Il 4 dicembre a L’Aquila, la seconda parte di “Raccontare i Balcani. Dialoghi tra Est e Ovest”, seminario di chiusura del progetto Ar.Co, promosso da Cantieri Teatrali Koreja a cura di Franco Ungaro. A lui abbiamo chiesto di tracciare una valutazione conclusiva. La prima di due parti
Quando nasce l’idea di Artistic Connections-Per una rete adriatica dei teatri? Da parte di chi e con quali partner?
L’idea del progetto è nata tre anni fa. Tra gli operatori teatrali pugliesi era (ed è) molto sentita l’esigenza di migliorare l’offerta sul territorio. Tale obiettivo si può raggiungere collegando obiettivi e progettualità dei diversi attori sociali (i teatri, le istituzioni, le amministrazioni). In quel periodo arrivava a compimento l’accordo quadro sui beni culturali su iniziativa della Regione Puglia e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali che sta portando alla riapertura di numerosi teatri storici comunali.
Ho immaginato che Ar.Co potesse servire a risolvere problemi comuni (di organizzazione, di gestione, di qualità dell’offerta) a tante realtà del territorio e magari anticipare la soluzione di criticità presenti nel sistema culturale dell’area balcanica. Ecco il motivo del coinvolgimento dei partner transfrontalieri (Accademia delle Arti di Tirana, Centar Za Kulturu e Municipalità di Smederevo, Mostar Youth Theatre di Mostar, Ministero della Cultura e dei Media del Montenegro, Drugo More di Rijeka, Teatro Nazionale per Ragazzi di Tirana, Teatro Nazionale dell’Opera e del Balletto di Tirana).
Sessanta chilometri appena dividono la Puglia dai Balcani e dovrebbe essere più logico per gli operatori pugliesi dialogare con quelli balcanici piuttosto che inseguire modelli e collaborazioni con partner nordeuropei.
Perché in questa rete mancano Slovenia e Friuli-Venezia Giulia?
Partenariati troppo estesi o troppo limitati possono diventare problematici nella gestione di un progetto così impegnativo. Quello di Ar.Co mi sembra equilibrato.
In che ambiti avete operato e con quali risultati?
Abbiamo sviluppato soprattutto due direzioni di lavoro. La prima basata sul rafforzamento della cooperazione artistica e culturale. Sia attraverso il sostegno alla infrastrutturazione di alcuni luoghi di creazione artistica (teatri, centri culturali, musei) con interventi sui Teatri Comunali di Novoli, Nardò e Gallipoli sia attraverso una attività di ricerca-studio finalizzata ad una mappatura organica di luoghi, istituzioni ed imprese che svolgono organicamente attività di produzione, promozione e management dei servizi culturali sia attraverso visite di studio realizzate da testimonial (registi, scrittori, intellettuali) riconosciuti della vita culturale e artistica che hanno raccontato attraverso testi, parole e immagini il paesaggio culturale delle aree di riferimento del progetto.
Risultato di tali visite è stato la pubblicazione di cinque reportage raccolti nella collana “Paesaggi e Culture”: Livio Romano,
Dove non suonano più i fucili (Bosnia), Simona Gonella,
Istantanee dal Montenegro (Montenegro), Loredana De Vitis,
Welcome to Albània (Albania), Davor Miskovic,
Safari Project (Abruzzo e Puglia), Nico Garrone,
I nuovi volti della Serbia (Serbia), Fabio Sanvitale,
Croazia, diario di viaggio (Croazia). Importanti inoltre sono state le riunioni del Comitato di Coordinamento che si è riunito a Mostar, a Lecce , a Pescara e a L’Aquila.
In secondo luogo ci siamo concentrati sullo sviluppo delle risorse umane. Il progetto ha realizzato un percorso con quattro workshop per la formazione di giovani attori provenienti dalle regioni partner svoltisi a Nardò, Gallipoli, Smederevo, Pescara e tre workshop internazionali aventi per tema Amministrazione (Tuzla – Bosnia&Herzegovina), Marketing (L’Aquila), Management e sistemi di qualità dello spettacolo dal vivo (L’Aquila). A conclusione di tale percorso, per dieci mesi, quindici giovani (di cui oltre il 50% donne) sono stati occupati presso amministrazioni, associazioni e imprese di spettacolo beneficiando di una borsa lavoro.
