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Il tedesco del cinema Ju
Osservatorio Balcani Guide per tema Cultura Cinema
Data pubblicazione: 15.02.2006 00:00

Peter Carsten
Intervista all'attore tedesco Peter Carsten, celebre interprete del cinema jugoslavo che oggi vive in Slovenia. Il clima politico, la formazione e carriera
Com’è cominciata la sua carriera?

Il primo film che ho girato è stato "V zaćetku je bil greh", del 1953. È stato diretto sempre da Cap e questa fu per me la prima volta. Portoroz all'epoca aveva il Palace Hotel e nient'altro. Anche il locale dove stiamo adesso allora era una vecchia casa contadina. Di proprietà di una famiglia italiana, e la gente si poteva fermare e bere un po' di vino o mangiucchiare qualcosa. Nel 1956 il ristorante che oggi è conosciuto con il nome Ribić, era invece solo una piccola casa privata, dove effettivamente viveva un pescatore che ti serviva del vino e un po' di prosciutto. Non era un posto turistico. Era un luogo dove si ritrovavano i pescatori, giocavano a carte e magari cantavano. C'è un aneddoto divertente, legato a quel posto. Quando stavo qua e giravo il primo film con Cap, appunto Greh, ero alloggiato nel Palace Hotel. Avevano una cucina fantastica e io mangiavo come un matto. Un giorno il produttore mi fermò e mi disse che se pensavo di continuare di questo passo, sarei diventato obeso. Decisero che mi avrebbero messo a dieta e in più mi facevano fare canottaggio. Loro si fermavano sulla riva e controllavano che eseguissi il programma: dovevo remare fino alla punta, girare verso Savudrija e ritornare indietro. Dopo alcuni giorni scorsi questa trattoria, Ribić, e mi ci rifugiai. Avevano del prosciutto meraviglioso, il pane era casereccio, potevi prendere tanto formaggio quanto volevi e c'era il pasul. Non come al Palace, dove i miei pranzi e le mie cene erano ormai a regime dietetico. Io avevo una fame da lupo e ogni giorno, girato l'angolo della punta di Pirano, scendevo e andavo a mangiare. Dopo una decina di giorni la produzione ha iniziato a meravigliarsi, non capivano cosa stesse succedendo. Nonostante le restrizioni, non perdevo nemmeno un etto. Poi un giorno, uno dei tecnici mi vide nella trattoria e fece la spia a Cap. Io non l'avevo visto e il giorno dopo, mi trovai Cap e il produttore che mi stavano aspettando. Le mie abbuffate finirono lì.

E durante le riprese com'era il clima politico?

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In realtà non si sentiva alcuna ingerenza. La divisione la si notava in altre situazioni. C'era la zona A e la zona B e mi ricordo di tutti i controlli ai quali dovevo sottostare prima di poter arrivare qua. Ma riguardo al film non saprei. Io non mi ero accorto di niente, la politica era molto distante.

Anche dopo ha lavorato molto in Jugoslavia, quali sono stati i registi con i quali ha collaborato?

Ho lavorato a Belgrado e in Bosnia Erzegovina. Con Sava Mrmak, Zdravko Velimirović, Miomir-Miki Stamenković, Živojin Pavlović, Stole Janković, Aleksandar Djordjević e altri.

E ora va qualche volta a Belgrado o a Zagabria?

A Zagabria ho ancora degli amici, ma non ci vado quasi mai.

Al tempo dei suoi film jugoslavi, com'erano le condizioni in cui si lavorava?

Il primo film jugoslavo l’ho girato nel 1972, perché negli altri casi si trattava sempre di coproduzioni. Nel 1972 avevo fatto il film "Partizani", sui partigiani di Stole Janković. Con Rod Taylor, perché c'era anche una forte partecipazione americana. All'epoca l'industria cinematografica era statale e c'erano tanti di quei soldi a disposizione che a ripensarci sembra quasi folle. Lo stato aveva tutto l'interesse per fare bella figura e la Jugoslavia usava il cinema quasi fosse una vetrina internazionale. I soldi non mancavano mai. Non c'erano ristrettezze economiche, non c'erano mai problemi. Se non si finiva oggi, si poteva andare avanti anche fino alla settimana dopo. In Germania era tutto un altro lavorare. I produttori speculavano su tutto, sulle maestranze, sugli attori... Qua mai. A Tito piacevo moltissimo. Gli piacevano i miei personaggi, specie quando interpretavo i tedeschi.

E l'ha mai incontrato?

Sì, al festival di Pola. Parlavamo in tedesco, perché lui lo parlava benissimo. Gli si sentiva l'inflessione austriaca, ma lo parlava molto bene. Gli piaceva quando interpretavo gli ufficiali tedeschi e mi diceva che riuscivo a farli senza caricare i loro personaggi, ma mostrandoli esattamente così com'erano.

