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Tutte le idee serbe sulla divisione del Kosovo

06.12.2005   

Dalla divisione alla riorganizzazione del territorio, dalla cantonizzazione alle Entità. Un articolo del quotidiano belgradese "Danas" passa in rassegna tutte le proposte serbe sulla divisione del Kosovo. Nostra traduzione
Di Jasmina Lukac, Danas, 30 novembre 2005 (tit. orig. Od razgranicenja, preko uredjenja prostora, kantonizacije, do entiteta)

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak


Il Kosovo secondo il piano di Boris tadic
L'ipotesi di una divisione del Kosovo resa attuale dal piano di Boris Tadic sulle due Entità, è apparsa in diverse varianti sulla scena politica della Serbia sin dalla metà degli anni novanta e, secondo alcuni analisti stranieri, tra i quali ad esempio James Lion dell'International Crisis Group, è diventato l'obiettivo nascosto della politica serba, al quale si sta lavorando con intensità. Lo scrittore Dobrica Cosic è ritenuto il primo a ipotizzare l'opzione della divisione tra serbi e albanesi, o perlomeno uno dei primi ad averlo affermato pubblicamente.

"Quasi da due decenni sono convinto che il Kosovo sia il cancro della Serbia e che bisogna tagliarlo, e così facendo salvare il Patriarcato di Pec, Decani, Gracanica e il territorio etnico di Kosovo polje intorno a Gracanica. (Slobodan) Milosevic e la maggior parte dei politici serbi, includendo anche quelli dell'opposizione, non hanno avuto coraggio di poratre avanti questo "tradimento nazionale", così la questione del Kosovo si sta risolvendo tramite l'esercito e la polizia. Adesso con gli albanesi kosovari è inevitabile la guerra o una cessione graduale del Kosovo all'Albania", scrisse Cosic il 6 giugno 1993, come si legge nel suo ultimo libro di memorie "Kosovo".

Tre anni dopo, nel 1996, l'impegno dell'accademico Aleksandar Despic a favore della divisione della provincia, incontra una forte condanna da pare del potere di Milosevic. Si considera che l'idea della divisione sia stata elaborata in modo più dettagliato dall'esperto per la progettazione del territorio Branislav Krstic, al quale si attribuisce di non essere uno che sostiene la divisione ma che sia a favore dell'equilibrio etnico. Krstic fra altro, in due suoi libri - Kosovo davanti al tribunale della storia e Kosovo fra il diritto storico ed etnico - con una serie di dati, tabelle, schizzi e mappe mostra il Kosovo come un territorio multiculturale e multietnico importante tanto per i serbi e i montenegrini quanto per gli albanesi.

La riorganizzazione territoriale di Krstic

La sostanza della sua proposta è che in Kosovo, nella parte di territorio in cui la Serbia non riesce a avere un proprio controllo diretto, si introduca un territorio (albanese) con status particolare ("il territorio della protezione di pace", secondo il modello del famoso piano Vance-Owen), e che le collettività storiche serbe e montenegrine si integrino con la madrepatria (Serbia e Montenegro, ndt). Ciò non è definito da Krstic una divisione ma una riorganizzazione territoriale, e come argomento sostiene che in Kosovo si debba realizzare il diritto storico dei serbi e il diritto etnico degli albanesi. E' interessante che Krstic annoti anche che all'inizio degli anni novanta aveva consegnato questa proposta ai più alti funzionari dello Stato della Serbia e Montenegro, da Milosevic al capo di Stato maggiore, ma senza ricevere alcuna risposta. Inoltre, nel giugno 1993 all'Istituto di filosofia e teoria sociale Krstic spiegava questo progetto per il quale, come nota, fra tutti, avevano espresso più comprensione Vojislav Kostunica e Nebojsa Popov.

La versione finale della riorganizzazione del Kosovo di Krstic prevede che l'entità a maggioranza slava verrà popolata da 174.600 serbi e montenegrini, 163.100 albanesi e 53.400 abitanti delle altre comunità (censimento del 1981). L'entità serba potrebbe comprendere Kosovska Mitrovica, una parte di Pristina e di Pec, mentre agli albanesi andrebbero le restanti parti di Pristina e di Pec, Prizren, Djakovica, Urosevac. All'entità serba dovrebbero appartenere anche gli alti corsi dei due fiumi principali della Serbia, Ibar (Ibarski Kolasin) e Morava (determinante parte del Kosovsko Pomoravlje). I serbi nella loro entità mantenerebbero i monumenti che sono parte indivisibile della cultura serba e della storia nazionale come per esempio il Patriarcato, i monasteri di Decani e Gracanica e Kosovo Polje, compresi i relativi territori e abitanti. Gli altri monumenti di grande valore per i quali è stabilito che rimangano in modo permanente di patrimonio della Serbia (per esempio i resti del monastero dei santi Arcangeli, la chiesa Bogorodice Ljeviske o la chiesa di San Spasa a Prizren) dovrebbero, secondo l'opinione di Krstic, essere spostati.

