Non è facile comprendere a pieno ciò che sta accadendo in Kosovo in questo momento e tanto meno è facile prevedere cosa accadrà nell'arco del nuovo anno da poco iniziato. Tuttavia alcuni segnali di come si svilupperà la situazione nella turbolenta regione possono già essere tracciati. Cerchiamo di capire quali sono le novità da segnalare.
In primo piano vale la pena mettere l'annuncio ribadito da parte degli ufficiali della KFOR riguardo l'ondata di arresti prevista per il 2002. A rendere conto con i dovuti punti interrogativi, di questa discussa presa di posizione è il giornalista Besnik Bala dell' AIM di Pristina. In un recente articolo, di cui riporteremo ampi stralci, Besnik Bala, riassume la vicenda dell'arresto dei tre albanesi kosovari il 28 gennaio. In seconda battuta vi è poi la proposta avanzata dalla KFOR di inviare in missione di pace in Afghanistan alcuni membri del Corpo di protezione del Kosovo. Di ciò ne rende conto sempre un giornalista dell'AIM di Pristina, Rrachman Pacarizi.
Kosovo: è iniziata la stagione degli arresti?
Lunedì 28 gennaio una sessantina di appartenenti alla polizia internazionale e altrettanti appartenenti alle truppe NATO hanno dato vita ad una spettacolare azione di polizia che ha portato all'arresto di tre albanesi kosovari accusati di aver commesso crimini di guerra contro la popolazione civile albanese nel periodo che va dal settembre 1998 al giugno 1999 nella regione di Podujevo (al nord di Pristina). I tre sono sospettati di rapimento illegale, aggressione fisica e in alcuni casi di omicidio, nel periodo in cui come membri dell'UCK operavano nella regione di Podujevo. Secondo la procedura per il momento sono agli arresti per un tempo minimo di 30 giorni, necessario alla verifica dei capi d'accusa. Nonostante gli ufficiali della comunità internazionale non abbiano reso noto i nomi dei tre, immediatamente si è saputo chi fossero i tre albanesi accusati. Si tratta di: Latif Gashi, attuale membro del Corpo di Protezione del Kosovo, di Naim Kadriu, segretario del Partito Democratico del Kosovo (PDK di Hashim Thaci) della zona di Podujevo, ed infine il terzo è Nazif Mehmeti, attuale membro dei servizi di polizia del Kosovo (Cfr. B. Bala,
Kosovo: da li je zapocela sezona hapsenja?, AIM Pristina, 5 febbraio 2002).
Secondo quanto riportato dagli ufficiali dell'UNMIK non si tratta di un'operazione isolata, ma dell'inizio di una stagione di arresti. "Questo tipo di arresti non si conducono in modo isolato, è possibile che ci siano anche altri crimini" conferma una portavoce dell' UNMIK, alla quale si aggiungono le parole del commissario di polizia dell'UNMIK il britannico Christopher Albiston che afferma: "nel corso dell'anno vedrete l'arresto di alcuni dei principali criminali", ribadendo che in Kosovo proprio questo sarà l'anno decisivo e che i preparativi per questa azione sono già stati avviati (Cfr.
Kosovo: da li je zapocela sezona hapsenja?, cit.).
Il mandato d'arresto dei tre accusati è stato emesso dal pubblico ministero internazionale Philipe Korney e sembra che esistano ben 15 testimoni, di cui non è stata resa nota l'identità, pronti ad supportare le accuse del giudice.
Si tratta ad ogni modo della prima azione di polizia condotta in questo stile dalle forze internazionali e, vista l'importanza del caso, il sostituto dell'Amministratore civile, l'americano Charles Brayshaw e il comandante della KFOR il francese Marcel Valentin, hanno avuto un colloquio con i rappresentati dei tre maggiori partiti politici albanesi. Alla fine della seduta, i tre rappresentati albanesi, nonostante avessero dimostrato la loro irrequietezza riguardo all'ondata di arresti in corso, se ne sono usciti senza commenti.
