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Fumata nera per la riforma della polizia in Bosnia ed Erzegovina

21.09.2005    Da Sarajevo, scrive Massimo Moratti

I Serbi di Bosnia respingono nuovamente il progetto di trasferire al livello statale il controllo delle forze di polizia del Paese. Si profila un decennale di Dayton con la Bosnia ancora lontana dall’Europa. Speculazioni su di un coinvolgimento di Belgrado nelle decisioni prese a Banja Luka
Paddy Ashdown, Rappresentante Speciale dell'Unione Europea in BiH
Lo scorso 14 settembre, poco dopo la mezzanotte, l’Assemblea Nazionale della Republika Srpska (RS, una delle due Entità in cui è divisa la Bosnia Erzegovina, ndc) ha di fatto affossato di nuovo i tentativi di riforma della polizia in Bosnia ed Erzegovina (BiH). L’Assemblea della Republika Srpska ha infatti adottato una conclusione che sostiene la posizione del governo dell’entità serba, il quale ha respinto la proposta di accordo che era stata avanzata dal Presidente del Consiglio dei Ministri della Bosnia ed Erzegovina, Adnan Terzic.

Secondo un’altra delle conclusioni adottate, l’Assemblea Nazionale della RS ha istruito il governo a riprendere i negoziati sulla base della conclusione del 30 maggio. In quella data, le conclusioni che erano state adottate rifiutavano la possibilità che la nuova forza di polizia comprendesse aree di responsabilità che non tenessero conto della IEBL, la linea di demarcazione che segna il confine tra le entità in Bosnia ed Erzegovina.

La proposta fatta dal consiglio dei Ministri contiene tre principi, che al momento sono l’ostacolo maggiore alla conclusione dell’accordo. I principi sono quelli che il controllo della polizia venga trasferito al livello statale, mentre quello operativo rimanga al livello locale, che le aree di competenza della polizia siano adottate in base al principio dell’efficienza operativa e non del controllo politico e che la futura polizia debba essere completamente priva di ingerenze politiche.

La conclusione dell’Assemblea della Republika Srspka è in linea con le precedenti conclusioni, della fine di maggio del 2005. La riforma della polizia è una delle ultime riforme che la comunità internazionale sta portando avanti in Bosnia ed Erzegovina e fino a questo momento è quella che sta incontrando le maggiori difficoltà. Poche settimane fa, infatti, un accordo simile era stato raggiunto sulla riforma del settore difesa della BiH, che prevedeva la creazione di un esercito della Bosnia ed Erzegovina a partire dal gennaio 2006. Analisti e commentatori avevano ipotizzato che un accordo fosse stato raggiunto tra le parti e che presto anche la riforma della polizia potesse finalmente essere approvata dalla Republika Srpska. Alla vigilia della decisione della Assemblea della RS vi era un moderato ottimismo, riflesso da alcuni giornali locali sulla possibilità che la vicenda potesse avere un esito positivo.

Ancor di più, erano giunti chiari segnali da parte dell’Unione Europea che la firma dell’accordo sulla riforma della polizia sarebbe stato molto importante dal punto di vista dell’integrazione europea. Era stato fatto chiaramente capire ai politici bosniaci che l’accordo di Stabilizzazione e Associazione con l’Unione Europea non sarebbe stato firmato prima dell’adozione della riforma della polizia e che la riforma dovesse contenere i tre principi a cui si era riferito sopra.

Poco prima della sessione dell’Assemblea della Republika Srpska, l’Unione Europea, per voce di Javier Solana, aveva fatto chiaramente capire che il raggiungimento dell’accordo sulla riforma della polizia sarebbe stata la precondizione necessaria per l’Unione Europea per firmare l’accordo di Stabilizzazione e Associazione. Firma che, da quanto si intendeva, sarebbe potuta avvenire subito dopo il raggiungimento dell’accordo. Solana aveva anche ribadito che tale riforma era perfettamente in linea con l’accordo di Dayton, posizione che in realtà messa in discussione dalle autorità serbo bosniache.

La pista di Belgrado

L’International Crisis Group (ICG), un “think tank” con una lunga esperienza nei Balcani, pochi giorni prima della debacle al parlamento della RS aveva pubblicato un rapporto sulla questione identificando come maggiori ostacoli alla riforma della polizia l’attività dell’SDS (Partito Democratico Serbo, ndc), il partito di maggioranza nella RS, e l’influenza del governo della Serbia di Kostunica, che apparentemente mirerebbe ad un’annessione di parte della Republika Srpska come compenso in caso la Serbia perdesse il Kossovo. Per questo motivo, nelle sue raccomandazioni, l’ICG suggerisce all’Alto Rappresentante di mettere al bando l’SDS, di bloccarne i beni e allo stesso tempo di ottenere una pubblica conferma da parte del governo serbo che non si cercherà di interferire con la Bosnia ed Erzegovina e la sua integrità territoriale quando si raggiungerà una soluzione per il Kossovo. Allo stesso tempo l’ICG raccomanda all’Unione Europea di non iniziare i negoziati di Stabilizzazione e Associazione con la Serbia, se Kostunica non usa la sua influenza al fine di ottenere l’accordo sulla riforma della polizia in Bosnia ed Erzegovina.

