Lo scenario politico kosovaro all’indomani della morte di Rugova. I diversi potenziali successori alle cariche di presidente del Kosovo e leader del team negoziale. I desiderata della comunità internazionale. Momento della verità per la Lega Democratica del Kosovo?
Di: Balkan Investigative Reporting Network BIRN, Pristina, 27 gennaio 2006 (Titolo originale: “LDK leaders jostle for Rugova's crown”)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Rugova, i funerali (B 92)
Né la Lega Democratica del Kosovo, LDK, né la comunità internazionale hanno una idea chiara su come riempire il vuoto creatosi con la morte di Ibrahim Rugova, Presidente del Kosovo, leader del suo maggiore partito e capo del team kosovaro nei colloqui sullo status definitivo.
Balkan Insight ha intervistato analisti, politici e diplomatici internazionali per scoprire chi sono i possibili candidati alla successione, dopo che sabato scorso Rugova ha perso definitivamente la sua guerra, durata mesi, contro un cancro ai polmoni.
La nostra ricerca ha scoperto diversi contendenti. Tutti fronteggiano un difficile compito, davanti alle sfide poste da possibili fratture nel partito, da interessi economici in conflitto e dalla necessità di riformare l’LDK.
La priorità della comunità internazionale è nel frattempo quella di trovare una figura che possa subentrare nella conduzione dei negoziati.
Chi condurrà i negoziati?
In ottemperanza all’ordinamento costituzionale del Kosovo, le funzioni di Rugova sono state temporaneamente assunte dal portavoce del parlamento Nexhet Daci.
Ma ciò non risolverà il problema che la comunità internazionale si trova ad affrontare in Kosovo, che è quello di trovare una figura in grado di fungere da leader del team negoziale kosovaro nei cruciali colloqui con la Serbia sullo status definitivo del Kosovo.
I colloqui sono previsti per la fine di quest’anno. Il Kosovo è attualmente gestito come protettorato delle Nazioni Unite secondo la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Gli albanesi, che rappresentano più del 90% della popolazione, vogliono l’indipendenza, mentre la minoranza serba, con l’appoggio della Serbia, vorrebbe continuare a far parte della Serbia.
Rugova riuscì a nominare un team per i negoziati a metà dello scorso settembre. Esso comprendeva il Primo ministro Bajram Kosumi, dell’Alleanza per il futuro del Kosovo, AAK; il portavoce del parlamento Nexhat Daci, dell’LDK; e i due leader dell’opposizione Veton Surroi, a capo del partito ORA, e Hashim Thaçi, un ex comandante dell’UCK che guida il Partito Democratico del Kosovo, PDK.
Il team non è riuscito a trovare una linea comune e alla fine di ottobre i loro contrasti interni sono divenuti di pubblico dominio, alimentando l’impressione di una squadra disunita, a cui per funzionare servirebbe una figura autorevole nonché una intensa pressione internazionale.
Alcune settimane orsono, mentre la salute di Rugova peggiorava, l’amministrazione internazionale in Kosovo incominciò a cercare una nuova figura per sostituire il presidente nel team negoziale, una figura che potesse essere accettata da tutti.
"Iniziammo a pensare a una personalità politica con un’autorevolezza sufficiente da essere accettata dagli altri membri del team - in certi Paesi potrebbe essere un uomo di Stato in ritiro", ha detto un importante funzionario internazionale, parlando in via anonima.
Shkelzen Maliqi, analista politico del quotidiano Express, ha detto che trovare una tale figura sarebbe stato comunque difficile. "Sorgeranno delle complicazioni, perché tutti e quattro i componenti del gruppo negoziale sono troppo orgogliosi per accettare che un altro abbia un ruolo superiore al loro nel team", ha detto.
Mufail Limani, un altro commentatore politico, ha aggiunto che l’LDK vorrà avere tempo per riflettere, dovendo assimilare la perdita dell’uomo che lo ha guidato per 16 anni.
Comunque, ha aggiunto Limani, questo è un lusso che nessuno si può permettere. "L’LDK sarà sottoposto a enormi pressioni per adattarsi, nel giro di giorni, al fatto che il capo del partito non è più allo stesso tempo il Presidente del Kosovo e il leader del gruppo negoziale", ha detto.
Milazim Krasniqi, che conosce le dinamiche dell’LDK per la sua passata esperienza in qualità di portavoce del partito nel 1998 e 1999, ha detto che la morte di Rugova porterà alla superficie anni di "problemi che si sono accumulati nella politica kosovara".
Krasniqi ha aggiunto che è stato un errore formare in Kosovo un nuovo governo con una opposizione (invece di un governo di unità nazionale), "in un anno in cui il Kosovo aveva bisogno di un governo unitario, per risolvere la questione dello status".
Egli ritiene che ci sia bisogno di un completo cambiamento di rotta per compensare i due principali colpi subiti dalla politica interna: dapprima la convocazione all’Aja dell’allora Primo ministro, Ramush Haradinaj, e poi la morte del "padre della nazione".
