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Cervelli in fuga

07.12.2006    scrive Marjola Rukaj

Migliaia di giovani albanesi hanno deciso di lasciare il proprio paese per studiare in università europee o americane. Una rete di associazioni studentesche, Albstudent, ha condotto un'inchiesta per analizzare il fenomeno e cercare di prevederne le conseguenze
L’emigrazione è il fenomeno che più ha segnato la società albanese dopo la caduta del regime. In molti lo hanno analizzato, sia in Albania che all’estero. Tuttavia, raramente si sente parlare delle diverse categorie dei migranti, delle provenienze sociali o del grado di istruzione. Eppure, una fascia cospicua dell’emigrazione albanese fa parte del cosiddetto “brain drain” (fuga dei cervelli), che invece di giovare al paese ne costituisce una perdita. L’emigrazione di individui altamente qualificati e di studenti universitari inizia finalmente ad attrarre l'attenzione delle autorità albanesi.

Si tratta di un comportamento di massa per i giovani albanesi, che nasce come reazione a ciò che durante il regime era assolutamente proibito. Si è subito il fascino di un estero idealizzato da immagini pubblicitarie e dai racconti dei dissidenti riabilitati nel post-comunismo, che parlavano di gioventù cosmopolite vissute nelle metropoli occidentali.

All’aspetto psicologico si è aggiunta la percezione del degrado in cui il sistema universitario albanese era sprofondato negli ultimi anni del regime. Si viveva una situazione stagnante in campo scientifico e tecnologico, e il tempo si era fermato agli investimenti ad opera degli ultimi amici del regime. Nelle scienze sociali, poi, la censura di quasi mezzo secolo aveva tagliato fuori l’Albania da tutto ciò che non era in linea con il marxismo-leninismo puro, intorpidendo la ricerca e riducendo le scienze sociali a una mera retorica priva di senso. A tutto questo venne ad aggiungersi una ulteriore perdita di prestigio dell’università albanese dovuta all’irrompere del capitalismo selvaggio degli anni ’90, che si tradusse in una corruzione paralizzante del tutto scoraggiante.

Inoltre, da tempo in Albania si ha un’impressionante propensione dei giovani ad accedere a studi universitari, tanto da sfiorare - secondo alcune testate locali - il 90% dei maturandi. Qualche giornalista straniero non ha mancato di dire che “tra breve in Albania ci vorrà un master persino per fare il tassista”. Però per vari motivi le università albanesi, nonostante alcuni tentativi di liberalizzazione, non sembrano in condizione di soddisfare l’affluenza degli studenti. Tutto ciò ha fatto sì che, sin dai primi anni in cui l’accesso agli studi all’estero fu reso possibile, la preferenza degli albanesi di emigrare per motivi di studio divenisse un’aspirazione di massa.

Il fenomeno è palpabile, ma da parte delle autorità non è stato mostrato pressoché alcun interesse se non di recente, quando è stata vagamente espressa la volontà di accogliere ed agevolare il rientro degli albanesi laureati all’estero. Di fatto non si dispongono di resoconti completi sulla portata del fenomeno. Esiste però un’intera rete di associazioni studentesche albanesi, l’Albstudent, che incorpora le principali rappresentanze degli studenti albanesi all’estero.

A differenza delle numerose associazioni frammentarie che finiscono per essere poco rappresentative degli albanesi all’estero, l’Albstudent sembra articolata e motivata a fare presente il fenomeno e a coordinare con le autorità albanesi strategie per rendere possibile il ritorno in Albania. Si tratta di garantire una risorsa enorme per lo sviluppo del paese in quanto potrebbe favorire l’inserimento di esperienze e qualifiche, che rivoluzionerebbero il mondo del lavoro e i vari settori dell’economia che per ora sono in piena fase di transizione.

