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giovedì 08 settembre 2022 13:47

 

I kossovari divisi sul processo a Milosevic

19.02.2002   

Molti kossovari-albanesi, vittime delle politiche di Milosevic, riluttanti a testimoniare contro di lui.
Difficile il clima che si respira in Kossovo dove la convivenza è ancora molto lontana. Una delle ferite aperte è quella sui criminali di guerra. Non vi può essere convivenza se tutti quelli che si sono macchiati di crimini di guerra non vengono condannati ed arrestati, afferma la maggior parte dei kossovari-albanesi. E naturalmente il processo a Milosevic riapre il dibattito. A questo proposito abbiamo tradotto un articolo di Adriatik Kelmendi, redattore per Koha ditore e pubblicato dall’ IWPR.

Drita è inflessibile. Non andrà all' Aja a testimoniare contro Slobodan Milosevic. "Nessun motivo mi spinge a farlo" insiste.
La sua decisione sembra incredibile visto che le forze serbe, al servizio di Milosevic, tre anni fa le hanno ucciso il figlio, la figlia ed il marito. Era il 26 marzo del 1999 ed in un ristorante a Suhareka, nel sud est del Kossovo, vennero giustiziati 45 civili.
Drita, questo non è il suo vero nome, assieme ad un altro figlio si erano salvati. Feriti durante l’esecuzione, si erano finti morti per poi fuggire dal camion pieno di corpi diretto verso la Serbia.
I passaporti dei suoi cari furono trovati due anni dopo in una fossa comune a Batajnica, vicino a Belgrado. Anche se la donna è stata convocata per testimoniare contro Milosevic, non andrà.
“Ci sono molti Milosevic, non è l’unico a dover essere condannato” afferma “dove sono i suoi complici che hanno sparato su di noi? Sono liberi”.
Molti albanesi temono come lei che Milosevic sarà solo il capro espiatorio per i crimini commessi dal regime di Belgrado, l’unico a dover affrontare la giustizia. Le corti del Kossovo hanno infatti processato solo 15 persone sospettate di crimini di guerra.
Florence Hartman, portavoce di Carla Del Ponte, ha reso noto che solo il 60% dei 150 kossovari che hanno fornito prove contro Milosevic si sono dichiarati disponibili a portare la loro testimonianza davanti al giudice.
Secondo il “Council of Human Rights and Freedoms” di Pristina, circa 10.000 civili albanesi sono morti in Kossovo tra il 1998 ed il 1999 e di altri 3.000 non si ha più traccia. Circa 1 milione di persone sono state obbligate ad abbandonare le proprie case.
A circa 100 km dalla casa di Drita, nel villaggio di Qyshk, Isa Gashi sta finendo di ricostruire la propria casa. Le milizie serbe distrussero la sua fattoria il 14 maggio 1999, dopo aver aperto il fuoco su di lui e su altre 11 persone del suo villaggio. Fu l’unico sopravvissuto. Altre 42 persone furono uccise nei vicini villaggi di Pavlan e Zahaq.
Gashi ha vissuto le sessioni iniziali del processo a Milosevic con disgusto. “Quell’assassino vive in una cella con tutti i confort e prende in giro la corte”, ha affermato “se non faranno a lui quello che ha fatto a noi, allora possono anche lasciarlo libero”. Diversamente da Drita, Isa Gashi è pronto a testimoniare “in nome della giustizia”.
Nekibe Kelmendi, segretaria generale della Lega Democratica del Kossovo, LDK, alla cui guida vi è Ibrahim Rugova, seguirà il processo come osservatore ufficiale.
Ma ha anche motivi personali per farlo. Gli aguzzini di Milosevic le hanno ucciso il marito, Bajram Kelmendi, avvocato di fama, ed i due figli, Kushtrim e Kreshnik, il giorno nel quale iniziarono i bombardamenti della NATO.
“La condanna di Milosevic e di altri che si sono macchiati di crimini contro l’umanità e della Yuogoslavia per genocidio è l’unica cosa che riuscirà a soddisfare i sopravvissuti” ha affermato.
Hysni Berisha, del comitato per l’identificazione delle vittime, condivide la sua opinione. “Il processo a Milosevic deve portare ad un processo contro tutti quelli che hanno commesso crimini in Kossovo”. “Solo questo può preparare il terreno ad un’eventuale riconciliazione tra serbi ed albanesi”.
Più il tempo passa più questa riconciliazione sembra lontana. Gashi spesso ritorna alla sua fattoria, solo un fiume divide i suoi campi dalla enclave serba di Gorazdec.
“Ogni giorno mi viene in mente di andare laggiù per cercare quelli che hanno sparato su di noi” afferma. “Seguirono gli ordini di Milosevic. Fino a quando questi criminali resteranno liberi non riuscirò a salutare qualcuno in serbo”.

Adriatik Kelmendi


Per chi fosse interessato a seguire nel dettaglio l’evolvere del processo Milosevic ricordiamo che sul sito del Tribunale Penale Internazionale vengono regolarmente pubblicati i verbali delle udienze.

International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia
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