Nell'Entità con la popolazione di maggioranza albanese, che comprenderebbe la maggior parte del KiM (Kosovo e Metohija, ndt.) con il maggior numero di città, vivrebbero 1.063.600 albanesi, cioè l'86,7 per cento della parte complessiva della popolazione albanese della provincia, e anche 61.900 serbi e montenegrini e 67.700 cittadini delle altre comunità. La maggior parte dei monumenti storici albanesi sarebbero in quella Entità, e il Kosovo riorganizzato rimarrebbe una provincia all'interno della Serbia, e sotto la protezione delle forze internazionali. Branislav Krstic, che ha lavorato anche nel Comitato per il patrimonio mondiale del UNESCO, indica che per la questione dei monumenti religiosi e culturali si può trovare un compromesso visto che i territori del patrimonio serbo e albanese non sono identici.

Dalla strategia di Zoran Djindjic per il Kosovo

Se il KiM sta andando verso l'indipendenza, e se noi non siamo in grado di impedirlo, dobbiamo cercare: a) la divisione territoriale, b) efficaci garanzie internazionali per i serbi che rimangono nella parte albanese, c) lo status speciale per gli edifici religiosi. Nel frattempo bisogna lavorare in modo intenso sul concetto di autonomia locale nel KiM. Dato che tale concetto è stato accettato dalle organizzazioni internazionali, bisogna usarlo per poter creare una rete di strutture locali serbe (i consigli locali, le alleanze delle comunità locali, e dei villaggi ecc.) I deputati serbi nelle istituzioni del KiM devono iniziare a sostenere energicamente la tesi che il Quadro costituzionale non ha portato i risultati promessi, che la Risoluzione 1244 non è stata applicata, e cercare nuove soluzioni, nella direzione indicata dal nostro concetto di federalizzazione del KiM. Tutti i nostri funzionari nei contatti internazionali devono porre l'accento su questi temi. Bisogna conquistare alcuni membri del Consiglio di sicurezza, e molti governi occidentali...

Il piano di Boris Tadic

Per sistemare la posizione della comunità serba in Kosovo e Metohija la cosa migliore sarebbe formare un'Entità serba che comprendesse tutti i comuni esistenti e neo formati con una composizione multietnica, ma con una netta maggioranza serba. Questi nuovi comuni, che sono una importante condizione preliminare per il ritorno di un gran numero di sfollati interni della provincia, vanno formati a Mitrovica nord, poi nel Kosovo centrale, nel Kosovsko Pomoravlje (bacino del fiume Morava, ndt.) e nella Metohija. I comuni serbi di maggioranza non creerebbero un territorio compatto, ma con un loro collegamento funzionale rappresenterebbero un quadro istituzionale sufficiente per la vita della comunità serba nella provincia. Bisogna rendere possibile il collegamento fra i comuni nell'ambito di determinate competenze di interesse comune, cioè i legami orizzontali fra i comuni, come anche la creazione di determinati organi, attraverso i quali si realizzerebbero tali collegamenti. Nelle altre e nelle già nominate aree, ai comuni che fanno parte dell'entità serba sarebbero garantiti anche i legami istituzionali diretti con Belgrado. I serbi avrebbero il diritto ad una polizia locale e al potere giudiziario, inoltre l'autogestione locale nell'ambito della salute e determinate competenze nell'ambito della protezione sociale e dell'assicurazione pensionistica, con il diritto ad un aiuto di quadri ed un aiuto materiale da Belgrado nei seguenti ambiti: la questione della proprietà e della privatizzazione, la progettazione territoriale e l'autonomia finanziaria dei comuni. Quando si tratta delle decisioni del parlamento che riguardano gli interessi vitali della comunità serba, includendo anche l'emanazione delle leggi regionali, bisogna prevedere che la decisione non possa essere presa in modo equo se per essa non vota anche la maggioranza dei deputati di nazionalità serba. Parte dell'Entità serba sarebbero anche le sedi più importanti della religione ortodossa in Kosovo e Metohija, nel caso non si trovassero sul territorio dei comuni a maggioranza serba.