Tuttavia solo il giorno dopo sono iniziate le proteste che sono sfociate in manifestazioni con migliaia di persone nel centro di Pristina e a Podujevo. Le reazioni più aspre sono giunte dal comando del Corpo di protezione del Kosovo (l'organizzazione civile che ha ereditato le spoglie dell'UCK), che ha rigettato l'accusa rivolta ai tre ex appartenenti all'UCK, considerandola tanto pesante quanto assurda. In sostanza il discorso di fondo può essere riassunto come segue: è strano che vengano accusati solo adesso dei valorosi combattenti che hanno difeso la patria del Kosovo e che hanno lottato per la liberazione dal giogo serbo, mentre invece i responsabili serbi dei crimini commessi durante la guerra non vengono arrestati. Inoltre si sta cercando di equiparare i crimini commessi dai serbi alle azioni volte a liberare il territorio compiute dai membri dell'UCK. Sullo stesso tono vertono anche le dichiarazioni di alcune forze politiche che si dicono sorprese da questa novità, dal momento che in Kosovo esiste solo un caso di processo contro un membro della comunità serba.Per una buona parte delle organizzazioni politiche kosovare i tre arrestati sono "innocenti". Il segretario generale del partito di Thaci (PDK), Jakup Krasniqi, ha dichiarato che le accuse contro i tre ex membri dell'UCK sono una minaccia contro il valore dei combattenti albanesi per la liberazione del Kosovo. In molti hanno poi sollevato dubbi sul documento sottoscritto dal vicepresidente serbo Covic e Haekkerup nel novembre dello scorso anno, con il quale il capo missione dell'UNMIK era riuscito a portare i serbi alle votazioni del 17 novembre, ma che in modo evidente ha lavorato molto meglio con i serbi che con i rappresentati albanesi della regione. Questi stessi dubbi hanno occupato la scena dei raduni di Podujevo e Pristina (dove hanno partecipato per lo più appartenenti all'Associazione invalidi e veterani della guerra, ma anche alcuni leader dell'Unione indipendente degli studenti di Pristina), tutti d'accordo nell'affermare che l'arresto è stato portato a termine per motivi prettamente politici, accusando l'UNMIK che in questo modo si sono assecondate "le richieste di Belgrado".
D'altra parte -fa notare Besnik Bala- altri vedono l'arresto dei tre presunti criminali come conseguenza della situazione che si è venuta a verificare dopo le elezioni del 17 novembre. In mezzo agli arrestati c'è infatti un attivista del partito di Thaci e quest'ultimo è in lizza per diventare il premier del Kosovo nel futuro governo del paese.
Inoltre occorre considerare che durante lo scorso anno sono stati numerosi gli omicidi e gli attentati rivolti contro appartenenti della LDK di Rugova. Nel rapporto dell' IWPR n. 313 del 31 gennaio 2002, curato dallo staff londinese dell'organizzazione, vengono riportati alcuni dati sugli omicidi politici commessi nel corso dell'anno. Si citano i nomi di Xhemail Mustafa, vicino al partito di Rugova, assassinato davanti al parlamento nel mese di ottobre. Qualche mese più tardi Ismet Rraci, rappresentate della LDK, viene ucciso sulla strada di casa. Nel novembre, il corpo di un altro collega di Rugova viene ritrovato vicino alla Drenica. Infine il 18 gennaio viene ucciso un altro rappresentante politico della LDK, Smajl Hajdaraj.
Il TMK in missione di pace in Afghanistan
Altra questione cui occorre prestare attenzione è anche la seguente proposta che la comunità internazionale ha offerto ad alcuni appartenenti al Corpo di Protezione del Kosovo.
Secondo quanto riporta Rrahman Pacarizi, in un articolo del 1 febbraio 2002 (
Zastitne trupe Kosova na ispitu poverenja, AIM Pristina), l'attuale comandante della KFOR, il francese Marcel Valentin, ha reso noto che fra qualche tempo il Corpo di Protezione del Kosovo (TMK) verrà inviato in missione di pace in Afghanistan sotto la guida della NATO. Si tratterebbe di una missione con compiti di logistica, trasporto, sicurezza e rifornimento di medicinali. Come dichiarato dagli ufficiali della KFOR, la missione dovrebbe prendere il via la prossima primavera.
