Secondo una rivelazione di Le Monde, nel 2002 il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Alvaro Gil Robles, fece visita alla base militare americana di Camp Bondsteel, in Kosovo. Ciò che vide fu una sorta di Guantanamo nel cuore dei Balcani. Nostra traduzione di due articoli del quotidiano francese
Di Natalie Nougayrède, Le Monde, 25 novembre 2005 (titolo originale: “Une ‘prison secrète’ américaine a existé dans un camp de l'OTAN au Kosovo”)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Camp Bondsteel
Mentre in tutta Europa si moltiplicano le domande sull’eventuale esistenza, sul continente, di una rete di prigioni segrete gestite dalla CIA, il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Alvaro Gil Robles, descrive per la prima volta ciò che ha visto, un giorno di settembre 2002, in un sito fino ad ora poco citato nel dibattito sulle detenzioni extragiudiziali e la lotta contro Al-Qaida : la base militare americana di Camp Bondsteel, in Kosovo.
In questa imponente base, che ha ospitato fino a 6.000 soldati dell'esercito USA, e che si estende su 300 ettari vicino alla località di Ferizaj, a sud di Pristina, la "capitale" della regione amministrata dall’ONU, Robles ha visto una sorta di replica di Guantanamo. Sul territorio di Camp Bondsteel è stata allestita una prigione. Gestita interamente dall’esercito americano, costituisce il principale centro di detenzione di cui dispone la KFOR, la forza multinazionale della NATO stanziata in Kosovo dal giugno 1999.
"Vista dall’alto di una torretta, il posto sembrava una ricostruzione più in piccolo di Guantanamo", racconta Robles a Le Monde. "Delle piccole baracche di legno erano circondate da alte recinzioni di filo spinato. Ho visto da quindici a venti prigionieri, rinchiusi in queste casupole, vestiti di divise arancioni come quelle dei detenuti di Guantanamo". I detenuti da lui visti non erano incatenati. "Per la maggior parte stavano seduti, alcuni rinchiusi in celle d’isolamento. Tra di essi si vedevano dei barbuti. Alcuni leggevano il Corano. Tra le cellette erano ricavati dei corridoi per il passaggio delle ronde di guardia. Una donna soldato americana, che faceva parte del personale della prigione, mi ha spiegato che era appena giunta là, dopo avere prestato servizio alla base di Guantanamo", continua. Robles ha anche incontrato sul posto un rappresentante del dipartimento americano della giustizia.
"Scioccato" da ciò che aveva appena visto a Camp Bondsteel, Robles aveva domandato, all’indomani della sua visita, nel 2002, che i metodi del centro di detenzione cambiassero, e che le installazioni simili a quelle di Guantanamo fossero smantellate. Egli sostiene di aver ricevuto, nel corso dell’anno successivo, l’assicurazione che questo era stato fatto.
Ciò nonostante, sottolinea oggi Robles, numerose questioni restano in sospeso. La base di Camp Bondsteel è stata utilizzata nel quadro della "rotazione" dei prigionieri condotta da aerei della CIA tra l’Afghanistan, il medio oriente, l'Europa e Guantanamo? Ospita o ha ospitato dei luoghi segreti di detenzione? Da quale giurisdizione dipende la prigone della KFOR situata sul territorio di Camp Bondsteel, che continua a funzionare?
Nel 2002, a Camp Bondsteel come a Guantanamo, i detenuti non potevano contattare un avvocato. Non c’era alcun procedimento giudiziario a loro carico in corso, e le loro provenienza era circondata da un certo alone di segreto. L'incertezza giuridica regnante in Kosovo ha contribuito a questa situazione. La regione è posta sotto la tutela dell'ONU, in attesa di uno status definitivo, ma la forza multinazionale a guida NATO vi detiene delle importanti prerogative. La base di Camp Bondsteel sembra essere stata una zona di extralegalità. All’inizio della sua costruzione, nel 1999, era stata descritta come "la più grande base americana dopo la guerra in Vietnam".
"Siti neri"
Tra i detenuti intravisti da Robles, c’erano quattro uomini di origine nord-africana, mentre gli altri prigionieri erano apparentemente kossovari e serbi. Secondo la versione ufficiale, questi quattro erano stati arrestati dalla KFOR "nella regione, verso la frontiera macedone", e la loro detenzione rispondeva a imperativi di "sicurezza" del Kosovo. Ma sui documenti, il motivo della detenzione era formulato in un modo curioso: "risoluzione 1244", in riferimento alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU riguardante la situazione in Kosovo e i poteri della KFOR.
Alvaro-Gil Robles aveva chiesto di poter visitare la prigione di Camp Bondsteel, dopo aver appreso che la KFOR aveva compiuto degli arresti extragiudiziari in Kosovo. Era stato condotto alla base dal comandante della KFOR dell'epoca, il generale francese Marcel Valentin, che era visibilmente contrariato per la sorte riservata ai prigionieri.
L'utilizzazione ai fini di "lotta antiterrorista" di una base legata a una operazione NATO sotto egida ONU solleva inoltre la questione della trasparenza delle attività americane verso i loro alleati.
