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Kosovo: la divisione della comunità islamica

19.07.2005   

Pretendono di difendere l’Islam tradizionale, ma secondo alcuni rappresentano un pericolo. I Selefiti, meglio noti come Wahhabiti, fanno ormai parte della società del Kosovo. Comparsi da pochi anni, secondo la comunità islamica locale sono distanti dall’identità kosovara
Di Ilir Mirena, per “Express”, 20 giugno 2005; traduzione francese di Nerimane Kamberi per Le Courrier des Balkans e di Carlo Dall’Asta per Osservatorio sui Balcani

Il Kosovo sotto la neve (foto M. Barisone)
La discordia verde

Tra i numerosi fedeli della nuova moschea di Vucitern, si vedono delle facce nuove. Dei bambini, dei vecchi ricurvi... E tra loro si notano inevitabilmente degli uomini che si distinguono per il loro aspetto e il loro modo di pregare. Li si nota, e non solo alla moschea. «Guarda i barbuti!», queste parole vi possono scappare o venire in mente quando li vedete passare accanto a voi.

Ma al di là del loro apetto esteriore, sono in pochi in Kosovo quelli che li conoscono davvero (...)

I Selefiti e i Wahhabiti

Il Wahhabismo è attualmente considerato dai teologi della scuola religiosa islamica Hanefi come la corrente più estrema e meno tollerante della religione musulmana. Gli adepti di questo movimento, quanto a loro, non amano essere chiamati Wahhabiti. Preferiscono il termine Selefiti.

Albert Haziri-Zejdi, 29 anni, originario di Gjilan e laureato all’Università di Zerkasé in Giordania, è considerato uno dei rappresentanti più influenti dei Selefiti (o Wahhabiti) in Kosovo. Albert, che ha appena cambiato il suo nome in Zejdi, ci spiega i motivi per cui non amano essere chiamati Wahhabiti..

«Noi non apparteniamo allo stesso movimento. Muhamemed ibn Abdul-Wahabi è solo uno dei grandi eruditi dell’Islam. Ai suoi tempi, ha permesso al popolo di accedere ad una educazione religiosa. Quelli che denigrano noi e il nostro nome, cercano di spaventare la gente dicendole che noi siamo Wahhabiti», spiega l’autore del libro «Posizioni Selefite su alcune questioni metodologiche».

Secondo la dottrina wahhabita, ogni persona che non segua i precetti del movimento è considerata takfir (non credente). Il movimento comincia a diffondersi, insieme all’intolleranza verso le altre comunità religiose.

«Non c’è differenza sostanziale tra i Wahhabiti e i Selefiti, si tratta dello stesso fenomeno», sottolinea il consigliere della Comunità Islamica del Kosovo, Resul Rexhepi.

Gli anni ’90: l’apparizione dei primi Wahhabiti

Il consigliere della Comunità Islamica si ricorda dell’apparizione dei primi Wahhabiti in Kosovo. «In passato questo movimento non è mai stato presente in Kosovo. È comparso in questi ultimi 20 anni, principalmente dopo la guerra nel Kosovo», spiega Rexhepi. Secondo lui, questa corrente è arrivata in Kosovo attraverso gli studenti albanesi che tornavano dall’Arabia Saudita e dall’Università di Medina. «Non si può tuttavia neanche escludere l’influenza di alcune organizzazioni, venute principalmente dall’Arabia Saudita. In seguito si sono sviluppate delle organizzazioni kossovare convertite al Wahhabismo».

Per gli adepti di questa corrente, il Wahhabismo rappresenta la salvezza dell’Islam nella regione. Per altri, questo movimento costituisce soprattutto una minaccia per l’Islam tradizionale, praticato in Kosovo da quasi sei secoli. Se i responsabili della Comunità Islamica del Kosovo - la più alta autorità islamica del Paese – si guardano bene dal dire tutta la verità su questo movimento, alcuni giovani simpatizzanti affermano senza giri di parole che i rappresentanti wahhabiti sono venuti per prendere il potere.

Gj.B precisa di aver conosciuto i Wahhabiti nel 1995, quando era studente alla scuola coranica. Secondo le sue dichiarazioni, gli sarebbero stati più volte offerti dei soldi. In Kosovo sono in molti a pensare che i Wahhabiti siano sostenuti finanziariamente da organizzazioni arabe. Per Zejdiu di Gjilan questa è solo propaganda della Comunità Islamica del Kosovo.

«Sono solo menzogne. Io sono desolato che queste calunnie siano state diffuse pubblicamente da alcuni membri della Comunità Islamica. E comunque, si potrebbe attirare un giovane kossovaro col denaro, ma decine, centinaia, migliaia?»

