Le autorità salutano l’introduzione dell’IVA come segno dell’integrazione della Bosnia in Europa, ma per la maggior parte della popolazione questo significa solo un ulteriore aumento dei prezzi. Impoverimento, disoccupazione e debito estero sono l'emergenza in un paese senza vere politiche di sviluppo
Di Nidzara Ahmetasevic*, Sarajevo, per BIRN, 20 gennaio 2006 (Titolo originale: “Vat adds to burden on Bosnia’s poor”)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Sarajevo
I Bosniaci si sono svegliati la mattina di capodanno scoprendo che l’IVA era entrata a far parte della loro vita. La tassa sul valore aggiunto è stata introdotta il primo gennaio per rimpinguare le casse dello Stato, disperatamente povere, ma l’aliquota unica inevitabilmente andrà a colpire con maggiore asprezza i cittadini meno abbienti.
La Bosnia Erzegovina è stata l’ultimo Paese della regione ad introdurre una imposta sul valore aggiunto, e il solo a stabilire un’aliquota unica del 17 per cento.
A dispetto delle pressioni pubbliche per mantenere i prodotti essenziali del tutto esenti da IVA, o per scalare le aliquote della tassa a seconda dei prodotti, il governo ha optato per un’aliquota unica.
L’Ufficio dell’Alto Rappresentante, che ha dato il suo sostegno al provvedimento, ha addolcito la pillola descrivendo l’introduzione dell’IVA come “un prerequisito essenziale per l’ulteriore integrazione della Bosnia Erzegovina nel sistema europeo".
Ma i più si accorgono solo che la loro spesa settimanale costa più che in dicembre.
Gli economisti hanno criticato l’introduzione dell’IVA come un’iniziativa affrettata, sostenendo che non è stata fatta nessuna preparazione per attutire il colpo sulle fasce meno abbienti.
Anche i sindacalisti sono contrariati. Edhem Biber, leader del Sindacato Indipendente dei Lavoratori, dice che la tassa andrà a erodere gravemente il tenore di vita di almeno un milione di persone.
Anche se il governo ha rifiutato di cedere sull’aliquota unica dell’imposta, ha tentato di mitigarne gli effetti ponendo dei limiti ai margini di profitto nella vendita di quattro prodotti – farina, pane, olio e latte.
Ispettori hanno controllato i negozi per assicurarsi che i rivenditori non approfittassero della confusione creata dalla nuova tassa per alzare ulteriormente i prezzi. Questa misura, però, non ha impedito ai negozianti di aumentare i prezzi.
Il governo ha anche introdotto un numero verde. Il responsabile del servizio, Dragan Tomic, ha detto che esso è mirato a fornire informazioni e a rilevare irregolarità riguardanti l’aumento dei prezzi.
"Ci chiamano soprattutto pensionati, che segnalano prezzi troppo alti degli alimentari e dei prodotti per l’igiene personale", dice Tomic. "Da quanto sentiamo, alcuni negozianti hanno approfittato dell’IVA per aumentare enormemente i prezzi".
Secondo gli esperti si sarebbe potuta evitare gran parte della confusione sugli aumenti dei prezzi informando meglio consumatori e rivenditori.
Il professor Dragomir Stojanov, della Facoltà di Economia dell’Università di Sarajevo, ha detto che c’è stata un’informazione insufficiente su molti aspetti del problema e sulle possibili scappatoie dalla legge, come la pratica di aprire ditte fittizie in altri Paesi, che permette ai proprietari di recuperare l’IVA.
"Io non so neppure se sono state previste delle soluzioni per questi problemi, o se l’introduzione dell’IVA è stata una decisione affrettata, intesa a riempire le casse dello Stato", ha detto.
Il professor Stojanov ha affermato che un altro errore è stato stabilire un’aliquota uniforme, dato che ciò colpisce soprattutto i più poveri.
"L’argomentazione secondo cui questo è il modo più semplice per raccogliere le tasse non è soddisfacente", ha continuato. "Il nuovo sistema spinge tutti al limite della soglia di povertà, o appena al di sopra".
In Bosnia Erzegovina la povertà è diffusa su vasta scala. La Banca Mondiale stima che quasi il 20 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà di 150 marchi (circa 75 euro) al mese. Un altro 30 per cento vive poco al di sopra di quel livello.