Il piano del Governo serbo sulla decentralizzazione del Kosovo

Il piano del Governo serbo per il Kosovo prevede la formazione di cinque regioni dove i serbi rappresentano una popolazione compatta, con diritti e competenze di potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Col piano è stato raccomandato che in Kosovo vengano formate cinque regioni: Centrale-kosovara, Nord-kosovara, kosovara-pomoravska, della Sar planina e della Metohija. Di competenza della regione sarebbe l'organizzazione dell'autonomia territoriale, cioè la formazione di organi e la regolazione della procedura elettorale, poi la polizia, la protezione civile, il potere giudiziario, l'istruzione, la salute e la politica sociale, la cultura e i media. L'ingerenza della regione comprenderebbe anche l'applicazione della privatizzazione sul territorio della regione, i rapporti legali di proprietà per gli immobili, i pubblici registri, l'uso ufficiale della lingua e della scrittura, i programmi di sviluppo, l'autogestione locale, il budget, l'amministrazione della proprietà pubblica e altre competenze. Gli organi dell'autonomia territoriale sono il Parlamento regionale, il Consiglio esecutivo, gli organi dell'amministrazione e i tribunali. Il parlamento è il più alto organo rappresentativo che si elegge in base ai voti dei cittadini di tutte le parti che formano la regione, che ha potere giudiziario e quello dei tribunali di primo grado di competenza generica che vengono organizzati per il territorio di uno o più comuni all'interno della regione. Il consiglio esecutivo detiene il potere esecutivo. Il rapporto della regione verso le istituzioni kosovare temporanee è stato pensato in modo da avere un alto grado di autonomia sostanziale rispetto al potere di Pristina. I comuni, le parti dei comuni e gli abitati dove i serbi prima dello spopolamento nel 1999 erano la maggioranza sarebbero gli ambiti dell'autonomia. Al Piano del Governo serbo, dopo l'approvazione al Parlamento della repubblica alla fine di aprile dell'anno scorso, l'UNMIK e il governo kosovaro hanno risposto con il Quadro per l'autogestione locale, basandosi sul principio che la riforma dell'autogestione locale rispecchia il desiderio di migliorare la sicurezza e le condizioni di vita di tutte le comunità in Kosovo.

La cantonizzazione

Dusan Batakovic, attuale consigliere del presidente Tadic e membro del team per le trattative per il Kosovo, è l'autore della proposta di cantonizzazione del Kosovo, datata 1998. A quanto è noto, tale proposta è stata respinta prima della guerra del 1999 dai funzionari internazionali, e poi, sempre senza successo, hanno cercato di realizzarla i rappresentanti serbi nel Consiglio di transizione del Kosovo e in un certo senso anche la Chiesa serba ortodossa. Il piano di Batakovic proponeva che le città del Kosovo fossero sotto amministrazione mista albanese-serba, e che nei cantoni sarebbero comprese principalmente le regioni agrarie a maggioranza serba alle quali sarebbero aggiunti i monasteri serbi con i poderi che possedevano fino alla guerra del 1941, cioè fino alla espropriazione finale dopo la Seconda guerra mondiale.

Le frontiere dei comuni verrebbero modificate per aprire alla possibilità di formare dei comuni più piccoli che raggruppano i luoghi e i villaggi con popolazione a maggioranza serba. Sono stati proposti cinque cantoni: 1. Ibarski Kolasin, dentro le frontiere degli attuali comuni di Leposavic, Zubin Potok e Zvecan, dove i serbi hanno la maggioranza, 2. lo spazio fra Kosovo Polje e Lipljani con una serie di villaggi serbi: Caglavica, Gracanica, Laplje Selo, e così via, 3. lo spazio fra gli attuali comuni di Kosovska Kamenica, Kosovska Vitina e Gnjilani, 4. Sirinicka contea con sede a Strpac, e a essa secondo un precedente accordo si aggregherebbero contea Sredacka, e le regioni Opolje e Gora, popolate principalmente da popolazione slava di religione musulmana, 5. le regioni serbe da Pec a Istok e Klin, dove esistono una serie di villaggi serbi e gli ampi poderi del monastero di Decani e del Patriarcato di Pec. In modo simile, a tutti gli altri cantoni si aggiungerebbero i poderi degli alti monasteri serbi (Gracanica, Devic, Goroc, Sv. Arhangeli, Zociste, Banjska, Draganac, Sokolica...), che prima verrebbero restituiti.

