Diritti delle minoranze in Kossovo: eppur qualcosa si muove
27.05.2002
L’UNMIK presenta un piano programmatico per favorire il rientro in Kossovo delle minoranze. Pubblicata intanto un’analisi dell’UNHCR sullo stato di queste ultime: diminuiscono i casi di aggressione ma "la situazione rimane altamente precaria".
Micheal Steiner, a capo dell’amministrazione UNMIK in Kossovo, durante una visita ad alcune famiglie Ashkali, da poco rientrate nelle proprie case dopo aver vissuto questi anni sfollati in Vojvodina, ha presentato un documento programmatico sul ritorno delle minoranze nella provincia. Questo “Conceptual Paper” stabilisce i principi cardine sui quali il ritorno delle minoranze dovrà incentrarsi.
Innanzitutto nei processi di rientro va rispettata la volontà individuale dello sfollato o rifugiato di rientrare o meno nel luogo d’origine. E questo è un principio chiave sancito in molti documenti della stessa UNHCR. In secondo luogo il ritorno dev’essere sostenibile e per questo si intende che a chi ritorna dev’essere garantito l’accesso ai servizi pubblici, dev’essere garantita la libertà di movimento e la possibilità di mantenersi con un lavoro. Emerge quindi la preoccupazione di non creare ulteriori enclaves ma di promuovere un ritorno delle minoranze che significhi contemporaneamente integrazione. Altro criterio chiave quello del rientro nelle proprie case, o vicino ad esse, ma non in altre aree del Kossovo.
Viene inoltre sottolineata la necessità di arrivare ad un progressivo smantellamento delle enclaves attualmente esistenti.
Nel documento si dettano anche i tempi di questo rientro e si spinge per “un approccio unificato da parte di tutte le componenti della missione … in modo da avere i primi processi di rientro per l’estate e autunno 2002 che possano fungere poi da traino per rientri più significativi nel 2003 e nel 2004.
Intanto l’UNHCR ha pubblicato un aggiornamento alla periodica verifica sulla situazione delle minoranze in Kossovo. Quest'ultima copre il periodo che va dal settembre 2001 all’aprile 2002.
Nel documento si nota un graduale miglioramento della situazione della sicurezza: in calo i casi di aggressione a membri delle minoranze anche se non mancano “giornaliere intimidazioni … e, seppur occasionali, casi di attacchi estremamente violenti che hanno portato all’uccisione di appartenenti a comunità minoritarie”.
Rimane invece un problema cruciale la libertà di movimento. Impedito l’accesso ai servizi pubblici essenziali quali ad esempio il sistema giudiziario, sanitario, di assistenza sociale. Esistono poi strutture parallele realizzate dalla comunità serba che, se in alcuni casi sono comprensibili dato l’impossibilità di accedere a determinati servizi, in altri (come per quanto riguarda il settore giudiziario) rischiano di aumentare la segregazione delle due comunità.
L’analisi inoltre si sofferma sulla situazione di ciascuna comunità del Kossovo. Queste analisi mettono in luce come ogni comunità viva esperienze e situazioni anche sostanzialmente differenziate soprattutto per quanto riguarda sicurezza e libertà di movimento.Certo che, si nota nel documento, la situazione delle minoranze permane altamente precaria.
Si indicano poi alcune raccomandazioni. Ne riportiamo alcune per poi rimandare alla lettura del documento completo per eventuali approfondimenti:
Per quanto riguarda la libertà di movimento: tutte le minoranze alle quali la libertà di movimento è limitata devono quanto meno aver accesso ad uno standard minimo di servizio pubblico (che deve essere garantito anche se non riesce a coprire i costi). Per quanto riguarda il sistema giudiziario: l’UNMIK e le autorità di Belgrado devono raggiungere un accordo sull’abolizione dei due sistemi giuridici paralleli. Sul sistema educativo: l’UNMIK deve promuovere e finanziare un piano per garantire l’accesso degli studenti appartenenti a minoranze nelle scuole di tutto il Kossovo, partendo dal garantirne la sicurezza. Per quanto riguarda il lavoro: deve essere implementata una politica attiva (che non si limiti cioè a stabilire quote senza che poi nulla venga fatto) per garantire l’assunzione di appartenenti alle minoranze nel settore pubblico. Infine due cruciali indicazioni per quanto riguarda il processo di rientri: il dialogo interetnico ha importanza cruciale per creare le condizioni a favore del ritorno, questo dev’essere riconosciuto. Occorre evitare un piano per i rientri che non tenga conto di questo. La priorità dev’essere posta sulla qualità e sostenibilità dei primi rientri, non sulla quantità, in modo da porre basi solide per un processo che abbia una certa rilevanza; i piani che garantiscono la sicurezza dei rientri e delle minoranze devono essere armonizzati con gli sforzi dei civili di favorire il dialogo interetnico. E’ necessaria maggiore collaborazione tra le componenti militari e civili per la definizione di un piano per la sicurezza “post-ritorno”.