Adnan Terzic, in un’intervista alla televisione della Bosnia ed Erzegovina, ha dichiarato che la riforma della polizia è ostaggio di Belgrado e che l’Unione Europea non dovrebbe iniziare l’accordo di Stabilizzazione e Associazione con la Serbia che è previsto per il 5 di ottobre. Una conferma di questa situazione verrebbe dal fatto che una delegazione di 11 organizzazioni non governative, guidata da Slakvo Jovicic che è a capo del “Comitato Centrale per la Protezione della Posizione Costituzionale della Republika Srpska”, nei giorni scorsi si era recata a Belgrado invocando aiuto per la Republika Srpska, ed era stato ricevuto dal vice presidente del Partito Radicale Serbo. Secondo quanto concordato durante l’incontro, il Partito Radicale Serbo dovrebbe convocare una sessione del parlamento della Serbia per discutere della riforma della polizia in Bosnia. Il tentativo comunque sembrerebbe non riuscito perchè sia il Presidente Serbo Tadic che il Primo Ministro Kostunica hanno ribadito che la riforma della polizia in Bosnia ed Erzegovina era una questione interna alla Bosnia e che le autorità bosniache devono risolverlo senza accusare Belgrado. Tadic ha anche ribadito che la Serbia sostiene le riforme in Bosnia ed Erzegovina.

“Dateci un colpo di telefono quando siete pronti...”

In un’intervista a Dnevni Avaz, Paddy Ashdown ha deplorato le conclusioni dell’Assemblea Nazionale della RS dicendo che la Bosnia ed Erzegovina rimarrà con la Bielorussia l’unico stato europeo senza un accordo formale con l’Unione Europea e che, mentre i Serbi di Serbia tra pochi giorni saranno in cammino per l’Europa, il parlamento della Republika Srpska ha deciso che i Serbi di Bosnia ne rimarranno fuori. Ashdown ha detto che a questo punto sta alle autorità della Republika Srpska di decidersi e contattare l’ufficio di Ashdown, quando saranno pronti. Secondo Ashdown, l’SDS ha le maggiori responsabilità per questa situazione e ora bisogna vagliare il da farsi. Allo stesso tempo, Ashdown ha ribadito che il possibile coinvolgimento di Belgrado è una questione molto seria e che se l’Alto Rappresentante non può dire se il rapporto dell’International Crisis Group sia vero o meno, fatto sta che Belgrado finora non ha sostenuto le riforme in Bosnia ed Erzegovina. È chiaro che non si potrà celebrare l’anniversario di Dayton con la firma dell’accordo di Stabilizzazione e Associazione.

Ci si attendono a questo punto reazioni nei confronti dell’SDS e le prime avvisaglie si hanno già. Uno scambio di lettere tra Ashdown e il membro serbo della Presidenza, Borislav Paravac dell’SDS, su pagamenti illegali effettuati da parte dell’SDS, fanno presagire che le nubi della tempesta si stiano addensando su Paravac e in generale sul suo partito, e che sanzioni possano essere introdotte nel prossimo futuro.

L’Unione Europea mantiene le porte aperte, come ha detto Christina Gallack, portavoce di Javier Solana, ma sembra comunque difficile che la Bosnia possa farcela a concludere l’accordo di Stabilizzazione e Associazione entro quest’anno come ha avuto modo di dire Renzo Daviddi, Vice Capo Missione della Delegazione dell’Unione Europea in Bosnia. Nè Ashdown, nè l’Unione Europea sembrano disposti a fare concessioni sui tre principi.

Da parte serba, c’è la volontà di continuare a discutere e riprendere i negoziati, come ha fatto sapere il Presidente dell’Assemblea Nazionale della RS, Dusan Stojcic, ma rimane importante per la Republika Srpska mantenere il controllo sulla sicurezza pubblica. Insomma, non sembra che al momento vi sia la volontà di aderire ai principi proposti dall’Unione Europea.

La riforma della polizia e l’accordo di Dayton

A 10 anni dalla fine del conflitto e dalla firma degli accordi di pace, l’architettura costituzionale creata a Dayton sta mostrando tutte le sue debolezze e i suoi problemi. Paradossalmente, l’Assemblea Nazionale della Republika Srpska ha usato proprio le disposizioni dell’Accordo di Dayton per respingere le proposte di riforma della polizia. Da più parti si è invocata la necessità di cambiamenti costituzionali per procedere verso la normalità. Ma il dilemma iniziale rimane: mentre per alcuni Dayton è il pavimento su cui costruire la casa comune bosniaca, per altri Dayton è il tetto di tale casa, oltre il quale non si può andare. La posizione della Republika Srspka in questo senso è oltremodo chiara.

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