Le Vergini Giurate
23.05.2007
scrive Marjola Rukaj
Foto tratta dal libro di Antonia Young
Un antico fenomeno sociale disciplinato dal diritto tradizionale e dal Kanun. Il diritto della donna di proclamarsi uomo, di comportarsi come uomo e di acquisire tutti i diritti che il Kanun riserva esclusivamente agli uomini
In Kosovo e nelle zone montuose dell’Albania settentrionale si possono tuttora trovare dei residui di antichi fenomeni sociali che tendono progressivamente a estinguersi. Da qualche tempo si è incominciato a parlare del fenomeno della conversione delle donne in uomini, una metamorfosi sociale mossa da ragioni tutt’altro che psico-sessuali come potrebbe venir facile interpretare oggi una definizione del genere.
Si tratta in realtà di un fenomeno antico disciplinato dal diritto tradizionale e soprattutto dal maggiore dei codici giunti fino ad oggi, dal Kanun di Lekë Dukagjini. Si riconosce in tal senso il diritto alla donna di proclamarsi uomo, di comportarsi come uomo e di acquisire tutti i diritti che il Kanun riserva esclusivamente agli uomini. Dell’esistenza di questo fenomeno si hanno testimonianze da almeno 200 anni, ma sembra che la sua diffusione sia stata sempre esigua e solo uno strumento estremo per evitare penalizzazioni condizionate dalle regole sociali e dallo stesso Kanun.
Oggi si tratta di casi isolati, si contano una decina di donne in tutto, tra il Kosovo e le aree confinanti in Albania, mentre prima il fenomeno era conosciuto anche in Serbia, in Montenegro e in Bosnia. In Albania il fenomeno è stato a lungo solo un argomento in mano a un’élite ristretta di antropologi ed etnologi mentre la maggior parte della popolazione, tranne gli originari del profondo nord albanese o del Kosovo, ne ignoravano del tutto o quasi l’esistenza.
E’ un fatto dovuto ovviamente a una notevole mancanza di interesse verso la propria cultura tradizionale in nome della tendenza xenofila di tutti gli albanesi nel post-comunismo e anche del rifiuto dell’idea comunista che puntava all’esaltazione e alla mitizzazione della propria cultura in quanto qualcosa di particolare, di inconfondibile con le nazioni confinanti, elemento poi che divenne fondamentale per l’identità nazionale e di conseguenza anche sinonimo dell’isolamento pluri-decennale. Il fenomeno è stato comunque poco conosciuto anche durante il comunismo nonostante l’ideologia nazional-comunista abbia costruito il mito del Malësor (montanaro), guerriero coraggioso – simbolo dell’indipendenza secolare dagli ottomani. Si cercava nello stesso tempo di disfare il loro mondo tradizionale che mal si adattava al controllo da parte del regime comunista.
Si è cominciato a parlare delle donne fattesi uomini, quando la scrittrice e giornalista albanese Elvira Dones, realizzò un documentario con protagoniste 6 donne anziane che vivono come uomini. La scrittrice albanese aveva scoperto l’esistenza di queste donne per caso in una foto di una famiglia kosovara dove spiccava un uomo dal volto estremamente femminile. Fu così che Dones avviò le sue ricerche scoprendo storie che la colpirono al punto da scrivere il romanzo “Hana” (Luna in albanese gheg) la cui protagonista è una donna fattasi uomo che emigra negli Stati Uniti per recuperare la sua femminilità. Qualche anno fa l’antropologa Antonia Young aveva trattato ampiamente il fenomeno nel suo “Women who become men”. Ma nei primi del ‘900 di questo aveva scritto anche Edith Durham, la viaggiatrice inglese che innamorata degli albanesi più che di ogni altro popolo balcanico, non mancò di ammirarlo come un’espressione affascinante di virtù.
La conversione assume una dimensione sociale che fa acquisire alla donna uno status pari a quello dell’uomo. Questo viene espressamente detto nella raccolta degli usi tradizionali scritti da Shtjefën Gjeçovi dove la donna è trattata in maniera particolarmente inferiore rispetto all’uomo. Com’è noto la donna aveva minime capacità decisionali, non aveva diritti di proprietà, e non veniva inclusa nelle faide della vendetta. Nonostante non manchi chi considera le interpretazioni riguardo la posizione della donna nel Kanun come imbevute di qualunquismo, non si può negare che la vita della donna fosse fortemente condizionata dalla figura maschile.
