Esiste in Albania un movimento ambientalista? Come si sviluppa il dibattito sull’ambiente nel Paese delle aquile? L’Alleanza civica di Valona è in grado di porsi come catalizzatore degli ambientalisti albanesi?
Di Agron Bala, Korrieri, 12 giugno 2006 (tit. orig. A ekziston nje leviszje ekologjike ne Shqiperi?)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Marjola Rukaj
Il dibattito molto animato, che si sta svolgendo da qualche tempo tra alcuni analisti che difendono i progetti dello sviluppo economico del paese e l’Alleanza civica di Valona (ACV) che vi si oppone, fa automaticamente porre una questione importante: esiste davvero un movimento ecologico albanese o si tratta solo della reazione di una comunità (in questo caso dei cittadini di Valona), contro un progetto troppo ambizioso? Questa domanda bisogna porsela anche perché a parte alcune azioni sporadiche in difesa dell’ambiente, da parte di alcune organizzazioni della società civile, nel nostro paese di questa tematica si parla estremamente poco, nonostante altrove costituisca una delle problematiche più stridenti del dibattito politico ed economico internazionale, nonostante il degrado progressivo riguardi anche noi in relazione all’ambiente, all’aria, all’acqua.
Secondo un noto ambientalista Jean Zin, attualmente nel mondo vi sono 3 grandi raggruppamenti di movimenti ambientalisti:
L’ecologia fondamentalista, la cui unica aspirazione è di rispettare solo le leggi della natura, vedendo la libertà dell’uomo come il peggior male che affligge la natura.
L’ecologia ambientalista, che punta sulla qualità della vita, limitando la propria reazione alla creazione di industrie ecologiche, all’elaborazione dei rifiuti tecnologici e alla salvaguardia delle risorse naturali e delle specie animali a rischio.
L’ecologia politica, che mira a considerare la totalità della gestione dell’ambiente per mezzo di azioni su noi stessi e sul nostro futuro. Dal loro punto di vista la libertà è un’ideale e la dignità umana precede in ordine d’importanza tutto il resto (problemi economici, geopolitici o biologici). Questa categoria cerca di opporsi ad ogni logica antiumana di uno sviluppo tirannico e accecato, puntando sulla creazione di una comunità basata sulla nuova solidarietà contro la società del mercato dagli interessi di corte vedute e di breve termine.
Partendo da questo schema, i cosiddetti ambientalisti albanesi non potrebbero venire classificati in nessuna di queste categorie, però c’è da dire che sono vicini alla prima, cioè all’ecologia fondamentalista. Alcuni dei rappresentanti dell’Alleanza civica di Valona hanno semplicemente messo in luce argomenti per cui non si dovrebbe costruire un parco energetico o un deposito di petrolio a Valona, senza però proporre eventuali alternative o progetti economici competitivi. Com’è noto, nel nostro paese in questo ambito vi sono già ritardi cospicui, però la furia di raggiungere determinati parametri per superare tale ritardo comporta il rischio di un approccio con notevole indifferenza per le tematiche ambientaliste. Il concetto di un rapporto tra sviluppo e salvaguardia dell’ambiente, benché esista da decenni nel mondo, da noi è un neologismo piuttosto recente. Non vi è dubbio alcuno sul fatto che da parte dei governi albanesi nulla è stato fatto per salvaguardare la natura, l’aria e l’acqua. Secondo i dati ufficiali parziali (purtroppo dati completi e statistiche indipendenti non esistono) Tirana pare sia la capitale col più alto tasso d’inquinamento d’Europa. Si evince ovviamente che anche le acque dei fiumi, dei laghi, e del mare si stiano inquinando in modo irreparabile, i terreni stanno degradando a causa delle costruzioni abusive e degli interventi sui terreni accanto ai fiumi. Le poche industrie che funzionano hanno una tecnologia datata ed emettono sostanze pericolose che a volte hanno anche conseguenze genetiche sugli animali e sull’uomo. La dinamite ha impoverito notevolmente la fauna marina, mentre la scarsa regolamentazione della caccia e la deforestazione hanno causato l’estinzione di molte specie selvatiche. Le patologie respiratorie e oncologiche hanno subito un aumento negli ultimi anni, e i medici paventano quadri tutt’altro che ottimistici per gli anni a venire. Quindi la catastrofe è già avvenuta e ogni giorno ne scopriamo una piccola parte.