Comunque non c’è consenso neppure su questa visione. Altri ritengono che agitare le acque cambiando nuovamente il governo complicherebbe solo le cose. Costoro sostengono che la soluzione sia trovare un sostituto adeguato, che possa colmare il vuoto nei diversi posti precedentemente occupati da Rugova.
Di questi posti, la presidenza e la leadership del team incaricato di negoziare coi serbi sono di gran lunga i più importanti. "La cosa di cui siamo più preoccupati è mantenere un team negoziale stabile", ha dichiarato a Balkan Insight lo stesso funzionario internazionale.
Limani si dice d’accordo, affermando che chi sia a guidare l’LDK è una questione marginale, se paragonata al posto di presidente. "Nessuno starà a rompersi la schiena per diventare capo dell’LDK", ha predetto. "Chi lo farà perderà ogni possibilità di giocare un ruolo importante nel gruppo negoziale".
Un’altra fonte vicina all’LDK ha affermato che i posti di capo del partito e di presidente richiedono in questo momento qualità molto differenti.
"La leadership dell’LDK sarà con ogni probabilità lasciata a quelli che vengono chiamati l’ala radicale dell’LDK", ha detto a Balkan Insight. "Ma il capo dello Stato e il leader del gruppo negoziale dovranno essere persone gradite alla comunità internazionale".
Maliqi ha detto che le istituzioni internazionali in Kosovo cercheranno di imporre una loro decisione su chi debba essere il nuovo presidente del Kosovo, anche se "cercheranno di nascondere che lo stanno facendo".
Ma egli lancia un monito: "Se non si raggiungerà un accordo tra le varie componenti dell’LDK su chi debba essere il presidente del Kosovo, la lotta per il potere diventerà aperta".
La lista dei possibili successori
La maggior parte degli analisti, dei politici e dei funzionari internazionali intervistati da Balkan Insight sono stati concordi nel dire che nessuno nei ranghi dell’LDK potrebbe contare al di là di ogni dubbio su un supporto unanime in quanto successore di Rugova.
Daci è uno dei contendenti. Nato nel 1944 a Tërnoc, nella serba Valle di Presevo, questo professore di chimica dell’Università di Pristina è emerso nel 2001 diventando portavoce del parlamento.
Ma un’autorevole fonte vicina all’LDK ha dichiarato che anche se Daci poteva sembrare il più qualificato a prendere il posto del presidente, "il vento sta ora soffiando in altre direzioni". Altri hanno aggiunto che i suoi stretti legami col capo del PDK, Thaçi, lo hanno reso impopolare presso lo zoccolo duro dell’LDK. Si ritiene anche che a Daci manchi un sostegno forte all’interno dei quadri dirigenti dell’LDK e, significativamente, egli non è membro della presidenza dell’LDK.
Daci non gode neppure di un pieno supporto da parte dei funzionari internazionali in Kosovo, che lo hanno giudicato autoritario ed inflessibile. Maliqi ha detto che Daci dovrebbe accontentarsi di mantenere il suo posto di portavoce e ritirarsi dalla battaglia per la presidenza.
Altri nomi in campo sono Alush Gashi, capogruppo parlamentare dell’LDK, e Fatmir Sejdiu. Gashi, un dottore, nato nel 1950, è stato nell’LDK fin dai primi anni ’90 ed ha promosso legami tra l’LDK e la diaspora, specialmente in America. E’ un membro della presidenza dell’LDK. Sejdiu, il segretario generale dell’LDK, ha ottimi legami con la base del partito ed è rispettato all’interno della presidenza dell’LDK.
Agron Bajrami, direttore di Koha Ditore, il più diffuso giornale kosovaro, ha detto che sia Gashi che Sejdiu potrebbero essere accettabili per l’opinione pubblica, per l’opposizione e per la comunità internazionale come futuri presidenti del Kosovo.
Bajrami ha sostenuto che i criteri chiave sono l’abilità nel trasmettere sicurezza e soprattutto credibilità "e nell’abbandonare i vecchi retaggi di animosità verso i partiti di opposizione".
"Entrambi sono percepiti dal pubblico come figure affidabili, senza noti contrasti coi partiti di opposizione", ha aggiunto.
Scenari probabili sono: o che l’LDK si unisca dietro un solo nome, proposto poi alla votazione del parlamento; o che le diverse correnti non riescano a raggiungere un accordo, e che venga proposto più di un nome.
Maliqi e Krasniqi ritengono che Lutfi Haziri, 36 anni, ministro per il Governo locale, sia il meglio piazzato per subentrare nell’altro posto lasciato vacante dalla morte di Rugova, quello di capo dell’LDK. Haziri ha aderito all’LDK nei primi anni ’90, e dal 2000 al 2004 ha ricoperto con successo la carica di sindaco di Gjilan.
Maliqi ha detto che Haziri potrebbe perfino essere un buon presidente del Kosovo, "perché è molto cooperativo e dinamico, e quindi molto efficace nei negoziati". Ma molti altri ritengono questa prospettiva non realistica perché la vecchia generazione, da cui è composto il nocciolo della presidenza e dei membri dell’LDK, potrebbe essere scoraggiata dalla sua giovane età.