Il grande scisma

La comparsa dei Wahhabiti ha incrinato per la prima volta l’unità della Comunità Islamica del Kosovo. L’arrivo dei Wahhabiti sembra aver stabilito un’alternativa alla corrente ufficiale hanefita, praticata da secoli. Ormai quest’ultima non può più sottrarsi dall’essere rimessa in questione...

«L’arrivo di questa corrente ha creato una divisione, è innegabile. Il semplice fatto che ormai ci siano dei Sunniti e dei Selefiti ha spezzato una unità vecchia di sei secoli. I musulmani del Kosovo e della regione sono attualmente disorientati» spiega Resul Rexhepi.

I sostenitori del Wahhabismo in Kosovo e nella penisola balcanica sono comparsi dopo la caduta del comunismo e dopo le guerre jugoslave.

Per i responsabili della Comunità Islamica del Kosovo, questo movimento non corrisponde affatto all’identità kossovara. “La scuola islamica hanefita, ereditata da sei secoli di tradizioni, si adatta alla natura dei Kossovari ed al contesto in cui noi viviamo” spiega con convinzione il consigliere Rexhepi. Per Zejdiu, al contrario, i Kossovari, come i Musulmani del resto del mondo, possono facilmente adattarsi a questa forma dell’Islam.

Pericolo o riforma?

Gj.B. non risparmia accuse contro i Selefiti: «Sono dei distruttori. Tutti gli attacchi, l’11 settembre, Madrid e tutti gli altri nel mondo sono stati commessi dai membri di questa setta. Il Profeta dice che il musulmano non può neppure abbattere l’albero di chi crede in un’altra religione, e i Wahhabiti lanciano bombe in luoghi pubblici. Sono dei distruttori. Non è una scuola islamica come le altre: il wahhabismo è semplicemente la cosa più nefasta della religione musulmana».

«Contrariamente a quello che pensa la gente, non tutti quelli che portano la barba sono terroristi o seguaci di Bin Laden», risponde Zejdiu.

Il Wahhabismo chiede di ritornare alle pratiche tradizionali dell’Islam, quelle delle origini. Questo sottintende la sottomissione dell’individuo a delle regole rigide: uno specifico abbigliamento, preghiere quotidiane, ben definiti comportamenti verso le donne, ecc.

Un musulmano, un califfato

«Il pericolo con questa setta è che essi sperano di creare un giorno o l’altro un califfato mondiale. Milosevic affermava che là dove c’era una casa serba, bisognava costruire uno Stato serbo, loro pensano che là dove c’è un musulmano bisogna creare un califfato. Il giorno in cui il Kosovo avrà la sua indipendenza, essi distruggeranno l’Islam in questo Paese» aggiunge Gj.B.

Comunque, attualmente si sa che i Wahhabiti in Kosovo non hanno una forma organizzativa strutturata. I responsabili della Comunità Islamica non si sentono ancora minacciati dai Selefiti. Secondo Rexhepi, «malgrado i fatti sopra citati, la Comunità Islamica non si sente minacciata. Per noi loro sono dei Musulmani e da parte loro non vengono rischi». Il problema è che ormai l’unità dei musulmani kossovari si è spezzata».

Zejdiu ragiona altrimenti: «A causa della dottrina giuridica e religiosa che propone, noi non abbiamo alcun rapporto con la Comunità Islamica del Kosovo. Noi speriamo che in un vicino futuro la Comunità Islamica cambi, essa deve impegnarsi a diventare più tollerante nei nostri confronti». Secondo lui, non esistono ancora in Kosovo strutture organizzate. Né leader. «Oggi noi siamo indipendenti ma speriamo che in un prossimo avvenire saremo in grado di dare vita ad una struttura organizzata».

Le strutture parallele

La Comunità Islamica non dispone di informazioni sull’organizzazione istituzionale dei Wahhabiti. Secondo Rexhepi, «se essi possedessero una forma di organizzazione parallela, sarebbero considerati come dei dissidenti».

«Hanno la loro gerarchia, ma è molto segreta. È prioritario che questa setta non arrivi a guidare la Comunità Islamica del Kosovo. Se questo accade, la setta si istituzionalizzerà», dichiara Gj.B. Secondo lui questo fenomeno prende piede perché l’economia resta in condizioni catastrofiche. «Se voi osservate queste persone, vedete che non hanno avvenire. Niente lavoro, niente scuole, niente».

Refki Morina

Il portavoce della Polizia del Kosovo ha dichiarato: «Io non sono informato di nessun incidente che li veda coinvolti, e noi non abbiamo neppure ordine di seguirli in modo particolare. Sono soggetti alle stesse regole di tutti gli altri abitanti del Kosovo. Non abbiamo avuto problemi con le organizzazioni arabe presenti, né abbiamo informazioni su abusi nelle loro attività».


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