Che professioni sono state coinvolte e perché proprio queste?
Considerato che l’obiettivo del progetto era la costruzione di una rete adriatica dei teatri, sono stati coinvolti sia professionalità di tipo artistico e culturale (attori e registi ma anche ricercatori, giornalisti, scrittori), sia di tipo organizzativo-gestionale (organizzatori, amministratori), sia più strettamente legate all’ambito istituzionale (assessori alla cultura e allo spettacolo, dirigenti di pubbliche amministrazioni ecc.). Considero valore aggiunto di questa progetto le connessioni che sono state costruite tra operatori, teatri, istituzioni artistico-culturali e pubbliche amministrazioni.
Il seminario dello scorso novembre era stato preceduto il 21-22 luglio 2006 dal seminario di Rijeka, “Possibilità di cooperazione culturale in area adriatica nel settore delle performing arts”. Chi era presente? Che problemi ha sollevato? Quali esiti?
Il seminario di Rijeka è stato organizzato da Drugo More ed è stato importante innanzitutto per i partner del progetto, che hanno preso consapevolezza che il percorso di cooperazione avviato è irreversibile, che i legami costruiti in questi due anni sono solidi e che le opportunità di cooperazione avranno sicuramente ulteriori sbocchi. Sono stati particolarmente apprezzati gli interventi di Giorgio Ursini Ursic che ha sollecitato tutti noi ad avere maggiore coraggio per sperimentare anche percorsi di produzione e coproduzione, quello del critico teatrale Andrea Porcheddu, che ha insistito molto sulla necessità di far conoscere testi di autori di area balcanica in Italia, quello di Augusto Masiello del Teatro Kismet di Bari che si è soffermato sul valore economico del lavoro in rete.
Molto utili sono stati gli interventi di Anja Jelavic del Ministero della Cultura croato e di Hervoje Franusic del Segretariato Tecnico Congiunto, che hanno illustrato le direttive su cui vanno indirizzandosi i nuovi programmi dell’Unione Europea in ambito culturale.
Che traccia lascia la prima parte del seminario “Raccontare i Balcani: dialoghi tra est e ovest” (1-4 novembre 2006, Lecce e Nardò)?
È stato davvero un bell’incontro, alimentato dalla molteplicità e dalla diversità degli sguardi e dei punti di vista. Storia, critica, arte, politica, amministrazione hanno fatto irruzione nelle giornate seminariali attraverso gli interventi appassionati di osservatori e attori. Il mio desiderio era quello di lanciare provocazioni che potessero rafforzare ulteriormente le motivazioni di tutti coloro che hanno preso parte al progetto. Il rischio di progetti come questi, finanziati dai programmi comunitari, è che si perdano per strada le bussole ovvero bisogni e ragioni del fare. Ritengo invece che il lavoro di approfondimento delle vere motivazioni non possa mai essere interrotto, pena la deriva burocraticistica e affaristica.
Ho particolarmente apprezzato l’intervento di Milisav Savic, incaricato d’affari dell’Ambasciata di Serbia in Italia, che ha delineato con profondità e leggera ironia il profilo identitario del “balcanico”. Ma le giornate di Lecce sono state importanti anche per il fatto che i partecipanti hanno avuto modo di osservare dal vivo il lavoro di artisti come Shpend Bengu, il Piccolo Teatro Dusko Radovic e il gruppo di Olah Vince e gli spettacoli di Koreja. Gli interventi di numerosi rappresentanti istituzionali ha in un certo senso reso palpabile e matura la necessità di costruire percorsi incrociati di progettazione e di lavoro. Le giornate seminariali si sono significativamente concluse con un incontro a Nardò dedicato ai più importanti network europei (Theorem, Oracle Network, Ietm, Iris); all’interno ha spiccato, per acume e passione, l’intervento di Ugo Bacchella della Fondazione Fitzcarraldo di Torino che ha ricostruito profilo, storia, missioni e problematicità del networking.
(continua)
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