Dall'altra parte uno dei portavoce del TMK, Shemsi Syla, ha reso noto che il suddetto corpo di protezione rimane in attesa di un invito dall'Afghanistan e ciò dipende anche dalla situazione sul campo.
In effetti la conferma della partecipazione del TMK ad una significativa missione di pace in Afghanistan, dove appunto questa organizzazione ricoprirebbe incarichi civili e umanitari, rappresenterebbe l'inizio di una riabilitazione del TMK da parte della KFOR. È noto infatti che le contraddizioni tra l'esercito albanese smobilizzato e le forze di pace internazionali sono da tempo conosciute e sono rimaste irrisolte. Il solo nome delle truppe albano-kosovare evidenzia bene il non preciso status del loro ruolo. Infatti in inglese si dice "Kosovo Protection Corps" il che significa che l'accento è posto sull'aspetto di protezione piuttosto che su quello di difesa (defence), e lo stesso lo si può dire per la sua dizione in lingua serba (Zastitni korpus Kosova, dove "zastitni" significa appunto "di protezione", mentre la parola "odbrane" significa "di difesa"), mentre in albanese l'acronimo TMK significa "Corpo di difesa del Kosovo". Questa ambivalenza terminologica è frutto di un compromesso con la KFOR nel 1999.
A seguito dei numerosi incidenti avvenuti nel corso di questi ultimi anni nella regione meridionale della Serbia così come in Macedonia, sono state sollevati parecchi dubbi sulla possibile implicazione del TMK nel supporto dei guerriglieri del sud della Serbia e in Macedonia. Mentre dall'altra parte si è cercato di accreditare al TMK il grande numero di omicidi che si sono verificati in Kosovo negli ultimi tempi.
Attualmente cinque alti ufficiali del Corpo di Protezione del Kosovo si trovano agli arresti, anche se contro di loro non è stata ancora formulata alcuna accusa formale. Inoltre altri quattro alti ufficiali del TMK sono stati sospesi dal loro incarico con il sospetto di complicità nell'aiuto ai guerriglieri albanesi di Macedonia, e ciò sulla base della famosa "lista nera", resa nota nel corso dello scorso anno dal presidente statunitense George Bush. A tal proposito il comandante in capo del TMK, Agim Ceku, ha formato lo scorso anno una commissione per il controllo e la verifica dell'operato degli appartenenti al TMK.
Tuttavia -fa notare Pacarizi- aldilà dei dubbi espressi dalla comunità internazionale per questo corpo di difesa e di ciò che rappresenta quello che può essere definito il suo "lato oscuro", i membri di questa formazione civile hanno fino ad ora partecipato ad un gran numero di azioni in Kosovo, dove l'intervento del TMK è stato appunto ritenuto necessario. Come per esempio l'impedire un'escalation della situazione a Mitrovica quando in una sola notte sono stati uccisi 14 albanesi. D'altra parte la stretta collaborazione con le forze di pace, in particolare nel settore orientale e centrale dove opera la KFOR, guidato dal comando britannico e statunitense, ha aiutato a creare una forza pronta ad intervenire per le situazioni di emergenza.
Infine è atteso nel corso dell'anno un ridimensionamento di questa forza civile, che prevederebbe una sua diminuzione del contingente di riserva composto da circa 2000 unità, cosa che viene guardata con una certa preoccupazione per quegli appartenenti che da questo impiego ricevono 200 marchi al mese e che con ogni probabilità rimarrebbero disoccupati.
Pertanto la partecipazione ad una missione di pace in Afghanistan significherebbe una sorta di riconciliazione e riabilitazione del TMK. Alcuni analisti considerano che una riconciliazione e un ritorno di fiducia verso il TMK, che considera se stesso come difensore del Kosovo nella lotta contro Milosevic, potrebbero essere il più grande aiuto per la riabilitazione di questa formazione, in particolare dopo i numerosi attacchi e accuse sul loro conto provenienti dalla Serbia e dalla Macedonia.
Vedi anche:
AIM Pristina
Kosovo: da li je započela sezona hapšenja?
Kossovo: accordo Haekkerup-Covic, i serbi andranno a votare
Elezioni in Kossovo: i primi risultati
Kosovar Extremists Targeted (IWPR)
Zaštitne trupe Kosova na ispitu poverenja