune di Srebrenica. Gli elettori registrati sono circa 21.000, 10.000 dei quali, meno del 50%, ha votato nel corso delle ultime elezioni. L'SDA agli ultimi scrutini ha ottenuto 3.700 voti.
Nel mondo la parola Srebrenica significa soprattutto quello che è accaduto qui nel luglio 1995. A distanza di dieci anni, qual è la situazione della cittadina?
Purtroppo non è cambiato molto, ancora oggi si sentono le tracce del genocidio avvenuto dieci anni fa. Ci sono barriere psicologiche, che sono difficili da superare. È semplicemente difficile dimenticarsi di tutto ciò che è accaduto. Ci sono stati molti e diversi crimini, dei quali le conseguenze sono ovvie.
Abdurahman Malkic, sindaco di Srebrenica
E' ancora lontano il momento di una possibile riconciliazione?
Dico spesso che il mio obiettivo non è quello della riconciliazione, ma piuttosto quello di ricostruire la fiducia. Io non posso dire ad una sposa e madre che ha perso il marito, e cui sono stati uccisi i due figli, di far la pace con i Serbi. Posso dire piuttosto che quelli che hanno commesso i crimini devono assumersene le responsabilità, e che non tutti i Serbi sono uguali. Per cui innanzitutto la fiducia, mentre per quanto riguarda la pace e la riconciliazione, si tratta di una scelta individuale.
Quante sono le persone sepolte nel memoriale di Potocari?
Ad oggi sono 1.327
Quante sono invece le vittime che sono state identificate?
Le esumazioni sono state più di 7.000, ma questo non vuol dire che ci siano 7.000 corpi, si tratta di 7.000 sacchi pieni di resti umani. In alcuni sacchi ci sono i corpi di diverse persone, in altri troviamo solo parti dei cadaveri. Molte parti dei corpi sono state identificate, ma purtroppo a volte non abbiamo tutte le parti del corpo per poterlo seppellire. Bisogna raggiungere il 75% del corpo identificato per seppellirlo, il 25% rimanente va seppellito nel cimitero comune.
Quali sono i rapporti tra i diversi partiti politici all'interno del comune di Srebrenica?
L'SDA è il partito che ha la maggioranza relativa. Dei 27 consiglieri comunali infatti 13 sono dell'SDA, il Partito dei Socialdemocratici Indipendenti (SNSD) ne ha 4, il Partito per la Bosnia Erzegovina (Stranka za BiH) ne ha 2, il Partito del Progresso Democratico 2, il DNS 1, il Partito Democratico Serbo (SDS) ne ha 3 ed infine il Partito Socialdemocratico (SDP) 2. Questi sono i partiti che compongono il nostro consiglio comunale. I rapporti sono relativamente buoni. Le decisioni vengono prese spesso a maggioranza, se non all'unanimità. Ci sono dei disaccordi con l'SDS, che ha continuamente bisogno di criticare il lavoro dell'amministrazione comunale, ma è un problema loro.
Quali sono le organizzazioni internazionali presenti a Srebrenica?
Principalmente l'Ufficio dell'Alto Rappresentante (OHR), l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, UNDP.
Ci sono invece associazioni e organizzazioni non governative locali?
Sì, ce n'è un numero abbastanza alto, credo 18 in totale, che collaborano con noi per cercare di creare un ambiente migliore a Srebrenica. I nostri rapporti di partenariato con loro sono abbastanza buoni.
Ci sono organizzazioni della società civile miste, ad esempio cui partecipano sia Serbi che Bosgnacchi?
Ci sono sforzi in questo senso, ma purtroppo non abbiamo ancora risultati qualitativamente buoni. In ogni caso sì, ci sono Serbi e Bosgnacchi che lavorano assieme all'interno di organizzazioni locali.
Cosa sta organizzando il Comune di Srebrenica per il decennale?
Daremo il nostro sostegno alla commemorazione del genocidio del luglio 1995. Prendiamo parte pienamente all'organizzazione di questo evento, che quest'anno sosteniamo anche da un punto di vista economico. Sosteremmo tutta la parte organizzativa, io sono anche presidente del comitato che si occupa dell'organizzazione.
Si dice che nel nome di Srebrenica siano stati raccolti e donati soldi da tutto il mondo. Eppure se si considera la distruzione, e in generale lo stato della città, sembra che la guerra sia finita soltanto ieri, non dieci anni fa. Come mai?