"Ancora nel 1998, come storico che conosce bene il passato del Kosovo, mi sono reso conto della continuità dei rapporti multietnici, della loro evoluzione e dei diversi cambiamenti, e poi come qualcuno che per forza delle circostanze è stato attirato dentro nella soluzione dello status politico del Kosovo, io, cercando il modo di evitare una nuova forma di scontro, che nemmeno oggi è interrotta, ho ideato il progetto della cantonizzazione del Kosovo. Si tratta di un progetto che allora in pochi avevano sostenuto, e ci sono stati alcuni momenti molto importanti per risolvere politicamente questo duro nodo kosovaro" - dice Batakovic...

"Quando si tratta degli albanesi, il progetto di cantonizzazione non determinava il numero dei cantoni albanesi, a loro era lasciato di scegliere liberamente da soli il tipo di costituzione, perché si supponeva che loro fossero una maggioranza funzionale. Ma con ciò li ho determinati come comunità etnica, e non come minoranza nazionale, che era la connotazione necessaria per qualsiasi riferimento agli albanesi etnici in Kosovo. Altra novità che ho introdotto col piano e che fino ad oggi è l'unica soluzione permanente per una pace duratura e per una coesistenza etnica, è che per la coabitazione nei territori in cui la minoranza serba è la maggioranza della popolazione, ma non la maggioranza assoluta, si formino dei cantoni" - ha raccontato Batakovic nell'intervista a "Glas javnosti", l'anno scorso nel periodo in cui era ambasciatore della Serbia e Montenegro ad Atene.

Inoltre lui rifiuta le critiche che indicano la cantonizzazione come una divisione del Kosovo e dice: "Le forze non democratiche in Serbia e gli estremisti albanesi allora hanno attaccato questo progetto come modello che mira alla divisone. Se si vede la carta che ho proposto, essa dimostra che non si tratta di alcuna divisione, ma al contrario di una riorganizzazione territoriale che va incontro alla realtà politica. A differenza dalla Bosnia ed Erzegovina, dove tutti parlano una sola lingua, dove tutti hanno più o meno una cultura simile, dove le differenze sono generalmente di natura religiosa, in una società, che era, come sappiamo, decisamente atea - in Kosovo abbiamo una situazione completamente diversa", spiega il consigliere di Tadic.

Il gruppo di contatto

Alla domanda di commentare la speculazione che gli USA e la Russia si sono accordati per la divisione del Kosovo secondo la quale gli albanesi avrebbero ottenuto l'80 per cento del territorio e i serbi il 20 per cento, Batakovic risponde di non sapere nulla di tutto ciò, ma aggiunge che il Gruppo di contatto avrà influenza sulla soluzione finale: "in quel senso non bisogna escludere anche la creazione di una particolare entità serba e di un'altra albanese..."

In questo momento, i partiti sulla scena politica della Serbia che si impegnano pubblicamente per l'idea della divisione o della riorganizzazione del Kosovo sono il G17 plus, il cui leader e vice premier Miroljub Labus parla della divisione in due Entità ormai da un anno, il DS di Boris Tadic e l'SDP di Nebojsa Covic, ex capo del Centro di coordinamento per il Kosovo. Fra l'altro, Covic come vice premier del Governo della Serbia il 18 maggio del 2001 aveva proposto che in Kosovo venissero create due Entità: serba e albanese, col fatto che la seconda sarebbe sotto protezione delle forze internazionali, e quella serba sotto protezione dell'Esercito jugoslavo e della polizia. Il leader dello SDP considera che "la via dell'Entità" sia l'unica possibilità di tenere il Kosovo in Serbia : "tutte le cose diverse che sta facendo Vojislav Kostunica in questo momento portano verso la perdita del Kosovo e Metohija, lo posso dire in modo responsabile dal momento che mi sono occupato di questo lavoro per cinque anni. Se qualcuno la pensa diversamente, ci possiamo mettere uno di fronte all'altro e confrontare gli argomenti, ma vi prego non facciamo una politica riguardo Kosovo e Metohija basata sull'inganno dei cittadini", dice Nebojsa Covic.

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