La povertà è aggravata dalla massiccia disoccupazione, che è arrivata ormai a quota 510.000, stando ai sindacati – un dato sbalorditivo in un Paese di quattro milioni di abitanti, e non molto inferiore a quello delle 640.000 persone ufficialmente occupate.
Il Paese rimane intrappolato in un ciclo di bassa crescita, mentre i soldi che entrano vengono impiegati principalmente per mantenere le istituzioni statali anziché per creare posti di lavoro attraverso lo sviluppo economico.
Il governo sostiene che uno speciale programma sociale mitigherà l’impatto dell’IVA sui meno abbienti.
Radovan Vignjevic, ministro per le politiche economiche e sociali della Federazione, una delle due entità del Paese, dice di aver riservato per tali programmi 25 milioni di marchi, quasi 12 milioni di euro.
Il progetto è quello di andare a sostenere quei 150.000 che, nella sola Federazione, vivono di un reddito mensile inferiore ai 200 marchi (100 euro).
Questi programmi però non sono stati ancora ratificati, dato che il bilancio della Federazione per il 2006 non è ancora stato approvato dal Parlamento.
La Republika Srpska, l’altra entità della Bosnia Erzegovina, progetta di implementare programmi simili, anche se neanche il suo bilancio è ancora stato approvato.
Le autorità ritengono che il nuovo sistema dell’IVA porterà a benefici nel lungo termine.
Secondo Kemal Kozaric, governatore della Banca Centrale di Bosnia Erzegovina, l’atteggiamento negativo dell’opinione pubblica è dovuto alla scarsa opera di informazione condotta al riguardo.
"Non sono stati sufficientemente enfatizzati gli aspetti positivi dell’IVA", ha detto. "Invece, le autorità fanno costantemente riferimento agli aspetti sociali della questione, tentando di convincere la gente che i programmi sociali – che non sono ancora stati implementati – risolveranno i problemi".
Secondo Kozaric si è trascurato di sottolineare la potenziale capacità della nuova tassa di unificare lo spazio economico della Bosnia Erzegovina.
"Prima, le tasse variavano nelle due entità, il che voleva dire che le imprese impegnate in attività commerciali che operavano nell’intero Paese erano costrette a tenere contabilità separate", ha aggiunto.
Il governatore della Banca ha detto che l’IVA diminuirà il mercato nero, che rappresenta il 30 per cento di tutta l’attività economica, e incrementerà le esportazioni. "Questo è per noi molto importante, dato che il disavanzo della nostra bilancia commerciale è stato nel 2005 superiore ai 7 miliardi di marchi", ha detto Kozaric.
Secondo la Banca Mondiale, l’entità del divario tra importazioni ed esportazioni è un grande problema per l’economia bosniaca.
Se le autorità non riusciranno a risolvere tre basilari problemi economici – il grande deficit nel commercio con l’estero, l’elevata disoccupazione e il settore pubblico, che necessita di riforme che devono essere finanziate a scapito dello sviluppo - ciò potrebbe nel lungo periodo mettere in pericolo la stabilità della Bosnia Erzegovina.
Il più importante test per il nuovo sistema arriverà alla fine dell’anno fiscale, quando le imprese chiederanno al governo il rimborso dell’IVA.
Se questo non dovesse avvenire regolarmente, l’intero progetto potrebbe incepparsi e avviarsi a un fallimento certo.
Il professor Stojanov resta scettico sull’opportunità di introdurre l’IVA in Bosnia, ribadendo che è come imparare a correre prima di saper camminare.
"Noi non abbiamo banche d’investimento per lo sviluppo, né politiche monetarie o sui tassi di cambio. Non proteggiamo la produzione interna... La sola cosa che abbiamo è una forte politica fiscale e l’IVA", ha detto.
"È difficile gestire lo sviluppo in un Paese che ancora non ha nessuno degli strumenti che servono a tale scopo, né una vera politica di sviluppo".
La maggior parte della popolazione condivide i suoi timori. Un recente sondaggio dell’agenzia di rilevamento statistico Gallup ha messo la Bosnia Erzegovina al primo posto tra 60 nazioni in quanto a malcontento, con circa il 60 per cento degli intervistati che sostenevano di essere pessimisti riguardo al futuro. Fino ad ora, l’avvento dell’IVA non è servito a risollevargli il morale.
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Nidzara Ahmetasevic è corrispondente da Sarajevo per Balkan Insight