Gli importanti funzionari internazionali che hanno parlato con Balkan Insight hanno confermato anch’essi che egli è visto come un candidato "non realistico".
"La verità è che ogni membro dell’LDK crede di poter diventare presidente [del Kosovo]," ha detto la fonte vicina all’LDK. "Perciò non c’è un piano chiaro per risolvere la situazione".
Un partito alla svolta
Gli analisti ammettono che, anche dopo aver fatto tutte le possibili predizioni sul futuro del partito, non si sa molto sulle dinamiche interne dell’LDK.
Richiesto in ottobre su come l’LDK avrebbe potuto continuare a funzionare senza Rugova, Haziri, un membro dell’LDK, ha ammesso che era difficile prevederlo. "L’LDK ha delle strutture, ma sarà difficile gestirle [senza Rugova]," ha dichiarato Haziri a Balkan Insight.
Una fonte vicina all’AAK, il partito vicino all’LDK nella coalizione di governo, ha detto che “non si può fare a meno di chiedersi se tutte queste migliaia di persone che vengono a porgere omaggio al defunto presidente non stiano anche dando l’ultimo addio all’LDK".
Mentre lo scenario peggiore prevede che il partito si frammenti in diverse fazioni, un’altra fonte vicina all’LDK ha ribadito che proprio gli interessi egoistici rendono questo improbabile.
"Tutti loro sanno che, se si dividono, sono probabilmente destinati a perdere più di quanto guadagneranno, di modo che c’è un interesse a mantenersi uniti, a dividersi il potere e gli incarichi, in modo da guadagnarci tutti, anziché perderci", ha affermato questa fonte.
Chi condivide questo punto di vista cita gli esempi di Edita Tahiri e Bujar Bukoshi, politici già membri importanti dell’LDK, che se ne andarono per formare i loro partiti ma non riuscirono a conquistare seggi in parlamento.
Sia che l’LDK a lungo termine si divida, sia che non lo faccia, ci sono pochi dubbi che, non appena saranno finiti i funerali del presidente, si formeranno gli schieramenti per la battaglia interna all’LDK. Perché, come ha ricordato Krasniqi, una delle capacità di Rugova era quella di mantenere disciplinato il suo partito. "E in questo modo egli ha unito e dato disciplina a metà del Paese", ha detto Krasniqi.
Molti analisti hanno menzionato la gestione degli interessi economici come una delle più grandi sfide di fronte ai riformatori dell’LDK. Una fonte più vicina all’AAK ha detto che questi gruppi d’interesse cercheranno pesantemente di influenzare chiunque arrivi al potere come presidente e come capo del partito.
"Questo gruppo (di grandi affaristi) darà il suo sostegno a qualsiasi presidente che gli lascerà sviluppare lo stesso giro d’affari che essi hanno sviluppato sotto l’ombrello protettivo della presidenza", ha detto a Balkan Insight uno degli analisti. Egli ha chiesto di non essere menzionato e che non fossero fatti i nomi di queste fazioni, per timore di ripercussioni.
Fino a che punto il prossimo presidente ed il prossimo capo del partito riusciranno a convivere con queste reti economiche informali resta da vedere. In realtà, probabilmente nessun presidente futuro si schiererà contro di esse.
Infine, c’è la questione della riforma del partito. Secondo Bajrami, ciò è diventato urgente. "L’LDK deve riorganizzarsi completamente perché ora gli manca un simbolo che lo unifichi" ha detto.
Il fatto che l’LDK non abbia tenuto elezioni interne per anni è visto come un serio handicap nel percorso delle riforme, e un segno della riluttanza del partito ad applicare procedure democratiche al suo interno.
Krasniqi in parte dà la colpa di questo alla stessa comunità internazionale: "Non c’è stata pressione [da parte loro] per una riforma dell’LDK o perché in molti, molti anni si tenessero delle elezioni [interne]", ha detto. L’LDK potrebbe ora pagare un prezzo per aver rimandato così a lungo una riforma interna.
Il momento della verità
L’LDK è tutt’altro che finito come forza politica in Kosovo. Con l’aura dell’ultimo presidente alle sue spalle, con ogni probabilità potrà fruire per mesi, se non per anni del calore pubblico che circonda il nome di Rugova.
L’LDK rimane il più grande partito in Kosovo, e lo rimarrà almeno per un altro anno. In quanto tale, con la sua forte presenza sul campo, e con reti ben sviluppate in tutti i collegi elettorali, sarà una forza di cui tenere conto.
Ma quello che si apre è un periodo di verifiche, mentre il Kosovo si dirige verso i negoziati con la Serbia sullo status definitivo, che decideranno il suo destino per generazioni a venire. Resta ora da vedere se l’LDK potrà contare sulle sue proprie capacità per fronteggiare le sfide che gli stanno di fronte dopo la morte del suo leader storico, Ibrahim Rugova.