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Kosovo, sangue sugli standard

02.09.2005    Da Pristina, scrive Alma Lama

Sabato in Kosovo due ragazzi serbi sono stati uccisi ad una cinquantina di chilometri a sud di Pristina. Non ancora individuati i colpevoli anche se inevitabile in molti abbiano pensato ad un omicidio su base etnica. Sale la tensione
Funerale - B92
L'uccisione di due giovani appartenenti alla comunità serba del Kosovo ha causato una volta ancora l'inasprimento delle relazioni tra serbi ed albanesi in un conflitto che si trascina oramai da anni. Esecutori e mandanti dell'omicidio sono ancora ignoti, come purtroppo spesso accade in Kosovo, e quindi in molti sono stati portati a pensare ad un omicidio legato esclusivamente all'appartenenza etnica delle vittime.

Verso la mezzanotte di sabato scorso Aleksander Stankovic, Ivan Dejanovic, Nikola Dukic e Aleksander Janinevic si stavano recando in macchina verso Strpce, villaggio nel Kosovo meridionale. Nei pressi di Bainica, la loro macchina è stata colpita da una raffica di arma automatica partita da un'altra vettura. Aleksander Stankovic, 28 anni, e Ivan Dejanovic, 24 sono rimasti uccisi mentre gli altri due ragazzi che vivevano con loro hanno riportato ferite. I ragazzi sono stati soccorsi da passanti che li hanno aiutati ad arrivare alla più vicina stazione di polizia ed all'ospedale.

L'incidente ha costretto l'amministratore internazionale del Kosovo Jessen Petersen ad interrompere una missione all'estero e tornare in Kosovo, pronto ad affrontare le possibili tensioni. Il giorno successivo all'omicidio ha visitato il luogo della tragedia che si trova a circa 50 km da Pristina.

Dopo aver dichiarato di essere sconvolto da quanto avvenuto ha richiesto con forza alla classe politica serba di non fare speculazioni non necessarie. "Occorre lasciare che la polizia abbia il tempo necessario per compiere le indagini" ha affermato "tutte queste speculazioni sono inutili ed irresponsabili … non servono coloro i quali in queste circostanze saltano immediatamente alle conclusioni".

L'accaduto ha naturalmente subito allarmato la polizia dell'UNMIK. Kai Vittrup, a capo di questo specifico settore dell'amministrazione ONU in Kosovo, ha organizzato il giorno successivo all'incidente una conferenza stampa dichiarando che "nessun arresto è stato ancora fatto e che si tratta di un tragico episodio isolato". "Non vi sono sospettati e quindi risulta difficile commentare sulle motivazioni alla base di quanto avvenuto, ma sino ad ora non vi è nulla nelle investigazioni che porti a pensare ad un crimine su base etnica".

Condanne a quanto avvenuto sono naturalmente arrivate anche dai politici kosovari che hanno comunque richiesto che non vi sia strumentalizzazione politica su quanto avvenuto. Difficile coimunque ciò si verificasse effettivamente data la posta in gioco in questi giorni in Kosovo. In autunno dovrebbero infatti avviarsi i negoziati sullo status giuridico finale della Provincia ad amministrazione ONU.

Il premier serbo Vojislav Kostunica nelle sue dichiarazioni rilasciate all'agenzia di stampa serba Beta ha subito fatto propria la motivazione etnica alla base del crimine accusando inoltre l'UNMIK di non essere stata in grado di proteggere la comunità serba del Kosovo. Boris Tadic, presidente della Serbia, ha invece etichettato quanto accaduto come "atto terrorista" e come un messaggio chiaro che per i serbi non c'è posto in Kosovo.

Per il politico serbo-kosovaro Milan Ivanovic il diretto colpevole di quanto avvenuto sarebbe stato Jessen Petersen ed ha richiesto le sue dimissioni. Petersen è stato bersaglio di molte altre critiche da parte dei rappresentanti politici serbi, e viene in particolare accusato di essere troppo accondiscendente nei confronti della comunità albanese.

Nelle enclaves popolate dalla comunità serba sono state numerose le manifestazioni di protesta, in particolare a Gracanica, Strpce e Mitrovica nord. Si è chiesta maggiore sicurezza e libertà di movimento. Uno slogan ben esprimeva il sentimento di quelle proteste: "I serbi verranno uccisi uno dopo l'altro". Non si è verificato alcun incidente.

L'omicidio dei due ragazzi serbi è accaduto proprio nel momento in cui Kai Aide, inviato speciale del Segretario generale dell'ONU Kofi Annan sta preparando un rapporto sul rispetto dei cosiddetti "standard", parametri posti dalla comunità internazionale per valutare gli sviluppi della Provincia e la possibilità di avviare i negoziati con Belgrado sullo status giuridico finale.

Quanto avvenuto potrebbe influenzare il rapporto di Aide perlomeno su due punti, quello che riguarda la libertà di movimento e il ritorno di sfollati e rifugiati e quello relativo alla sicurezza.

Secondo Avni Arifi, coordinatore sulle politiche legate agli standard per conto del governo del Kosovo, quanto accaduto non dovrebbe affatto rientrare nel rapporto di Aide. Per due ragioni: la polizia UNMIK ha dichiarato che si è trattato di un episodio isolato ed in secondo luogo non si sa ancora chi siano gli assassini.

Arifi poi ha accusato le autorità serbe di essere i primi responsabili dell'aver aumentato, con le proprie dichiarazioni, le paure della comunità serba in Kosovo, rinchiudendoli in questo modo ancor più nelle loro enclaves. Per questo – sempre secondo il rappresentante del governo albanese – non è escluso che nel proprio rapporto Aide menzioni l'incidente quale motivazione della crescita di insicurezza dei serbi del Kosovo.

Sulla questione è anche intervenuto il Dipartimento di Stato USA che ha invitato le autorità kosovare a fare di più per la libertà di movimento, a prescindere dalle motivazioni alla base del duplice omicidio di sabato. "La capacità delle istituzioni del Kosovo di evitare omicidi come questi sarà una prova importante a dimostrazione della loro capacità di governare", ha affermato il portavoce del Dipartimento Shon McKormak.

Purtroppo in Kosovo raramente negli ultimi anni le indagini su crimini particolarmente efferati hanno portato a qualche risultato. Anche dell'uccisione di due ragazzini nell'enclave serba di Gorazdevac, avvenuta il 13 agosto del 2003, non sono mai stati trovati i responsabili.

La maggior parte dei casi s'arenano negli schedari della polizia: forse intenzionalmente dimenticati per evitare conflitti o forse solo perchè non si è riusciti a trovare le prove per portare i colpevoli davanti alla giustizia.

I timori di molti che anche a queste vittime non verrà resa giustizia sono del tutto fondati. Questo nonostante la polizia, almeno in questi giorni, sembra lavorare con intensità. A tutti i proprietari di autovetture Mercedes di colore scuro è stato richiesto di passare dai commissariati per controlli. Ci si augura non sia un attivismo di facciata ma si voglia effettivamente arrivare all'arresto dei responsabili del duplice omicidio. Questo sì porrebbe termine alle speculazioni.
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