Questi fatti risalgono a più di tre anni fa. Il fatto che Robles scelga di preoccuparsene solo ora può stupire. Il rapporto che egli aveva pubblicato al ritorno dal suo viaggio non menzionava che in modo evasivo Camp Bondsteel. La priorità era all’epoca facilitare l’adesione della Serbia e Montenegro al Consiglio di Europa, avvenuta nel 2003.
È, spiega oggi Robles, il moltiplicarsi dei sospetti sull’esistenza di "siti neri" della CIA, e l’apparente gran numero dei trasferimenti, con aeroplani speciali, di prigionieri sospettati di legami con Al-Qaida che fa sì che egli si ricordi ora quell’episodio sotto una nuova luce.
"Io non posso stabilire dei legami tra queste informazioni e Camp Bondsteel, dato che non dispongo di elementi concreti al riguardo", commenta Robles. "Ma ritengo che si debbano esigere delle spiegazioni su questa base in Kosovo, come su altri siti su cui possono sorgere dei sospetti" in Europa.
Kosovo: Camp Bondsteel è sfuggito ai controlli civili
Di Natalie Nougayrède (e Christophe Châtelot, da Pristina), Le Monde, 26 novembre 2005 (titolo originale: “Kosovo: Camp Bondsteel a échappé à tout contrôle civil”)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Camp Bondsteel
È possibile che la base militare americana Camp Bondsteel, in Kosovo, sia stata utilizzata dai servizi americani come sito di detenzione segreto nel quadro della lotta contro il terrorismo? All’indomani delle questioni sollevate al riguardo dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Alvaro Gil Robles, un alto osservatore incaricato di vigilare sul rispetto delle norme democratiche nella regione del Kosovo, amministrata dall’ONU, sottolinea che Camp Bondsteel e la prigione che esso ospita "sono sfuggiti per un lungo periodo a qualsiasi controllo civile".
Questa è la constatazione che fa Marik Antoni Nowicki, l’ombudsman del Kosovo, in un’intervista a Le Monde di sabato 26 novembre. Nowicki racconta di avere visitato la prigione di Camp Bondsteel nel 2001 e di avere avuto, come Alvaro Gil Robles, la sensazione che quelle installazioni assomigliassero a quelle di Guantanamo. "Da quanto ho visto, alla televisione, delle installazioni di Guantanamo, il modo di detenere le persone era simile" a Camp Bondsteel, afferma.
L'istituzione dell’ombudsman è stata creata dall’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa (OSCE) all’indomani dell'ingresso nel 1999 in Kosovo della forza d'intervento della NATO (KFOR). Nowicki sì è rammaricato di non aver potuto in passato accedere liberamente, senza un avviso preventivo, alla prigione di Camp Bondsteel. "Questa base non è mai stata posta sotto la mia giurisdizione", constata. La prigione di Camp Bondsteel formalmente dipende dalla KFOR. Le persone che vi sono state detenute, a parte qualche possibile eccezione, non sono mai state fatte oggetto di procedimenti giudiziari, precisa Nowicki, deplorando questo dato di fatto.
In quanto responsabile, sottolinea che "anche se si possono avanzare dei dubbi, nel momento in cui esiste un sito di detenzione di difficile controllo", egli non dispone di alcun elemento che permetta di affermare che la base militare americana abbia potuto ospitare uno dei presunti "siti neri" della CIA.
"Secondo le informazioni che mi sono state trasmesse dal comandante della KFOR", aggiunge Nowicki, la prigione di Camp Bondsteel non ha più accolto detenuti dopo gli ultimi disordini violenti in Kosovo, nella primavera del 2004. Un rapporto del Dipartimento di Stato americano, nel 2003, affermava che la KFOR aveva quell’anno "smantellato il suo centro di detenzione a Camp Bondsteel, precedentemente utilizzato per le persone accusate di crimini di guerra, di gravi delitti etnici e di forme di violenza politica, compreso l’estremismo armato, ma”, aggiungeva questo documento, “la capacita di detenere tali prigionieri era stata mantenuta”.
In totale, nel 2002, 179 persone sono state detenute a Camp Bondsteel, secondo il Dipartimento di Stato americano. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) ha avuto "pieno accesso" ai detenuti, secondo le autorità americane.
Ma Nowicki sottolinea che il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa non è mai riuscito, nonostante ne avesse fatto richiesta, ad ottenere l’accesso al centro di detenzione dislocato a Camp Bondsteel. L'ombudsman del Kosovo spiega che “i negoziati che si sono svolti in merito tra il Consiglio d’Europa e la NATO per trovare una soluzione a questo problema non hanno avuto alcun esito".
Nel 2004, nel suo rapporto annuale, il dipartimento di Stato americano constatava che "le pratiche di detenzione della KFOR non sempre sono state trasparenti".
Intervistato da Le Monde, Soren Jessen-Petersen, rappresentante speciale in Kosovo del segretario generale dell’ONU, ha dichiarato di non avere mai sentito parlare dell’eventualità di detenzioni segrete nel territorio di Camp Bondsteel. Ha aggiunto che l'UNMIK, la Missione delle Nazioni Unite in Kosovo, non controlla nessuna delle basi militari stanziate nella regione, siano esse delle forze armate americane, francesi o tedesche. "Esse sono sotto la responsabilità delle forze delle singole nazioni", ha detto.