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L’Albania come il Titanic

30.05.2006   

Un commento del noto intellettuale Fatos Lubonja sul timore di una crisi economica che potrebbe investire a breve il Paese delle aquile. Come il Titanic anche l’Albania rischia di andare a picco. Nostra traduzione
Di Fatos Lubonja, Korrieri, 9 aprile 2006 (tit. orig. Mbytja e Titanikut dhe muzikantet tane)

Traduzione per Osservatorio Balcani: Marjola Rukaj


Mentre in tutta la stampa albanese rimbomba la notizia del secolo, il duello Berisha – Ngjela, con i servizi zeppi di megafoto dei protagonisti e di svariati commenti di politici e analisti su Berisha l’autoritario, o sull’intercettazione subdola di Ngjela, in un’angolino minuscolo di un giornale, ho visto una notizia che è passata quasi inosservata ai commenti. Era la dichiarazione del governatore della Banca Nazionale, Fullani, che ammoniva il paese del rischio di una profonda crisi economica a causa dell’aumento artificiale dei prezzi nel mercato dell’edilizia dovuto all’illegalità.

Secondo il governatore (basatosi sui dati INSTAT) mentre il costi di costruzione hanno subito solo un lieve aumento durante il 2005, i prezzi delle vendite continuano ad avere ritmi d’incremento enormi. Nel linguaggio del mercato, in questo caso si direbbe che abbiamo a che fare con una domanda forte, di cui però bisognerebbe esaminare la fonte finanziaria. A detta del governatore questi sono i soldi dell’illegalità e dell’emigrazione. Intanto su questi soldi, nella dichiarazione di Fullani si dice: “Fonti come gli introiti dell’emigrazione e delle attività illegali si stimano come risorse finanziarie temporanee, difficilmente prevedibili, però sono le voci principali che finanziano l’edilizia. Di conseguenza un eventuale rapido calo di suddette fonti comporterebbe riduzioni della domanda e in tutti i settori collegati all'edilizia”. (Panorama del 7 aprile 2006).

Sempre secondo il governatore, finché la domanda continuerà ad essere alta, tutto sarà stabile. Il problema si avrà quando la domanda inizierà a diminuire. Quindi quando l’attività illegale sarà bloccata, e quando gli emigrati non finanzieranno più le loro famiglie. In tal caso il valore di un metro quadrato diminuirà fino al punto d’intersezione della domanda e dell’offerta normali. Considerando che lo stipendio medio albanese, settore privato incluso, a detta del governatore, è di 40 mila lek (circa 300 euro, ndt.), ovviamente si capisce che senza flussi finanziari legati ad attività illegali non si potrà mai raggiungere un potenziale d’acquisto per locali il cui prezzo è di 3mila euro/m2 o di un appartamenti al prezzo di 800 euro/m2. Di conseguenza in caso di ribasso dei prezzi al metro quadro tutti gli immobili sotto ipoteca presso gli enti bancari, che secondo Fullani, garantiscono circa l’80 % dei crediti, si deprezzerebbero. Altresì si deprezzerebbero anche altri settori connessi all’edilizia, che è l’industria più potente del paese. Questo sarebbe solo l’inizio di una grave crisi economica e finanziaria, paragonabile all’ultima crisi in Albania, cioè quella delle piramidi nel ’97.

Il governatore non suggerisce alcuna soluzione, si limita a togliersi ogni responsabilità dicendo che è urgente intervenire – e il suo intervento ricorda molto quello, qualche anno fa, di un altro governatore, Luniku nel ’96.

Considerando la vita degli onesti emigrati in occidente, e al contempo il fatto che il carovita in Albania è sotto molti aspetti pari e spesso anche superiore rispetto a quello occidentale, è chiaro che le rimesse dell’emigrazione onesta non possono avvalersi del ruolo principale di mantenere viva questa industria. Le rimesse possono bastare a sfamare gli eventuali parenti disoccupati, ma non ad acquistare locali a 3mila euro/m2 o appartamenti a 800 euro/m2. E’ evidente che il nostro destino è totalmente in mano all’attività illegale, e che per non subire la crisi che teme il governatore, non ci rimane che pregare giorno e notte affinché le attività illegali rimangano floride.

Però anche il più spudorato degli avventurieri avrebbe difficoltà ad accettare questa logica. Non per niente il governatore enfatizza la necessità urgente di intervenire. Perché anche se così fosse, e si desse la libertà a traffici e droga, per il bene della patria, le conseguenze di tale economia sarebbero catastrofiche perché un’economia basata sul crimine non solo genera ulteriore crimine, ingiustizia, polarizzazione, e insicurezza del futuro, e - ciò che ormai è avvenuto da tempo a detta di molti - l’infiltrazione nello stato, bensì comporta un degrado di tutta la società e infine anche il collasso economico.

Questo è il problema maggiore del paese. Il governatore ci avvisa che la nave è bucata e sta imbarcando acqua, quindi il naufragio è imminente. Però intanto cosa avviene in Albania? Quello che sta succedendo fa pensare al naufragio del Titanic, quando nel momento in cui la nave stava affondando, il capitano ordinò all’orchestra di continuare a suonare per non creare panico. E mentre l’orchestra suonava i walzer di Strauss, il Titanic sprofondava. Solo che da noi non si tratta ovviamente dei walzer di Strauss, e neanche della nobile esibizione di un’orchestra. Invece dei walzer di Strauss i musicisti della nostra orchestra continuano la routine di sempre. Si usa rumoreggiare con fischi e clacson, pugni e calci, per prendere il timone della nave. Questa “musica” della presa del timone trasferita ormai anche all’interno della maggioranza, che in altre parole è lotta per il potere e favori personali, amplificata in televisioni e giornali che di tutto parlano (soprattutto amano l’autoritarismo di Berisha) tranne che del crimine organizzato, distogliendo l’attenzione dell’opinione pubblica dal problema reale del paese, dal naufragio della nave. La nostra è un’orchestra di infedeli, perché buona parte dei musicisti sanno di poter disporre di scialuppe per salvarsi in extremis. Tra l’altro come si salvarono, o meglio ne uscirono arricchiti nel ’97. Senza mai considerare le conseguenze del naufragio economico sugli altri. Alcuni sembrano convinti che solo il naufragio della nave possa salvarli. Altri sembrano corti di vista al punto che non arrivano a vedere oltre il timone tanto ambito e oltre il piacere personale che può derivarne, nonostante il governatore ci avverta di un naufragio della nave e del loro piacere compreso.

Con stupore o senza, mentre il rischio si avvicina e diventa sempre più imminente, le note della canzone cacofonica “Lotta per il potere” dei nostri musicisti diventano più assordanti, lasciando poche speranze che alla loro miopia dell’interesse personale giungano le voci che suggeriscono che i tentavi comuni per sanare il sistema sono molto più importanti della lotta per il potere. Intanto la seconda e la terza classe in fondo alla nave, lasciate al buio e impotenti nell’organizzarsi, sembra che saranno quelle che pagheranno più caro il naufragio.

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