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Kosovo: il concetto delle tre velocità

15.07.2005   

In vista dei negoziati che riguarderanno lo status del Kosovo, le tre forze presenti (comunità internazionale, Albanesi, Serbi) stanno lavorando, ma ciascuna ad un ritmo differente. Queste tre velocità sono compatibili tra di loro, e permetteranno di arrivare ad un accordo?
Di Veton Surroi (deputato al Parlamento del Kosovo e presidente del partito ORA), per “Koha Ditore”, 23 giugno 2005; traduzione francese di Belgzim Kamberi per Le Courrier des Balkans e Carlo Dall’Asta per Osservatorio sui Balcani


Veton Surroi
Per comprendere la situazione attuale del Kosovo, sembra necessario avere delle cognizioni di Fisica. Da tre anni il Paese è animato da un dibattito che riguarda le condizioni cui il Kosovo deve ottemperare in vista della negoziazione del suo futuro status. All’inizio c’era il principio «gli standard prima dello status», fase che è durata due anni. Siamo poi arrivati a quella de «gli standard e lo status», durata un anno. Avendo queste due fasi avuto luogo quasi nello stesso tempo, il Kosovo ha dovuto adattarsi agli standard e riflettere contemporaneamente alla questione del suo status. Da qualche settimana, il Kosovo è entrato nella fase «gli standard dopo lo status», malgrado i rinvii riguardanti l’applicazione degli standard.

Le dichiarazioni del più alto rappresentante statunitense incaricato del Kosovo, il segretario aggiunto Burns, appoggiano queste promettenti premesse. Egli avanza tuttavia l’idea che il Kosovo non possa avere una capacità decisionale, e quindi applicare gli standard, se non ha uno status politico più favorevole. Una semplice analisi delle leggi fisiche dimostra che gli standard hanno il loro ritmo e lo status il suo. I due avanzano insieme nella stessa direzione, con l’andatura degli standard che si adatta a quella dello status, e non il contrario. Le tre parti (Comunità Internazionale, Albanesi, Serbi) che definiranno il futuro status del Paese (c’è dunque un cambio di terminologia, non si parla di status definitivo del Kossovo, bensì del suo status futuro), non progrediscono uniformemente, ma a tre diverse velocità.

La Comunità Internazionale è alla fase degli «standard dopo lo status», e prevede l’apertura del processo negoziale per l’inizio di autunno. In questo contesto, il mandato del rappresentante delle Nazioni Unite è volutamente ampio, e non è solo in relazione alla messa in opera degli standard, egli deve anche occuparsi del contesto politico. Deve mettere in evidenza gli sforzi che sono stati fatti per applicare gli standard (il che è vero), ma allo stesso tempo che esistono due ostacoli essenziali per l’avvenire: una palese carenza istituzionale, nella prospettiva di uno Stato vitale, e dei problemi reali nello spettro politico che impediscono la costruzione di un Paese democratico (e anche questo è vero). A partire da una simile analisi, il Kosovo potrà entrare nel processo negoziale, ma le carenze evidenziate in questo rapporto influenzeranno seriamente la formula del futuro status del Kosovo. E questo per una semplice ragione, perché i contorni dello status sono ora chiari. Secondo il Gruppo di Contatto, il Kosovo deve andare verso una indipendenza totale da Belgrado – soprattutto giuridica – ma non verso una sovranità totale nei confronti della Comunità Internazionale. In effetti, il processo negoziale sarà in gran parte diretto verso le competenze che essa dovrà mantenere nell’amministrazione civile del Kosovo, mentre il dominio militare resterà sotto l’egida della NATO (e su questa idea c’è un generale consenso in Kosovo). In seguito si discuterà il ruolo che avranno i Serbi del Kosovo.

Il potere in carica in Kosovo avanza meno velocemente della Comunità Internazionale. Resta fermo alla fase de «gli standard e lo status», ed ha diretto praticamente tutta la sua attenzione agli standard. Concentrandosi sugli standard senza far seguire le istituzioni del Paese, mettendo in atto soprattutto delle situazioni poco democratiche (pieni poteri all’Assemblea), non lottando contro la corruzione e la cattiva gestione del denaro pubblico, non avendo una politica economica, tollerando l’esistenza di strutture di sicurezza parallele, il potere giustifica e giustificherà la necessità dell’intervento della Comunità Internazionale, anche dopo la definizione del futuro status. Qui, l’equazione è semplice: più il potere sarà inefficace e non democratico, più la lista dei compiti della Comunità Internazionale sarà lunga, e la sovranità del Kosovo amputata. La natura delle relazioni tra il potere e la Comunità Internazionale è semplice. Ogni giorno il potere promette che metterà in opera dei progetti pilota, cercando di mostrare la sua volontà di cooperare con la Comunità Internazionale e “guadagnandone” degli alibi per tutte le azioni negative, dalla cattiva gestione del denaro pubblico alla corruzione. Se continua così, il Kosovo entrerà nel processo statutario in una posizione di debolezza e rischierà di trovarsi con mani e piedi legati alla Comunità Internazionale.

I Serbi del Kosovo e Belgrado – che ha dato fino ad oggi le sue istruzioni – sono ad un livello ancora più basso del potere in Kosovo, restando bloccati alla fase «gli standard prima dello status» nell’attesa disperata di una valutazione che impedirà l’apertura del processo di negoziazione. Sono loro i grandi perdenti, non essendo riusciti a mettere a punto una base di dialogo che mettesse avanti i loro bisogni, cercando solamente di soddisfare l’ambizione di Belgrado. Con l’avvicinarsi del periodo di negoziazione dello statuto, Belgrado sarà consultata, ma le sue rivendicazioni sono sempre inaccettabili. I mesi a venire porteranno a una svolta. I Serbi dovranno passare dal concetto territoriale – quello di Belgrado – a quello della «sovranità del Kosovo» mediana all’interno dell’offerta «più dell’autonomia, meno dell’indipendenza». Essi dovranno allora portare avanti i loro bisogni reali, e spiegare come questi possono essere soddisfatti in un futuro Paese sovrano a metà.

Queste tre velocità possono aggiustarsi? In Fisica, teoricamente non ci sono problemi perché esse raggiungano una velocità comune. In Economia si cerca piuttosto di arrivare a una media. Ma se si vuole imparare dalle lezioni del passato, allora bisogna sapere due cose. La prima è che la Comunità Internazionale è una macchina che si mette in moto con difficoltà, e la seconda è che, quando arriva a farlo, è allora impossibile fermarla. In questo caso, quelli che hanno una velocità inferiore dovranno riportarsi alla pari.
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