E come viveva il fatto di appartenere all'Ovest e lavorare all'Est?

Non ho mai avuto problemi a riguardo. Sicuramente mi avranno controllato, ma non ho mai subito pressioni. Erano molto discreti, senza spionaggi o cose di questo tipo.

E ai tedeschi dava fastidio che lei ad un certo punto si fosse deciso ad andare a vivere in Jugoslavia?

Non saranno stati particolarmente felici. Ma del resto mi sono sposato qua e mia moglie è slovena, anche se un po' ungherese da parte di madre.

Segue il cinema tedesco?

Sì, ma il cinema tedesco è per lo più inesistente. Potrebbe essere paragonato a quello jugoslavo contemporaneo. Anche se prendiamo in considerazione il cinema italiano e facciamo un paragone tra il suo glorioso passato e il presente, non c'è molta possibilità di paragone. Quando vedo il figlio di De Sica rimango sempre sbalordito. Se ricordo il carisma del padre e poi vedo le pagliacciate che fa il figlio assieme a quel suo amico, è pazzesco. Si tratta della categoria più infima. Quando vedo la serie di film Vacanze di Natale, mi sembra incredibile e credo che suo padre si rivolti nella tomba.

Com'era la Germania nel periodo postbellico, disponeva di mezzi sufficienti per fare il cinema?

È stato difficile. All'epoca avevo fatto il film 08/15, che è stato un grande successo. Si trattava di una trilogia. La situazione non era paragonabile a quella odierna, ma si riusciva a produrre numerosi film. C'erano abbastanza soldi. Oggi, quando vedo quanti miliardi vengono spesi dall'industria cinematografica per la produzione delle singole pellicole, mi sembra allucinante. Si parla di cifre esagerate, come se non fosse possibile fare dei film con meno soldi. All'epoca costavano parecchio, ma non certo 40 milioni di euro. È allucinante. Questi sono i giochetti creati dai produttori e dai distributori che si arricchiscono alle spalle del cinema. Per me è incomprensibile, per fare un film, poi. Posso capire 10, 20 milioni... ma 40 milioni per un singolo film. E poi quando li vedi e vedi la loro qualità ti sorge spontanea la domanda: dove sono andati a finire?

Crede che un attore europeo possa oggi diventare una star di Hollywood, o la barriera linguistica lo può in qualche modo ostacolare?

Posso raccontarvi un esempio dei tempi dell'ex Jugoslavia, quando la scena teatrale e cinematografica jugoslava vantava un gruppo di attori straordinari, carismatici. Erano dei veri talenti, sia a teatro che sul set, ma il loro vero limite era proprio la lingua. Conosco molto bene la mia professione e so bene quanto possa essere difficile l'interpretazione di uno o dell'altro ruolo. Beh, nel caso dei colleghi jugoslavi, le difficoltà non esistevano, proprio perché erano così ben preparati e a loro modo geniali. Ma il loro potenziale è andato perso o almeno imprigionato tra le frontiere dell'ex Jugoslavia proprio per colpa della lingua. Nel loro caso, la lingua e una non ottima conoscenza dell'inglese hanno fatto sì che fossero costretti rinunciare ad una carriera internazionale.

E la Slovenia di oggi, come guarda all'indipendenza?

È stata l'unica possibilità per la Slovenia. Io dicevo sempre a Stane Dolanc che la Slovenia e la Serbia non avevano nessuna possibilità di convivere. Si tratta di due mentalità completamente diverse, quasi come un abitante di colore e un tedesco. Non c'è confronto, non hanno nulla da spartire. Lo sloveno assomiglia all'austriaco.

Non le dispiace che la Jugoslavia si sia disgregata?

No. La Slovenia mi piace. Mi piacciono i suoi abitanti, più dei croati. Mi piacciono in realtà anche i serbi, ma gli sloveni sono intelligenti. E sono sicuro che sapranno condurre molto bene il passaggio del tallero all'euro, meglio dei tedeschi o degli italiani.

Però sono un po' depressi, non così allegri come i serbi...

Beh, si tratta della mentalità del sud. Gli sloveni sono un po' quadrati. I croati assomigliano di più ai viennesi, agli austriaci del sud, che hanno subìto parecchie influenze dalla Slovacchia, o dalla Repubblica Ceca. Gli sloveni sono invece paragonabili ai cittadini di Graz o di Salisburgo, con molte influenze tedesche e svizzere: hanno una mentalità molto più nordica.

E la situazione politica slovena, è soddisfatto dell'attuale governo?

Non creda esista qualcuno che sia contento del proprio governo e neanche io lo sono. Ma in realtà non seguo più di tanto la situazione slovena.

Come mai ha scelto di venire a vivere proprio a Piran?

Ci venivo spesso, mi è sempre piaciuta. Avevo molti amici, venivo a mangiare e così mi sono fermato...