C'è un abisso tra quello che si dice e quello che effettivamente succede. Srebrenica purtroppo, con la sua vicenda, è stata terreno fertile per qualsiasi forma di manipolazione. Il genocidio, la distruzione delle abitazioni, degli edifici commerciali e della infrastrutture hanno fatto sì che tutti dicessero di voler aiutare Srebrenica. In verità molti semplicemente parlano di come vogliono aiutare, ma purtroppo i risultati non ci sono. Capita che a Srebrenica arrivi un'organizzazione che propone un progetto di valore relativamente simbolico, diciamo di 50.000 KM [marchi convertibili, ndr], assolutamente insufficienti per ricostruire in maniera appena decente 2 o 3 case. Si pensa di fare molto con questo, e la notizia filtrata dai mass-media fa credere che sia stato investito chissà quanto… Per il programma di rientro abbiamo previsto 2.000 edifici abitabili. Con tutte le infrastrutture indispensabili il progetto costa 80 milioni di KM. Io credo che la cosa migliore sia di investire canalizzando le risorse in una direzione, non investendo parzialmente in diversi progetti senza poi ottenere risultati qualitativi.
Abbiamo visto che è stato ricostruito un campo sportivo polifunzionale, mentre molte case sono ancora distrutte…
Sì, la cooperazione giapponese ha ricostruito le attrezzature sportive, servono anche questi progetti, ma ci vogliono soprattutto investimenti nelle abitazioni. Così si darebbe ai proprietari la possibilità di scegliere se tornare a casa propria. Adesso come adesso questa possibilità non c'è.
Il problema sono le donazioni insufficienti?
Il problema è la politica. Il rientro qui a Srebrenica è iniziato solo nel 2000, 2001, molto piu' tardi rispetto alle altre zone della Bosnia. Ci sono diversi motivi. Gli Stati Uniti ad esempio, basandosi su di un emendamento approvato al Congresso che prevedeva di non investire in zone dove erano ancora presenti indiziati per crimini di guerra, hanno evitato Srebrenica a lungo. La comunità internazionale poi, in generale, ha mutato politica. L'orientamento prevalente non è piu' quello di organizzare i rientri, ma piuttosto quello di sostenerli e renderli possibili economicamente là dove stiano già avvenendo. Ma si tratta di un processo molto, molto lungo. Srebrenica ha vissuto una grande devastazione, su 9.130 edifici ne sono stati distrutti 6.300. Fino ad oggi ne sono stati restaurati – per il minimo essenziale – solo 1.500.
La regione di Srebrenica tuttavia è potenzialmente ricchissima di risorse naturali, ci sono molte sorgenti, miniere, foreste...
Ci sono problemi di tipo sia politico che economico: il processo di privatizzazione non procede in maniera efficace, le risorse naturali sono controllate dal governo della Republika Srpska... Ci sono soggetti interessati ad investire a Srebrenica, ma non è possibile dargli spazi dotati delle infrastrutture comunali indispensabili come acqua, elettricità e linea telefonica. Gli imprenditori preferiscono investire ad esempio a Sarajevo piuttosto che a Srebrenica, dove il mercato è più ampio, c'è maggiore scelta di personale e le infrastrutture indispensabili per avviare un'attività commerciale.
Cosa pensa della proposta di una scuola internazionale di Pace a Srebrenica?
E' una proposta che sosteniamo, circa tre anni fa ci siamo candidati per realizzare una scuola internazionale di Pace presso il Memoriale di Potocari. Srebrenica potrebbe così divenire un centro per la democratizzazione nei Balcani, il che avrebbe un grosso significato simbolico considerato quanto avvenuto qui nel 1995, e rappresenterebbe forse anche una ipotesi di sviluppo.
Abbiamo iniziato parlando del futuro come slogan politico... La sua opinione personale sul futuro di Srebrenica?
Non vorrei sembrarle patetico, ma se non credessi nel futuro di Srebrenica non sarei qui. Nel 1996 avevo la possibilità di andare negli Stati Uniti, ma non ci sono andato. Poi ho avuto un lavoro a Sarajevo, e l'ho lasciato per potermi impegnare a Srebrenica. Non potevo sacrificare i miei figli per la mia attività politica, loro sono rimasti a Vogosca, Sarajevo, ma credo nel futuro di Srebrenica e credo che dobbiamo lottare per questo futuro con le nostre forze. Vede, io sono stato incarcerato dai Serbi, ho passato 5 mesi in campo di concentramento, un mese in carcere. Se mi chiede del futuro, quello che voglio dire a tutti quelli che hanno commesso crimini, a quelli che hanno ucciso mio padre e i miei amici, è che devono e dovranno risponderne, ma a chi non ha commesso crimini voglio dire che noi possiamo lavorare e vivere insieme.
Alla redazione di quest'intervista ha collaborato Ema Neimarlija