Si presume che la donna debba essere vergine, e di conseguenza la conversione avveniva al sopraggiungere della maturità sessuale, e si esige la totale astensione dalla vita sessuale, motivo per cui queste donne vengono anche conosciute come le Vergini Giurate (Virgjinat e bitume). Nel Kanun si riferisce a loro con la definizione le donne vestite da uomini, poiché l’abbigliamento maschile veniva visto come un elemento che legittimava il giuramento della conversione fatto davanti a 12 uomini del villaggio. Dopo il giuramento Virgjina (la vergine) assumeva un comportamento maschile, prendeva un nome da uomo, si armava, e poteva fumare, bere e mangiare con gli uomini nella stanza dove alle donne non era permesso restare. Inoltre acquisiva il diritto di vendere, comprare e gestire proprietà e poteva anche partecipare in guerra e nella vendetta tra i clan, di pari diritti agli altri uomini.
Sull’origine di questo fenomeno si continua tuttora a discutere. Di recente alcuni l’hanno sottoposto a un’ottica molto moderna vedendo in questo fenomeno un modo di manifestare l’omosessualità, fatto che l’antropologa Antonia Young ha completamente rigettato dato che in una società estremamente maschilista come quella voluta dal Kanun l’omosessualità era un tabù indiscutibile, mentre l’omosessualità femminile non risulta sia mai stata presa in considerazione. Tra l’altro vi è da considerare che la sessualità di queste donne era del tutto repressa e non faceva in alcun modo parte del loro nuovo status.
Johann G. Von Hahn, un diplomatico austriaco che viaggiò a lungo nel nord albanese, scriveva nel 1863 che probabilmente questa era la versione albanese della devozione cristiana, visto che durante i suoi numerosi viaggi nel nord dell’Albania il console austriaco aveva notato la mancanza di conventi cattolici. Secondo lui il concetto cattolico era stato poi adattato al carattere combattivo del popolo albanese. Ma il fenomeno delle vergini giurate conta sia donne cattoliche sia musulmane. Studiosi come Milenko Filipovic, Andromaqi Gjergi, e Karl Kaser notano una reminiscenza del fenomeno delle amazzoni. L’antropologo albanese Moikom Zeqo evidenzia invece una reminiscenza di un fenomeno che risale alla crisi del matriarcato da aggiungere a una serie di altri fenomeni bizzarri come il Kuvada (il rito secondo cui l’uomo imita la moglie quando ha appena partorito il loro figlio, fingendosi donna, accogliendo gli ospiti sdraiato nel letto vestito da donna, al posto della neo-mamma) che sono sopravvissuti da culture addirittura preindoeuropee nelle zone montuose che grazie all’isolamento offrono ottime possibilità di conservazione di riti e usi remoti.
Ma la conversione delle donne in uomini aveva soprattutto una funzione socio-economica. Si usava infatti far convertire una figlia se non si avevano figli maschi per poter far ereditare le proprietà della famiglia, mentre in linea femminile (linja e tamblit) questo non era possibile. Era anche un ottimo mezzo per evitare lo scaturire di nuove vendette, se una ragazza rifiutava il fidanzamento che le era stato prescelto, l’orgoglio ferito dell’uomo rifiutato faceva scaturire la vendetta tra i due clan. Se invece la donna giurava astensione dalla vita sessuale e rinunciava alla propria femminilità, l’obbligo di vendetta si annullava. Ma nella stampa albanese si è parlato anche di donne che hanno scelto volontariamente di diventare uomini, per essere più libere, per un’interiorizzazione dei valori maschili che sono stati tradizionalmente professati nella società albanese, dove chiamare una donna “burrneshë” (in albanese da burrë-uomo, – neshë un suffisso femminilizzante) è espressione di grande stima, qualcosa di quasi epico. Elvira Dones ha incontrato donne che non si erano pentite di aver fatto questa scelta, ma anche qualcun’altra che avrebbe voluto avere figli.
Nel suo libro “Women who become men”, Antonia Young aveva valutato questo fenomeno come quasi estinto però aveva anche previsto un suo risveglio in Kosovo, come conseguenza delle crisi degli anni ’90. Ad ogni modo i forti cambiamenti sociali che hanno interessato le zone più remote dell’Albania e del Kosovo, e soprattutto le forti tendenze migratorie verso le grandi città pare che facciano cessare i motivi che rendevano utile la conversione in uomini. Tutte le Virgjinat sono ora delle donne anziane, che sono parte di un antico fenomeno eccezionale.