Intervista del quotidiano Shekulli col regista teatrale Stefan Capaliku, autore del monodramma “Lascia la porta aperta”, interpretato dalla grande attrice albanese Tinka Kurti. Nostra traduzione
Di Alma Mile, Shekulli, 19 aprile 2006 (tit. orig. Monodrama: kur brenda njeriut mbin frika)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Marjola Rukaj
Tinka Kurti
Non importa se si è attori famosi, musicisti, o uomini comuni, invisibili agli altri. Tutti possono essere soli e vivere la solitudine con lo stesso dolore. Soprattutto se si hanno superati i 70 anni e ci si vede sempre più deboli. I figli di solito vivono lontano, forse in Italia, forse in Canada, mandano regolarmente soldi ma la solitudine cresce come una malattia inguaribile e le buste che arrivano da lontano non fanno che accrescere la paura. Paura della morte che potrebbe giungere di notte senza che nessuno si accorga di niente. Perciò è meglio lasciare la porta aperta. E’ quello che propone l’attrice Tinka Kurti nel monodramma di Stefan Capaliku “Lascia la porta aperta” (Lere deren hapur). E’ un’opera rappresentata nei palchi di Tetovo, Skopje e a fine maggio anche a Tirana, con la regia del macedone Ahmet Jakupi. Secondo il regista, la sua concezione si attiene al realismo, mentre la scenografia versa sul simbolistico. Il monodramma raccontato in 60 minuti narra dei tempi solitari di un’attrice anziana interpretata da Tinka Kurti. “Il monodramma è bellissimo ma non so se riesco a incarnarlo. E la prima volta che mi trovo a interpretare un monodramma e mi sembra veramente difficile”- afferma la grande attrice albanese. In poco tempo lei si trova di nuovo alle prese con tematiche della terza età. L’anno scorso insieme ad altri grandi attori della sua generazione come Drita Pelingu, Margarita Xhepa, Violeta Manushi, Reshat Arbana ecc, ha messo in scena il dramma di Ruzhdi Pulaha “Streha e te harruarve” (Il rifugio dei dimenticati). Questo forse a causa della sua età, nonostante i suoi settant’anni siano piuttosto invisibili. Secondo il drammaturgo Stefan Capaliku nel monodramma “Lascia la porta aperta” vi sono degli elementi della vita di Tinka Kurti. Quindi a lei non rimane che interpretare la sua vita, simile a quella di molti suoi coetanei. In un’intervista Stefan Capaliku spiega il laboratorio creativo del monodramma “Lascia la porta aperta”.
E il suo secondo monodramma in un anno. Come mai questa preferenza verso questo genere?
Stefan Capaliku
Non è fine a se stessa. Può capitare che un autore in un determinato periodo del suo lavoro creativo abbia due testi teatrali dello stesso genere, nel mio caso monodrammi. Effettivamente il monodramma è un medium mancato in Albania. La storia del teatro albanese dimostra che non vi è stato prodotto niente in questo genere. Però c’è da dire che il monodramma è un genere di recente creazione anche nella storia del teatro occidentale, si tratta degli inizi del XX secolo e se le contiamo le pièces sono molto poche. Il motivo è semplice. Ci vogliono attori di prima classe. Il monodramma è un genere totalmente basato sull’attore, sulle sue qualità. Ciò ha fatto sì che cambiasse il concetto estetico dell’attore. Fino a poco tempo fa, l’attore veniva visto come una marionetta nelle mani del regista, in realtà l’attore è un essere umano, con le sue capacità creative con le sue esperienze umane, e non potrebbe in alcun modo essere semplicemente un burattino nelle mani del regista. Il monodramma è il genere teatrale che dimostra al meglio questa visione, perché l’attore è un uomo che ha sempre qualcosa da raccontare.
Le ultime rappresentazioni, basate sui suoi drammi, hanno immesso nuove forme nel teatro albanese, spesso viste come teatro sperimentale, “Lascia la porta aperta” invece ha piuttosto un aspetto realistico. In che cosa si distinguono i rispettivi testi?
L’esperimento non è antirealismo. L’esperimento si può ottenere facilmente persino da un’opera realistica. La sperimentazione è piuttosto qualcosa che riguarda il processo di regia e l’elemento interpretativo degli attori, dipende dalla rappresentazione, quanto alternativa la si vuole. Ormai abbiamo visto come una fiaba o una leggenda può essere trasformata in teatro alternativo. In quest’ottica non penso che di questo testo sia difficile ricavarne una rappresentazione alternativa.
La collaborazione con il regista Jakupi, fa parte della sperimentazione?
Fa parte dell’avventura. Il mio scopo è di continuare, scrivere e cercare che il mio testo venga promosso. Purtroppo non ho la comodità di poter aspettare che qualcuno si offra a spendere un po’ di soldi per il mio lavoro. Mi interessa produrre, e durante la produzione mi auto correggo, sperando che il testo successivo sia migliore del precedente. Ahmet Jakupi è un noto regista di Skopje, con molta esperienza, senza cariche estetiche negative, con cui mi trovo molto a mio agio nel lavoro.
Ha detto che questo monodramma è stato scritto pensando all’attrice Tinka Kurti, qual è il motivo?
E una storia che ebbe inizio durante una nostra conversazione intima al Festival Nazionale del Teatro a Fier. Ero interessato e molto curioso di sapere quali fossero i problemi che inquietavano questa donna, nella sua intimità. Nella raccolta di tutto quello che mi espose, c’era un particolare: ogni volta che esce di casa, lascia sempre un segno per far capire ai vicini che non si trova in casa. Ho notato che in lei si celava la paura. E dopo questa conversazione scrissi il monodramma. Ovviamente è stata lei la prima lettrice, le è piaciuto, vi si è riconosciuta, però il suo timore era di non identificarsi troppo, e noi abbiamo cercato di nasconderla. In ogni caso il personaggio del monodramma è un’attrice. E come dice lei stessa, il suo mestiere è questo, la gente non può fare a meno di riconoscerla e di fermarla per strada. Per questo motivo ogni tanto dice di voler essere una sconosciuta con una vita privata tutta per sé.