Di recente l’Albstudent ha condotto un’inchiesta che mirava a mettere in evidenza alcuni tratti del fenomeno degli studenti albanesi all’estero per offrire maggiore informazione agli enti governativi che incominciano a interessarsene. Si pensa che gli studenti iscritti negli atenei all’estero siano tra i 25.000 e i 30 000. Buona parte di loro risiede in Europa, con una presenza particolare in Italia, mentre un numero minore studia negli Stati Uniti e in Canada. L’inchiesta ha riguardato un campione di 704 studenti provenienti dall’Albania e in minor misura anche da altre aree albanofone. I moduli disponibili on line sono stati riempiti con dati sull’età, la zona di provenienza, il percorso di studi scelto e la visione sul futuro, tra ritorno in patria o assunzione all’estero.

Dalle risposte degli studenti che hanno preso parte all’iniziativa risulta che la maggioranza sono nati tra il 1982 e il 1986. Per quanto riguarda la zona di provenienza, naturalmente spiccano le grandi città Tirana, Durazzo, Elbasan, Vlora, Fier e Korça dove lo sviluppo economico offre maggiori capacità di sostegno finanziario rispetto ad altre zone.

Il percorso di studi di maggiore preferenza risulta essere l’ambito economico che corrisponde alla tendenza principale che si ha anche negli atenei albanesi. In misura minore si accede all’ambito delle scienze sociali e delle scienze mediche, ed un’esigua parte, il 18%, ha scelto le scienze esatte e l’ambito tecnologico. Il quesito più discusso di tutto il questionario è stato quello che riguarda il futuro degli studenti. Il 25,68% degli interpellati pensa di ritornare a vivere in Albania dopo la laurea, il 12,21% pensa di vivere tra la patria e l’estero, il 10,3% pensa di non tornare, mentre più della metà si dichiarano indecisi tra il ritorno in patria e il rimanere all’estero

Gli organizzatori dell’inchiesta hanno denunciato la preoccupante incertezza del futuro che riguarda la maggioranza degli studenti albanesi all’estero, attribuendola per lo più alla mancanza di efficienti politiche accoglienti in Albania. Si vuole indurre lo stato albanese ad ispirarsi ad altri paesi con simili esperienze che hanno saputo trarne frutto applicando le dovute strategie.

L’origine dell’incertezza riguarda altresì la stessa incertezza del mondo del lavoro in Albania, che non sempre corrisponde al terreno di applicazione per cui si preparano gli studenti all’estero. Si tratta anche di un’incompatibilità strutturale poiché nel corso degli anni di studio si riceve una preparazione in conformità con il sistema del paese in cui il corso di studi ha luogo, facendo sì che avvenga una rottura di legami con l’Albania che rende poco invitante il ritorno per il timore dell’inevitabile sradicamento. E inoltre in molti sono invogliati dai maggiori vantaggi economici che possono ottenere all’estero.

L’Albstudent punta soprattutto a suggerire il mantenimento dei legami tra l’ambiente socio-economico in Albania e gli studenti all’estero, tramite le rappresentanze diplomatiche e il supporto alle associazioni studentesche che potrebbero contribuire al consolidamento dei legami tra gli studenti all’estero. Endri Deliu, uno degli attivisti più in vista dell’Albstudent, propone di ricavare gli strumenti dagli stessi vantaggi della globalizzazione, quali la facilità di comunicazione e di spostamento che renderebbero possibile il contributo di questa categoria di studenti a prescindere dalla loro scelta di residenza. Inoltre Deliu enfatizza la necessità di subentrare nel processo della formazione socio-professionale degli studenti essendo un elemento cruciale delle scelte post-universitarie. Si necessita in ogni caso di una maggiore attenzione per le strategie concrete da parte delle autorità albanesi.

L’avvio verso una soluzione è ancora ai suoi primi passi, però è positivo che si sia incominciato ad apprezzare un potenziale vantaggio di lungo termine per cui lo stato albanese non ha investito nulla. Grazie all’apporto degli studenti si potrebbe mettere in atto un salto di qualità plurisettoriale, e soprattutto potrebbe finalmente compiersi quel rinnovo dell’élite albanese che da anni gli analisti non mancano di denunciare come necessario.

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