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Kosovo: a scuola di separazione

16.01.2006   

I manuali scolastici serbi e albanesi riportano versioni parallele della storia recente del Kosovo. La comunità internazionale elude il problema. Un reportage dalle scuole di Mitrovica, nostra traduzione
Di Jelena Bjelica, Le Courrier des Balkans, 7 gennaio 2006 (titolo originale: “Kosovo: l’école divise et ne rapproche pas les communautés”).

Traduzione di Persa Aligrudic per Le Courrier des Balkans e Carlo Dall’Asta per Osservatorio sui Balcani


Mitrovica
Secondo il coordinatore dell’Istruzione per la regione di Mitrovica, Patrick Dong, la comunità internazionale fino ad ora non si è occupata del contenuto dei manuali di storia.

«È probabile che qualcuno della comunità internazionale abbia verificato il testo dei manuali, ma il nostro compito comprende i cambiamenti di metodologia, la formazione degli istitutori... A dire il vero io non so cosa contengono», riconosce Patrick Dong. Ne risulta che il dipartimento dell’Istruzione dell’Unmik non ha mai menzionato quale dovesse essere il sistema educativo in Kosovo, né cosa dovesse arrecare, dal momento che è evidente che i manuali di storia, ma anche quelli delle altre materie, hanno oggi l’obiettivo di mantenere l’enorme distanza etnica tra le due comunità piuttosto che quello di superarla.

Sahid Sahiti, professore di storia alla Scuola secondaria di Economia di Mitrovica sud, ricorda che all’epoca dell’autonomia kosovara gli Albanesi imparavano per il 50% la storia dei popoli jugoslavi, e il resto del programma concerneva la storia albanese. In seguito, a partire dal 1989, le autorità serbe hanno proposto loro un programma che non prevedeva nessuna materia di insegnamento sugli Albanesi.

«Noi non l’abbiamo accettato. Noi stessi abbiamo elaborato dei programmi unici, armonizzati con quelli dell’Albania. Attualmente, insegniamo la storia secondo un manuale stampato nel 2000. L’autore è il professor Fehmin Puskoli. Noi insegniamo anche il periodo che segue il crollo del sistema jugoslavo, l’inizio del pluralismo e la formazione della Lega democratica del Kosovo. Il nostro programma ricorda anche il nostro sistema parallelo che ha permesso di salvaguardare l’istruzione in Kosovo. Noi spieghiamo agli studenti quello che il regime serbo ha fatto in Kosovo, quello che ha fatto subire al popolo albanese», spiega Sahid Sahiti.

Una studentessa, Teuta Gashi, spiega che gli studenti albanesi imparano anche la storia recente del Kosovo: «Noi impariamo la storia del popolo albanese, il ruolo dell’UCK nel difendere il Kosovo. Speriamo che Mitrovica sarà nuovamente un’unica città e che un giorno la storia ci spiegherà come e perché questa città è stata divisa».

Sull’altra sponda del fiume Ibar, Stojana Jeftic, insegnante di storia alla Scuola Primaria Sveti Sava, spiega come insegna storia contemporanea alla classe dell’ottavo anno. Il suo programma va dalla fine della Jugoslavia fino al 1996. Stojana Jeftic spiega che il recente manuale del 1999/2000 menziona la guerra in Kosovo, «benché sia ancora presto per insegnare qualsiasi cosa in merito, perché gli studenti sono stati testimoni di tutto ciò che è accaduto e ne sanno quindi abbastanza già da soli».

Danijela, una studentessa dell’ottavo anno di questa scuola, dice di sapere che molta gente è morta in questa guerra e che a suo avviso sono i Serbi ad essere sempre presentati come causa della frantumazione della Repubblica Federale di Jugoslavia e della guerra in Kosovo: «Tutti noi, i Serbi, dovremmo sentirci colpevoli della nostra esistenza a questo mondo. Questo almeno è quello che dicono i più vecchi, che noi siamo i colpevoli di tutto», dice.

La sua compagna Jelena pensa che gli Albanesi hanno voluto che il Kosovo si separasse dalla Serbia, per occuparlo: «Tutti i giorni subiamo dei traumi e noi vorremmo che tutto si cancellasse, ci piacerebbe vivere in pace, vorremmo che arrivasse un nuovo giorno».

Denisa Kosotovicova, insegnante alla London School of Economics, che ha sostenuto un esame di dottorato sul tema del sistema educativo parallelo degli Albanesi kossovari, stima che se i due manuali, quello albanese e quello serbo, fossero riuniti in uno solo, è probabile che se ne otterrebbe uno di qualità superiore.

«Il contenuto dei manuali di storia nutre le identità nazionali. In un manuale come nell’altro ci sono molti problemi, non solo riguardo alla precisione, ma anche per quanto attiene alla presentazione selettiva della storia», spiega.

Essa aggiunge che questi manuali hanno allontanato la possibilità di una riconciliazione, e si ha attualmente una situazione in cui due entità nazionali non condividono più nessun punto di vista comune e in cui la società si trova in una situazione di segregazione totale. Ad ogni modo, ci sono in Serbia degli storici disposti a presentare i fatti storici in modo obiettivo.

«L’autonomia del Kosovo è stata soppressa in modo brutale, c’è stato il terrore di Stato, è stata creata una società parallela... Nessuno potrà risolvere il problema del Kosovo sulla base di un rapporto di forze, non solo a causa della presenza della comunità internazionale, ma anche a causa dell’esperienza di tutte le comunità, che maturano», constata la storica Latinka Perovic, sottolineando che esiste sempre il pericolo di un nuovo conflitto. Latinka Perovic è uno dei rari personaggi della scena pubblica serba ad avere questo atteggiamento verso la storia recente del Kosovo. Tuttavia essa non scrive i manuali di storia né ha alcuna influenza sul loro contenuto.

In altre parole, dal momento che il programma di storia utilizzato dai Serbi del Kosovo è identico a quello insegnato agli studenti della Serbia, come può una delle due comunità continuare a fare finta che nulla sia cambiato nella società così drasticamente divisa del Kosovo? Se questa divisione non è che provvisoria e non è dunque necessario cambiare i manuali di storia, come può l’altra comunità vivere nella convinzione che il Kosovo sia stato liberato con l’arrivo della comunità internazionale?
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