In questa situazione di marcato caos è ben accetta la reazione dei cittadini. L’indifferenza è assolutamente inammissibile. Però, stranamente, noi albanesi abbiamo protestato, manifestato, dibattuto, ecc, su tutto tranne che per la salvaguardia dell’ambiente. In questo senso, la formazione di un gruppo che pone resistenza alla realizzazione di un progetto dalla portata inaudita per lo sviluppo del paese costituisce una novità, un evento che merita ascolto. Però naturalmente il movimento ACV lascia irrisolti anche molti quesiti. L’inquinamento dell’aria, dell’acqua, degli ecosistemi non conosce confini statali, nazionali e neanche continentali. Per questo motivo si pensa a misure con effetti globali. Come anche gli accordi sulla salvaguardia della natura. L’ACV per contro sembra una goccia nell’oceano dei bisogni di un vero movimento ecologico, che comprenda nella sua sfera d’azione tutta la vasta gamma dei problemi che abbiamo oggi riguardo l’ambiente, per poter dare risposte alternative di sviluppo ai progetti intrapresi dal governo. Finora ci si è opposti per il gusto di farlo. Perché è paradossale che l’ACV si opponga ad ogni progetto che riguarda il territorio di Valona, mentre rimane totalmente indifferente quando lo stesso progetto nelle stesse condizioni slitta a 20 o 30 km dalla città. A questo punto è facile pensare che i militanti non siano motivati che da interessi locali, privati, che hanno poco a che fare con quelli ambientalistici. E comunque la loro attività rischia di diventare ridicola, come lo divenne la formazione di alcuni partiti verdi dalle idee poco chiare, senza riuscire a influenzare neanche minimamente la società albanese.
Ma è possibile per l’ACV, o per altri attori in campo, trasformarsi in movimento ecologico globale? A questa domanda potrebbero rispondere gli attivisti. Ma i cittadini esigono sapere cosa si potrebbe proporre per risolvere il conflitto tra lo sviluppo energetico, di cui si ha estremamente bisogno, e la salvaguardia della natura. Ognuno di noi si pone queste domande pensando alle conseguenze degli investimenti di tali ambizioni. Il vero problema da affrontare per il movimento ambientalista è il passaggio dalla cosiddetta ecologia fondamentalista all’ecologia politica. Solo allora potremo dire che in Albania opera un vero movimento ambientalista a cui ci si potrebbe rivolgere ogni volta che si volesse reagire contro l’inquinamento e il degrado della natura. Altrimenti continueremo ad avere questi movimenti sporadici, locali, che riguardano una piccola comunità.
Quando ci sarà questo movimento, riusciremo a risolvere molti dei nostri problemi per ora lasciati in sospeso. E’ il momento di costruire collettivamente un progetto ecologico, stabilire quale mondo vogliamo salvare al posto di quello della produzione a ogni costo, dell’individualismo, della logica della distruzione per il profitto di breve termine. Abbiamo bisogno di un progetto chiaro. Senza un realismo di alternative che riguardino anche la produzione, l’attivismo diventa pressoché inefficace.
Parafrasando Serge Moskovici, gli ambientalisti costituiscono oggi una minoranza dal punto di vista effettivo, però sono in realtà una maggioranza virtuale per la diffusione delle convinzioni: quasi tutti stanno diventando ambientalisti, anche se non si partecipa attivamente ai movimenti ambientalisti. Speriamo che nella parola “tutti” facciano parte anche gli albanesi.